Nel 1978 destò molta attenzione e scandalo un vero e proprio disco-evento: Jim Morrison era ormai morto da sette anni e i Doors, purché tentarono di proseguire senza l’iconico frontman, ma comprensibilmente non erano più gli stessi. Nnostante tutto Ray Manzarek fece pubblicare An American Prayer, criticatissimo album dai fan più intransigenti che accusarono i componenti della band di voler lucrare sul defunto leader svendendosi per sonorità che vennero accusate di essere troppo in odor di discomusic (spoiler: non lo è, nonostante qualche inevitabile influenza di nessun peso nell’ascolto).
Se il disco dei Doors venne accusato esageratamente di essere saltato sul treno della discomusic, cosa dire allora di un’operazione come Dragon Power, un insensato tributo discomusic a Bruce Lee a cinque anni appena dalla morte?
Sembra che dietro questo oscuro singoletto ci sia il compositore e saxofonista inglese John Altman, autore di numerosi successi pop negli anni ’80 con alcune interessanti incursioni musico-umoristiche, tra cui diversi dischi dei Monty Python e l’album dei Rutles, celeberrima band-parodia dei Beatles.
Qui però c’è ben poco da scherzare, la bislacca idea di un tributo da ballare in discoteca a l’uomo simbolo dei kung-fu movie poteva essere concepita seriamente solo negli anni ’70, dove artisti, produttori e discografici avevano il cervello obnubilato da fiumi di cocaina e dal successo della discomusic che trasformava qualsiasi vaccata in un sucesso.
Qui il gioco è molto semplice: una frettolosa base disco ossessionante e ripetitiva senza la minima variazione se non per aghi elementi elettronici buttati qua e là su cui si stagliano le grida di battaglia di un Bruce Lee che probabilmente si stava rivoltando nella tomba tentando di dar la caccia ai realizzatori di questa perla dell’involontariamente comico.
Il singolo, in origine in edizione limitata, divenne ben presto una sorta di santo graal dell’orrido; Dragon Power divenne così la tte track dell’unico album della fantomatica J.K.D. Band, pubblicato nel 1979 come puro specchio per allodole per un disco spacciato come tributo all’icona delle arti marziali ma colmo di inutili riempitivi senza arte nè parte che nulla avevano a che fare con il più grande artista marziale nella storia del cinema.