Abbiamo già parlato della canzone Io ti amo di Alberto Lupo e non ci andammo affatto leggeri, il brano in questione è uno dei più insopportabili della musica italiana tutta, ma ancora più terrificante è stato scoprire che il successo (inspiegabile) di questa canzone ha portato addirittura alla realizzazione di un film omonimo incentrato su di essa; senza dubbio il musicarello più assurdo di tutti i tempi.
Realizzato nel 1968 e diretto da Antonio Margheriti, regista originale e visionario del nostro cinema bis, capace di destreggiarsi in un’infinità di generi diversi, ma al di là di ciò è il nome di Renato Polselli alla sceneggiatura ad essere particolarmente eloquente: sceneggiatore e regista che diverrà noto per le sue opere visionarie e trasgressive, e chiunque lo conosca avrà già idea di cosa (non) aspettarsi.
La storia è presto detta: la vita del principe Tancredi di Castelvolturno (Alberto Lupo), eccentrico ma rinomato pittore, prende una piega imprevista dopo l’incontro con un’affascinante hostess, interpretata nientepopodimeno che da Dalida, che dapprima sarà la modella per i suoi orribili quadri e della quale finirà per innamorarsene perdutamente. Nonostante sia una banale storiella romantica la mano di Polselli si farà inevitabilmente sentire: tra vaghe suggestioni psichedeliche e surreali sempre più marcate (siamo nel 1968 in fondo) il film culminerà in un finale assolutamente inaspettato quanto insolito che butta il tutto sul metafisico e sul gotico (rischiando anche di far cadere le braccia allo spettatore).
Assolutamente da notare la “performance recitativa” di Alberto Lupo pari a quella di una telescrivente: il nostro, infatti, parla sempre e solo con lo stesso identico tono (che poi è lo stesso che ritroviamo nelle sue canzoni), aggiungeteci poi dei dialoghi pomposi fino all’inverosimile e il gioco è fatto.
Una delle cose più stranianti è trovare in questo film particolarmente melodrammatico così tante canzoni ad accompagnare la storia: al di là dei brani suggestivi della grande Dalida (persino in questa drammatica pellicola), sempre affascinante e di gran classe, il picco di bruttezza suprema è dato guardacaso da quelle interpretate dal nostro Alberto Lupo, tra le quali ovviamente anche quella che dà il titolo al film o anche una versione totalmente massacrata di Meraviglioso di Domenico Modugno, prevedibilmente privata di tutta la poesia dell’originale. Ma fateci caso: è esattamente uguale a Io ti amo: base soffusa accompagnata da cori eterei con sopra i serissimi declami dell’attore che recita il testo con una magniloquente serietà… Questo è veramente meraviglioso!



È quasi triste talvolta vedere la tormentata Dalida che per tirare a campare deve partecipare a questa sagra del kitsch estremo, in un musicarello melò che più melò non si può, a inserire esecuzioni canore più o meno forzate e affiancata da un Alberto Lupo con l’espressività di un comodino, fino alla chiusura in bellezza in un’overdose di pathos con la rivelazione “shoccante” degli ultimi minuti della pellicola.