Premessa introduttiva necessaria: casa Cecchetto non delude mai, nel bene e nel male.
Questo preambolo per addentrarci nell’analisi di un altro dei mille mirabolanti prodotti usciti dalla sua ala protettrice; peccato che qui non stiamo parlando dei soliti 883, Fiorello, Jovanotti, Sandy Marton, Sabrina Salerno… No, qua ci spingiamo su vette ancora più elevate, a metà strada tra lo scherzo e il faceto, tra il sacro e il profano.
Qui stiamo parlando di Gerry Scotti e della sua Smile, colonna sonora del programma omonimo andato in onda su Italia 1 in fascia pomeridiana. Correva l’anno 1987.
Qual è il motivo di tanta esaltazione? Per quell’insieme di fattori che presi singolarmente forse non causerebbero tanti danni o più semplicemente perché in bocca a qualsiasi altro personaggio la canzone non darebbe lo stesso effetto. Un esempio? La base elettronica che sa offrire quella orecchiabilità necessaria a farsi ricordare, il ritornello cantato da un coro di bambini che garantisce un successo garantito, quell’ «oh oh oh oh oh oh» che compare al punto giusto e nel momento giusto… E poi, come già detto, Gerry Scotti.
Il presentatore non canta ma si affida a un parlato per certi versi vicino al rap e sciorina questo testo che vorrebbe essere la colonna sonora dell’allegria, un invito a non lasciarsi andare alla rabbia in situazioni di piccole sfortune… Ma che tratta anche di come Scotti tamponi una ragazza con la macchina, riuscendo poi a rabbonirla sfoderando un sorriso (complice il fatto che lui è un VIP), dopodiché prendono un caffè insieme con tanto di scambio d’indirizzo e si conclude con lui che per tenersi buona la ragazza non caccerà via con un calcio il cagnolino di lei che sulle sue scarpe nuove «non si spara una pipì?»
Unite tutti questi dettagli in un unico pezzo di 3 minuti e 42 secondi e… BOOM! L’esaltazione tipica del vero adepto di Orrore a 33 Giri si materializzerà più potente che mai neanche fosse l’aura di Goku nel pieno della sua potenza dopo essersi trasformato in Super Sayan di terzo livello e non potrà non godere e non restare ammaliato nell’udire certi passaggi del testo con la sua bontà ingenua e bonaria e quel piccolo senso d’amarcord in passaggi come: «Lei esce dai gangheri / poi mi guarda e fa: ma dai! / Tu sei proprio Gerry Scotti / Io ti ho visto su Deejay!».
Ma se questo non bastasse… Allora ecco a voi il videoclip/sigla della canzone e in questo caso non c’è “ma” che tenga, le lacrime di malinconia dovranno cadere copiose: osservate l’ambientazione, i vestiti, il suo sviluppo, le emoticon sorridenti che ogni tanto compaiono così come le scritte colorate, le onomatopee e i baloon da fumetto e… Gerry Scotti con i capelli e magro per giunta!
Purtroppo dietro a una canzone così allegra si nasconde un epilogo tragico: il bambino che Gerry Scotti tiene in braccio sulla copertina del singolo è Conor Clapton, figlio di Eric Clapton e Lory Del Santo, morto tragicamente nel 1991 cadendo da una finestra del 53esimo piano di un grattacielo di New York. Al figlio scomparso Eric Clapton dedicherà la sua canzone Tears In Heaven.