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Giovanni Allevi contro tutti

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La questione è bizzarramente delicata: quando si parla di Giovanni Allevi, compositore, pianista, direttore d’orchestra e dottore in filosofia, stranamente si rischia sempre di scatenare un putiferio, una bolgia, una lite o come minimo un duello che solitamente finisce con armistizi del tipo “il gusto è soggettivo”.

Per questo motivo non escludiamo di ricevere minacce sotto forma di proiettili recapitati anonimamente sotto la porta di casa.

A tantissime persone Allevi piace spassionatamente, altre sostengono sia un grande compositore o addirittura un genio, in molti lo criticano aspramente considerandolo sopravvalutato dai media e tanti altri ancora lo catapulterebbero sul pianeta più scomodo e remoto dell’Universo, lontano anni luce da un qualsiasi pianoforte.

Stefano Bollani, noto pianista italiano, dichiara a grandi linee che il motivo per cui molti musicisti lo trovano antipatico, oltre che per ovvie questioni di gusto sostanzialmente artistico, sia dato dallo smodato spazio mediatico a lui concesso. Così facendo, associandone l’immagine diffusa di eterno bambino (sostiene Bollani) e di genietto spaesato e rincoglionito (l’ultimo aggettivo è aggiunto da chi scrive) si rischia di erigerlo a simbolo e in qualche modo rappresentante in generale di tutti i professionisti della musica, agli occhi dell’utente musicale medio.

Neanche il celeberrimo violinista di fama mondiale Uto Ughi riesce a trattenersi dall’esternare la sua spietata opinione. In un’intervista al veleno rilasciata su un quotidiano nazionale parla di «investimento mediatico fatto su un interprete mai originale e privo del tutto di umiltà. Il suo successo è il termometro perfetto della situazione del nostro Paese: prevalgono sempre le apparenze». Ricordo brevemente la causa che ha scatenato la folle ira del violinista, ovvero la direzione di Giovanni Allevi del Concerto di Natale tenutosi al Senato della Repubblica nel 2008. «Che spettacolo desolante! Vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista. Il più ridicolo era l’onorevole Fini, mancava poco si buttasse in ginocchio davanti al divo». Chissà cosa avrà pensato Ughi quando Allevi fu nominato Cavaliere della Repubblica Italiana nel 2012.

giovanni allevi spartito

Per dovere di cronaca come non citare un breve estratto della lettera inviata dal problematico e sedicente anello di congiunzione fra la tradizione classica ed il pop al medesimo giornale, in risposta all’attacco subito dal violinista: «Da amante di Hegel, quindi, sapevo benissimo che l’ondata di novità avrebbe mandato in crisi il vecchio sistema e che i sacerdoti della casta, con i loro adepti, non potendo riconoscere su di me alcuna paternità, avrebbero messo in atto una criminale quanto spietata opera di “crocifissione di Allevi”».

Ora, le opinioni razionalmente espresse dagli esimi contestatori sopra citati e il breve stralcio di risposta alleviana, con riferimenti a simboliche crocifissioni, potrebbero far prendere all’intero discorso una piega oggettivamente categorica e assoluta, se non fosse per un aspetto decisivo che entra a gamba tesa nella questione: la definizione di “musica dell’anima” che spesso dissuade orde di spietati detrattori dall’abbattere la scure sulla testa riccioluta, indirizzando nuovamente il tema in una dimensione caoticamente soggettiva.

D’altro canto l’emozione scaturita dall’anima di un individuo, sia essa accesa da un insieme di note che formano un periodo musicale o da un peto, non è contestabile né minimamente discutibile. Essa è collocabile in una dimensione estremamente privata che la rende immune da molteplici tipi di attacco. Quindi se Giovanni Allevi riesce a suscitare tanti buoni sentimenti ed emozioni giungendo fin dentro l’anima di tante persone, pace ai detrattori! Inoltre il compositore dichiara ogni mezzora che la sua musica nasce proprio dall’anima, evidenziando ossessivamente questo vago aspetto, quasi come se ce l’avesse solo lui.

Di contrasto, nel regno dell’oggettivo, è cosa innegabile che la sede delle nostre facoltà spirituali, oltre a poter essere emozionata ed emozionabile, può altresì essere afflitta da sensi di vuoto e smarrimento, come dimostrano gli almeno 18 miliardi di individui in vita che paragonano il fastidio provato dall’ascolto di un solo brano di Allevi a quello di una fistola sacro-coccigea.

jovanotti e giovanni allevi
Jovanotti e un giovanissimo Giovanni Allevi a fine anni 90

A questo punto, avendo finora tirato in causa solamente pareri negativi, sento il dovere di porre almeno un contrappeso. L’onnipresente Jovanotti, famosissimo cantante e predicatore italiano nonché casualmente produttore del primo album di Giovanni Allevi (“13 dita” del 1997) che ebbe l’onore di conoscere attraverso il suo fidatissimo collaboratore e bassista Saturnino Celani; quest’ultimo ha avuto la sfiga mortale di trovarsi il sensibilissimo pianista fra gli amichetti d’infanzia. Oltre a produrre il disco d’esordio fu presa la decisione di utilizzare il fenomeno con le Converse cementate ai piedi per aprire i concerti del tour L’albero,  per poi nel 2001 assoldarlo come tastierista della band, in una breve esperienza dagli strascichi polemici.

In principio, a detta di Saturnino, Jovanotti dopo aver visionato un video del musicista in esecuzione al pianoforte trovò come termine di paragone David Helfgott, il pianista geniale e tormentato di Shine. Sinceramente ho seri dubbi sulla bontà dei gusti musicali di Lorenzo Cherubini, ma ne ho molti di meno sulla sua capacità di buon fare marketing.

allevi jovanotti Collettivo Soleluna 2003
Trova lintruso: Giovanni Allevi assieme a Jovanotti e al Collettivo Soleluna nel 2003

Fra gli anni 2004 e 2005, a seguito dell’interruzione collaborativa con Jovanotti, il nostro si trovò impegnato nell’aspra lotta finalizzata alla popolarità. Grazie al suo staff venne organizzato per lui un concerto al Blue Note di New York e un altro a Tokyo, descritti dagli addetti stampa come grandissimi successi, in merito ai quali si insinuarono tanti sibili riguardanti manipolazioni mediatiche di un’abile regia, essendo presenti pochissimi documenti e testimonianze al riguardo. Successivamente fu fatta una massiccia operazione pubblicitaria che precedette il suo “No Concept” del 2005, lavoro in studio che avviò definitivamente la sua carriera.

Artista geniale o produttore di canzoncine per servizi emotional dei più meschini telegiornali italiani?

Lo stesso Saturnino in seguito dovette cedere all’evidenza, dedicando un intero capitolo del suo libro “Testa di basso – le neravigliose avventure di Saturnino Celani” (2015) a una spietata critica al suo egocentrico amichetto definendo, in accordo col maestro Ughi, la sua musica risibile, assolutamente priva di genialità, bollandolo per di più come un cazzaro cronico.

Nonostante la stroncatura dell’ex amico bassista, Giovanni Allevi continua a far sentire la sua presenza componendo “O generosa”, l’inno ufficiale del campionato di Serie A 2015/2016, confermando definitivamente l’idea di un calcio malsano.

giovanni allevi piano live

Infine, riassumendo in un concetto di fondo applicabile a tutti i prodotti musicali commerciali, Allevi per l’utente musicale medio potrebbe rappresentare semplicemente un rifugio ovattato, per chi celebra la soggettività dei gusti personali e magari forma la propria cultura esclusivamente attraverso i canali mediatici di punta, per chi non vuole spingersi oltre la somministrazione passiva, per chi non riesce o non sente il bisogno o non può offrire alla propria animaccia una varietà più ampia di fonti emozionali. Per chi non ha voglia di comprendere la differenza fra un compositore laureato in filosofia ed un filosofo della composizione, fra un qualsiasi Giovanni Allevi e Brian Eno.

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  1. Allevi non è sicuramente un genio, ma per i giovani è propedeutico all’ascolto della musica classica.
    Si inizia da Allevi per approfondire poi i grandi della musica classica.
    Preferisco che mio figlio ascolti Allevi, piuttosto che la trap e tutte le altre porcate.

  2. A mio parere l’errore da una parte sta in capo ai media che l’hanno voluto definire (e l’hanno incitato a farlo) un nuovo genio dalla musica classica (purtroppo se da un lato si è propensi a vedere Allevi come un “modesto” proprio per il suo modo di porsi, la realtà dei fatti è che molto spesso ingenuamente/inconsapevolmente/egocentricamente si è lasciato andare ad una serie di autocelebrazioni di se stesso, peccato). Senza ombra di dubbio non ha composto alcun pezzo che possa definirsi “classico” se paragonato ai grandi della musica classica, questo è più che evidente. Dall’altra parte l’errore lo commettiamo noi quando solleviamo critiche in lotta a questa trovata mediatica dell’Allevi fenomeno/genio/artista. Il punto è proprio questo. Dico subito che a me l’Allevi dei primi 3-4 album piace, ha sfornato “musiche” melodiche a volte semplicemente piacevoli (alcuni pezzi sono certamente classificabili come canzonette) a volte coinvolgenti (provate ad ascoltare “Anelli” – “Vento d’europa” – “Affinità elettive”). Non è musica classica, non è musica jazz, non è Claydermann, per me c’è dell’originalità. La bravura non è commisurata alla complessità del pezzo, io per primo suono il piano, non sono diplomato in conservatorio, suono Allevi e posso confermare che si tratta di spartiti di difficoltà medio-bassa. Ascolto e riascolto Brahms, Beethoven ma anche Chick Corea, Gary Burton, Pat Metheny, anche queste dopo un pò stufano e le riprendo a distanza di tempo scoprendo sempre dettagli e sfumature nuove. La musica è arte e come tutte le forme d’arte la bellezza è legata anche alla semplicità, alla linearità, alla purezza. Confrontate i “Campo di pane” di Mario Schifani oppure un’opera di Andy Warhol con l’impressionismo di Monet o un Van Gogh. Pensate che un Mario Mirabella valga più di un Andy Warhol perchè usa una tecnica più complessa? Meditate gente…meditate…

  3. leggendo i commenti mi è venuta la curiosità di ascoltarlo. Non sono un esperto ma mi è sembrato di vagare per un bosco senza meta…tutto uguale, una valanga di note bene accostate ma sembra di essere nel traffico di una città cinese….
    Vorrei però spezzare una lancia a favore: molti commenti negativi arrivano forse dall’invidia (anzi senza il forse) per il fatto che per lui è stato tanto pubblicizzato. A me viene però da tirare le orecchie a certi colti della musica classica che poco si muovono verso i comuni mortali (come me) che per apprezzarla per poi poterla cosi ascoltare non possono certo farsi delle flebo di Mahler per capirla perché è più probabile che finirebbero per buttare i CD nel cesso ( a me Mahler piace molto…). Forse sarebbe più corretto se la musica classica mettesse anche i jeans e le espadrillas come ha fatto Allevi…. O forse l’essere stati anticipati ha dato fastidio?

    1. @ Giorgio
      Una cosa sola: non e’ la classica che si deve mettere jeans, espadrillas, speedo o sabot che siano.
      La classica e’ la classica, siamo noi a dover mettere tuxedo e scarpe laccate. Sempre secondo me!
      La classica, non essendo musica popolare di definizione, per restare se stessa non puo’ e non deve svilirsi per raggiungere un pubblico, che peccherebbe cosi’ di imperdonabile pigrizia.
      Bisogna elevarsi per raggiungerla la classica, e non chiedere nulla.
      Un saluto!

  4. Allevi non è degno neppure di pulire le scarpe a Clayderman: è compositivamente E tecnicamente mediocre.
    Non posso che augurarmi che venga presto superato.
    E comunque, anche per questo scadente prodotto possiamo dire grazie (o scegliete voi che dire) a Jovanotti.

  5. Piccolo appunto: si può fare un articolo del genere anche con piú semplicità editoriale. Detto questo, a me piace e sta simpatico Bollani, non mi piace Allevi nè mi sta simpatico: detto questo, i gusti son gusti.

    1. In effetti hai ragione in un certo senso, troppe parole per un solo Allevi… Alla fine si è scelto di parlare approfonditamente dell’argomento per dare un esempio esaustivo di come si costruisce l’immagine di un fenomeno mediatico. Certo, si sarebbe potuto optare per una cosa più scarna ed aggressiva (diciamo più Grind): sicuramente sarebbe stato molto più simpatico, ma sicuramente meno costruttivo.

  6. Ora: io non sono un esperto di musica. Allora facciamo che mi baso solo su una sana esperienza di sensazione. Non mi permetto di entrare nel merito della tecnica: tengo il mio commento su cose in me suscita la musica.

    Nel 2007, ho ascoltato Allevi per un mese. Poi, mi sono rotto i cosiddetti. La sua musica, dopo un po’, non aveva più anima. Era un concetto trito e non più originale. Trovo che Checco Zalone abbia fatto la parodia migliore di Allevi quando, sul palco di Zelig, l’ha imitato attaccando Chopin, poi “Finché la barca va”, e iterando più volte il cambio.

    Quando ascolto Dvorak (Serenata in Mi M per archi, opera 22), non importa l’ascolti per uno/due/tre mesi. Ha un’anima. Mi dice sempre qualcosa. Di nuovo, che imparo. Di vecchio, che riscopro. Stessa cosa quando sento la Pastorale, o l’Eroica, o la Moldava, o i canti Alpini della SAT, o Made in Japan dei Led Zeppelin, o Astral Weeks di Van Morrison.

    Ma Allevi no. È, per me, musica senz’anima. Ottima apparenza. Ci esci una, due, tre volte. Ma non ci faresti mai una famiglia. Perché alla fine facciamo una famiglia con la donna che è sempre novità, è sempre amore nuovo, pur essendo miseramente sempre se stessa.

    Sempre nel 2007 come sveglia avevo “Quelqu’un m’a dit” di Carla Bruni. Stessa roba. Forse un po’ meglio di Allevi.
    Sta di fatto che, per fortuna, il 2007 è finito.

  7. Bisognerebbe forgiare nuovamente la parola “rincoglionito” nel cemento e gel da ricci a mo di simboli del sommovimento emozionale che ci si può aspettare da un compositore della sua levatura… e non ci si avvicinerebbe neanche all’idea di quel che può rappresentare Allevi per lo scroto e l’ipotalamo di tanti… dai coglioni… disintegrati

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