La storia delle cover italianizzate di successi stranieri è vecchia almeno come il rock’n’roll. Se solo dovessimo elencare tutti i gruppi nostrani che negli anni ’60 hanno tentato la sorte sulle note di composizioni anglofone debitamente riadattate per il mercato locale, probabilmente non ci basterebbe una vita.
Con la globalizzazione del mercato discografico questo “vizietto” ontologico del rock-pop tricolore non è mai scomparso del tutto, trasformandosi però da scorciatoia per il successo nei juke box a sorta di “Caporetto annunciata”, tranne poche, pochissime eccezioni: il Blasco che “vaschizza” i Radiohead, Fiorello che recupera gli Scorpions, Scialpi in versione gainsbourghiana, Gino Paoli novello John Lennon, Marco Masini che gioca a fare il metallaro e via dicendo (per tacere del prolifico Cristiano Malgioglio).
Oggi è la volta di Gatto Panceri che, oltre a potersi vantare di aver scelto uno dei nomi d’arte più ridicoli della storia del pop italiano, ha avuto le palle di andare a ripescare la gloriosa Lullaby di Robert Smith e soci.
Visto che questo sarebbe scontato, il nostro felino del pentagramma non solo decide di riverniciare questo successo nella lingua tanto cara al nostro Dante ma come se questo non bastasse ha la geniale trovata di “impreziosire” il brano dei Cure imbastardendolo con un ritornello scritto per l’occasione.
In fin dei conti per uno che ha scritto canzoni per Mina, Giorgia, Andrea Bocelli, ma anche per Dennis “Saranno Famosi” Fantina, Luisa Corna e il mai domo David Hasselhoff, questa è una bazzecola.
«Pimpulu pampulu parimpampù» (cit.) et voilà, come per magia il brutto sogno della ninna nanna horror di Robert Smith svanisce per fare posto ad una più concreta crisi relazionale lui-lei post-rapporto amoroso, in cui il nostro con la proprietà di linguaggio di uno scafato autore ci piazza un testo di assoluto spessore, con tanto di rima giovanilistica «fermata / menata» che non può non farsi apprezzare come un diamante grezzo in questo ben di Dio:
Alla prossima…fermata… io scendo giù
Alla prossima … menata… che mi fai …
Ormai lo sai … che non ci casco più!



Non male, non male davvero. Più che un rapporto agli sgoccioli sembra una scenetta da avanspettacolo tra un capotreno e un passeggero pizzicato con il biglietto non timbrato che cerca patetiche scuse del tipo, «l’obliteratrice mi ha rubato il biglietto», «avevo la valigia pesante», «lo giuro l’avevo timbrato, ma si è scolorito», «mi sono perso».
Ancora una volta ci chiediamo: perché tutto questo? A Gatto l’ardua risposta.
Alla prossima
La prossima volta…cerca di essere più dolce
urla agita le braccia… ma non mi sputare in faccia
la prossima volta…se capiterà
non calunniarmi ferocemente…
per condizionare la gente.
Voglio capire se c’è un’altra opportunità
o perlomeno uno straccio di probabilità
per risanare un comune senso del rispetto
ma c’è una cosa comunque che non ti ho mai detto
m’hai deluso… lo sai
m’hai confuso… più che mai.
Alla prossima…fermata… io scendo giù
alla prossima … menata… che mi fai …
ormai lo sai … che non ci casco più
Alla prossima…se ci sarà
La prossima volta … che parli male di me
guarda bene con chi lo fai
ho molti più amici di te
voglio capire se c’è qualcuno contro di me
che ti ha plagiato la mente io lo so com’è che va
la cosa più brutta non è un fiore che appassisce
ma una radice profonda che si inaridisce
m’hai deluso… lo sai
m’hai illuso … più che mai.
Alla prossima … fermata … io scendo giù
alla prossima .. menata … che mi fai …
ormai lo sai … che non ci casco più
alla prossima … fermata… se ci sarà
alla prossima…
io vado a dormire in un albergo …
e non sarai tu a svegliarmi.
Lo senti il mio dolore … che scende dalle scale …
poi vaga per le strade
poi prende l’ascensore … ritorna nella mente …
diventa consistente
alla prossima … fermata
io vado a dormire in un albergo …
e non sarai tu a svegliarmi
(capricci da bambina impertinente)
m’hai deluso … (alla prossima … fermata)
io vado a cadere in un letargo …
(attratta da un castello fatiscente)
non voglio più scongelarmi
fino … alla prossima!!!