Per avere una panoramica completa e sensata del sottobosco musicale italiano occorrerebbe interpellare fior fiore di sociologi ed esperti di mass media per chiedere loro che cosa porta, in maniera così ossessivo-compulsiva, soubrette e presentatrici di dubbia abilità ma dal fisico procace a buttarsi nel mondo della musica con l’incoscienza di chi si getta da un aereo senza paracadure.
Il risultato soltamente è un singoletto mal cantato e altrettanto mal distribuito, dal ritmo ballabile e latinoamericaneggiante con un testo rigonfio delle solite 4 parole spagnole mi amor, corazón, tocame, me gusta, te quiero, besame, la playa… Un vortice di doppi sensi, di ammiccamenti, di canzoni e ritmi già sentiti, la cui unica differenza sta nel nome della soubrette che s’improvvisa cantante.
Nella migliore delle ipotesi l’imbarazzo musicale affoga nell’oecano delle canzoni che non vanno da nessuna parte, am in alcuni casi queste canzonette di dubbio valore si spiaggiano nella nostra memoria fino a quando il nostro cervello non decide di ricordarcele.
A questo rito di passaggio non si poteva certo sottrarsi Carmen Di Pietro, una donna nota per le prorompenti forme siliconate ma che, per sua ammissione, non sa cantare, non sa ballare, non sa recitare e che alla domanda “che cosa sai fare?” rispose candidamente “boh”.
La potentina, salita alla ribalta delle cronache nel 1997 per colpa di un presunto incidente a una delle protesi al suo seno a bordo di un aereo, tentò di sfondare nel mondo musicale ben prima di quell’espolosione: nell’inverno del 1995 il singolo “Tocalo Tocalo”, solita commistione alla Cristiano Malgioglio (che ne curò il testo) tra italiano e spagnolo in salsa Gipsy Kings dei poveri, vedeva la luce con il tentativo di portare un po’ di sole nella brutta stagione italiana.
Il pezzo parlava del tentativo della cantante di insegnare al compagno a muoversi su ritmi latino-americani. Il climax creativo arriva di sicuro con la rima tango-mambo, il che è tutto un dire sullo sforzo creativo profuso da Malgioglio che evidentemente aveva di meglio da fare: limarsi le unghie o pettinare il gatto.
Peccato che il sole delle aspettative si eclissò immediatamente, viste le scontate reazioni della platea a qualcosa che nasceva vecchio e noioso già da prima di essere concepito.
Come logico, la canzone finì nel dimenticatoio e la carriera della formosa soubrette prese altre strade che a dire il vero, al netto delle stesse dichiarazioni dell’interessata, si rivelarono di sicuro molto più azzeccate che quella di cantante. A dire il vero fu un peccato perché con tutti i difetti ontologici del caso “Tocalo Tocalo” funziona e alla fine nel suo contesto tra una rumba, un tango e compagnia ballante piace come il giaguaro di ceramica a casa della vostra vecchia zia.