Enzo Salvi, volto noto delle pellicole natalizie assurte all’empireo nazionalpopolare con il nome di “cinepanettoni”; una carriera più che decorosa nell’ambito del cabaret, mondo in cui è anche noto con il personaggio de Er Cipolla. Caratterista di genere, ha più volte interpretato il cliché “der coatto”, il romano rozzo e sguaiato, dai vestiti appariscenti, che vive di espedienti e sforna un’ironia tanto popolare quanto tagliente.

Se questa carriera è nota ai più, è passata invece sotto traccia l’avventura del comico nel mondo della musica, nella fattispecie dei tormentoni estivi che però nessuno ha ascoltato. Una tripletta di singoli digitali dal 2014 al 2016 che ci ha regalato perle invidiabili di musica-spazzatura, tutte accomunate da ritmiche “tamarro-ballo di gruppo”, testi presi di peso dai film di Carlo Vanzina e video zeppi di donzelle in abiti succinti che dimenano le proprie forme a ritmo di musica. Non manca quindi nessun ingrediente alla ricetta classica dell’orrore. Ma andiamo con ordine.
Va va va (feat. Dj Highlander & Big Luciano) (2014)
Qua Salvi ci sgrana un rosario di disgrazie e lagnanze del coatto medio: il prezzo della benzina, la mancanza di soldi, il licenziamento… L’esasperazione del personaggio, evidente dal tono concitato della sua voce, si tramuta in un liberatorio urlo da stadio urlato da giovani, vecchi, donne e bambini:
Va va va… affanculo devi annà!
Va va va… affanculo devi annà!
Va va va… affanculo devi annà!
Va va va… affanculo devi annà!
E via di questo passo sino alla fine, transitando dai politici magnoni alla crisi e alle imitazioni cinesi a poco prezzo; Salvi ripercorre la miseria umana facendosi portavoce del messaggio lanciato tempo orsono, e in maniera più delicata, dal grande Alberto Sordi nella sua E va e va.
Un ardore che costa all’interprete un passaggio dalle forche caudine della censura di mamma Rai, che epura il pezzo delle sue parti più volgari nel passaggio di presentazione a Uno mattina magazine.
Se ancora non ne avete avuto abbastanza ecco che ad impreziosire tutta questa operazione simpatia c’è anche il filmato del backstage del videoclip dove in quasi 10 minuti i figuranti si concedono liberatori «va va va» dedicati alle varie fonti di miseria personale.
Il Bailo dello Sbailo (feat. Red & Vegas) (2015)
Al netto della ritmica il risultato cambia poco, se non per l’assenza di volgarità nel testo. La canzone non è altro che la solita giaculatoria contro le lagnanze della vita: l’immancabile licenziamento, lo stipendio basso, le tasse da pagare, il cellulare che cade e si rompe e via discorrendo. Per sconfiggere questi mali che affliggono la società, Enzo Salvi ha una ricetta ben chiara: fottersene e ballare, come insegna la migliore tradizione italiana.
Sì, ce lo so già
me dovrei sparà
e invece sai che c’è
me metto a ballà.
Bailo un pò de qua
baio un pò de la
tanto pe’ crepà
de tempo ce ne sta.
A fare da sfondo a questa perla di filosofia borgatara, immagini prese da litorale romano, che vorrebbero fare un po’ il verso a Cuba (e invero non ci vanno molto lontano), unite al solito parterre di gente comune che allieta la propria permanenza al lido di Ostia concedendosi un cameo nel videoclip. Una menzione finale va fatta alla scena di chiusura: in un’ennesima riproposizione della lotta di classe Enzo Salvi si permette di spernacchiare il miliardario di turno, rimasto appiedato dalla sua Ferrari, e passa strombazzando a bordo della sua fiammante Fiat 500 gialla, nell’atto di andare e fare la storia.
La Danza della Egna (con Mario Liti) (2016)
Percussioni tribali fanno da apripista a una musica elettronica gracchiante e fastidiosa, pompata all’inverosimile per non sfigurare come musica da autoscontri nelle sagre di paese, il che ci ricorda un po’ le canzoni de Il Divino Otelma e un po’ il grande Gigione, per trovare un degno rappresentante di genere pur se di ben altro livello.
L’ovvio ritornello per questo capolavoro del nulla non poteva non essere il classico motivetto «oh-le-le, oh-la-la», vero e proprio must all’entrata in scena di una bella donna in qualche locale frequentato da subumani.
Oh-le-le oh-la-la, faccela vedé, faccela provà.
Oh-le-le oh-la-la, faccela vedé, faccela odorà.
A promuovere cotanto capolavoro un video, invero professionalmente ben realizzato, ambientato nel campo da calcio di una squadra realmente esistente, l’A.S. Ostiamare Lido, i cui membri appaiono in un breve cameo. La partita di calcio nel video rappresenta metaforicamente la vita di ognuno di noi, ma specialmente gli sfigati: due squadre composte una da Enzo Salvi, energumeni sovrappeso e reietti vari acconciati come la nazionale di rugby neozelandese, l’altra da una selezione di esemplari di “egna”, vestite in maniera sportiva ma provocante, che si prodigano in un balletto sinuoso opposto alla grezza simil-haka inscenata dal Salvi-team. Con buona pace della ritualità insita nell’esecuzione della danza, che in troppi sembrano colpevolmente dimenticare.
Non potevano mancare anche gli “ovvi” riferimenti alla pole dance e al sexy car wash: qui altre “egne” sono intente a ripulire una convertibile bianca presumibilmente capitata per caso ad Ostia sulla via di Camp Darby a Livorno, indossando abiti succinti, reggiseni o immancabili magliette bianche da wet t-shirt contest. Qualcosa di veramente originale e inedito.
Il testo infine si barcamena tra i soliti luoghi comuni alla spioncino dei film di Alvaro Vitali e la classica dichiarazione d’amore universale del genere maschile nei confronti della “egna”, nelle sfumature dell’allupato medio, dalla professione disparata e dal ceto vario, amante della “egna” a prescindere da età peso altezza e provenienza. Uno alla Enzo Salvi, insomma…
Camionisti o professori
avvocati o taglialegna
ciò che unisce i nostri cuori
è l’amore… pe’ la egna
Giunti alla fine di questa breve ma allucinante passeggiata, rimane la classica domanda di fondo: pur ribadendo la mia comprensione ed empatia nei confronti di tutto quanto diversamente bello e nazional popolare, la classica valvola di sfogo dallo stress e dalla frenesia del tempo moderno, era davvero incontenibile il bisogno di produrre queste canzoni? Ma soprattutto c’era davvero qualcuno che pensava veramente potessero trovare qualche riscontro se non, forse, solo alla festa dell’arrosticino e della birra di Ariccia?