Sembrerebbe l’intro di un clippino in ambiente familiare, forse girato lungo le rive del Mincio, ma non abbiamo nemmeno il tempo di assimilare la magia della messinscena che veniamo travolti, e il rullante attacca.
Sembra che debba partire un motivetto anni ’60, invece un suono tuona voluttuoso da una boccuccia massiccia e poderosa: “Però mi piace”. È Barbarella. L’educatrice a luci rosse profetica, influente e sperimentale di una generazione.
Notiamo instantaneamente che la commistione di suono e frames è fondamentale, che le trombe vestono la qualità sgraziata dell’immagine e che Barbarella è lì per accecarci come il diamante intrattabile della musica italiana che è.
Riprese senza cavalletto e ruvidità di senso danno una potenza audace che nemmeno i Dardenne. Un gatto maculato infatti si ostina su di un recinto legnoso, e questa è l’immagine speculare e sensibile della filmografia di Barbarella (al secolo Virna Aloisio Bonino scomparsa improvvisamente nel 2015 a soli 52 anni ).
Il testo però è da subito incoraggiante:
Non è bello, però mi piace
Non è ricco, però mi piace
Non è muscoloso, però mi piace
Non è famoso, però mi piace.
Primi piani illogici e inquadrature feticiste tappano i buchi di intreccio narrativo e danno ampio spazio ad alcune normali considerazioni:
- le cosce di Barbarella per essere quelle di una quarantenne sono in splendida forma;
- quale significato esiste tra il minuto 1’17”-1’20” che mi suggerisce le parole innovazione + pungente + colon?



Il testo, a questo punto, si fa disturbante tanto quanto la sequenza delle immagini. Barbarella decora la siepe, e le piace. Barbarella tiene una pentola in mano, e le piace. Barbarella si nasconde dietro un tronco, e le piace. Il producer del video vive e riproduce in continuazione fatti della sua esistenza paradossale. Il suo nome, capiamoci, è Genny Random.
Principi di squat, baci, accavallamenti e il gatto sono elementi cruciali che ci preparano ad accettare la fine di questo capolavoro di qualità improsciugabile.
Dopo un climax sconcertante, l’elaborata storia ritorna al clippino iniziale e tutto si chiude con un intenso look-in-camera. Barbarella sembra annientarci con i suoi occhi appassiti dal tempo, ma nulla viene tolto a quel gonfio e traboccante mezzo che ha reso tutto possibile.
Se lo guardassimo davvero, potremmo vederlo sporgere e staccarsi, e continuare il suo percorso solo, galleggiando sull’acqua, verso l’ignoto melmoso. Il protagonista perfetto di un romanzo di Faulkner.