Non so voi, ma personalmente non ho mai apprezzato Cristina D’Avena come interprete delle sigle TV.
Nulla contro la sua voce calda e rassicurante, ma il personaggio che le hanno cotruito addossi non mi ha fatto mai anniamorare di lei: troppo mamma, troppo rassicurante, con quei capelli ermanentati e gli abitini corporate, e poi le canzoncine sempre estremamente sdolcinate (salvo rari casi come Occhi di gatto ad esempio), al limite del kitsch e volutamente infantili come se i bambini fossero geneticaente scemi.
La colpa più grande della cantante bolognese è stata quella di aver messo (o mglio i produttori Fininvest/Mediaset per lei) letteralmente i tantacoli su ogni sigla che sia stata prodotta da metà anni ’80 in avanti, fino ad apparire come protagonista nelle vesti di Licia nel telefilm liberamente isparato a Kiss Me Licia e nello spin-off Arriva Cristina.
Il risultato di tutto questo fu una standardizzazione dei suoni melassosi “made in Fininvest” e un generale appiattimento dei brani, castrando ogni possibile evoluzione o sperimentazione, segnando di fatto la fine della golden age delle sigle TV italiane.
Quando ancora questo monopolio era di là da venire non era raro imbattersi in nomi sconosciuti spesso legati al successo di singoli brani (un nome su tutti Daisy Daze and the Bumble Bees, artefici della magnifica Planet O). Tra questi piccoli capolavori sconosciuti vi e di diritto Boing Boing, stupenda sigla del programma Direttissima con la tua antenna in onda su Rai Uno nel 1981.
In realtà la sigla era solo la base strumentale, mentre il 45 giri che seguì, pubblicato dalla sempre lungimirante etichetta Lupus, ci regala una strepitosa versione cantata dalla scatenata Jasmine relegando la versione strumentale sulla facciata B.
La canzone è un saltellante synth-pop a dir poco delizioso, con un testo al limite del nonsense che gioca sapientemente con le onomatopee e con maliziosi doppi sensi neppure troppo velati:
Cosa c’è nel mio cuore boing boing
scoppierà la mia testa bang bang
lancerò dei segnali pip pip
finchè tu non rispondi ping pong
io sposerò Superman.
Sento già il tuo motore wroom wroom
e per te sono pronta zip zip
il mio sangue già bolle plop plop
le mie labbra sono rosse smack smack
io sposerò Superman.
Ma questo è nulla in confronto al ritornello anthemico che inneggia al coro da stadio in cui alla piccola Jasmine vengono messe in bocca parole apparentemente da casalinga annoiata, ma che in relatà, tra le pieghe, nascondono un piglio pop-naïf che lascia esterefatti:
Tutto il giorno sono qui che aspetto
la TV è la sola compagnia
dalla bocca mi uscirà un fumetto:
se non mi ami vado via.
Non sei uomo sei un eroe a puntate
se rimani ti darò il mio cuore
il telecomando non schiacciate
è il programma del mio amore.
Siamo sicuramente di fronte a una delle sigle più divertenti mai realizzate, anche se purtroppo non gode della fama dei grandi classici del genere.
Questo non fu certo un caso perché il brano venne scritto e arrangiato da Pierluigi Giombini, figlio del pioniere della musica elettronica in Italia Marcello Giombini, con il testo ad opera di tale Paolo Mazzolini, che probabilmente non è altro che Paul Mazzolini, che da lì ad un paio d’anni arriverà al successo come Gazebo.
Curiosamente, la canzone, slegata questa volta da qualsiasi contesto televisivo, nel 1982 fu pubblicata come 45 giri anche in Germania con una copertina completamente diversa, ma soprattutto completamente ricantata in inglese e con una fantomatica versione in francese sul lato B in un’improbabile un tentativo infruttuoso di lanciare la giovane interprete come cantante pop.
Inutile dire che la versione italiana è decisamente meglio, per via dei deliranti testi psichedelici per bambini iperattivi. Chissà cosa avrano pensato di questa cantante italiana in terra germanica.