Per qualche curioso motivo che sfugge alla comprensione dei più, gli Stati dell’ex blocco sovietico costituivano una sorta di El Dorado per gli alfieri della musica leggera italiana a partire dagli anni Ottanta, quando il regime mollò un po’ la presa e nel 1984 fece un grande regalo al proletariato: iniziò a mandare in onda il Festival di Sanremo. Da allora folle oceaniche di fan adoranti si fecero ammaliare da versi degni di florilegi letterari come «felicità è un bicchiere di vino con un panino» Altro che i fan brasiliani in delirio per i Nirvana all’inizio degli anni Novanta.
Pupo, Toto Cutugno, Adriano Celentano, i Ricchi e Poveri e il binomio indissolubile Al Bano e Romina Power conobbero una fama spropositata e portarono una ventata di spensieratezza e brio nei grigi appartamenti dei palazzoni del Comunismo.
A distanza di più di trent’anni gli ex sovietici non si sono di certo dimenticati di quegli anni magici, tanto che nel 2014 il buon Riccardo Fogli cantò a Sebastopoli Piccola Kety e altri successi per festeggiare l’annessione della Crimea alla Russia.
Questo splendido delirio non può non aver sortito un effetto permanente sulla sensibilità artistico-musicale della gioventù sovietica, che vedeva nel modus vivendi italiano leggiadria, bonheur, lu sole, lu mare e spontaneità. Nell’immaginario di un po’ tutti i paesi dal clima rigido e poco ospitale l’Italia è associata spesso maldestramente a un patchwork di simboli come colline toscane, gondole, vulcani vari, donne procaci, ricette ad alto tasso di carboidrati. E proprio questi elementi non mancano nell’assurdo trip del signor Artur Pirozhkov (Артур Пирожков), al secolo Aleksandr Vladimirovich Revva. Comico, attore e presentatore della TV ucraina e soprattutto russa, certamente un simpatico buontempone che nel 2010 si è buttato nel mondo fantastico della musica pop post-sovietica creando una caricatura ironica di una pop star narcisistica.
Visto il buon successo dei veri singoli fino ad allora pubblicati, nel 2016 ha pensato bene di rendere tributo al nostro Adriano nazionale con un perla di zarritudine degna dell’ormai inflazionata Eins zwei polizei. Il titolo? L’hashtag #KAKCHELENTANO che significa “come Celentano”.
Artur ha individuato degli attributi simbolici che renderebbero Adriano Celentano, come nell’iconografia della tradizione cristiana, riconoscibile: Antonio da Padova ha un giglio, Antonio Abate una campanella e un maiale e ad Adriano sono attribuiti i pantaloni a zampa e lo stivaletto a punta.
Il video si apre con il nostro Artur, maschione dalla mascella alla Jimmy Ghione, occhi cerulei, capelli legati all’indietro, camicia attillata. Con un rapido stacco si passa a una sorta di remake-tributo a Il bisbestico domato, fortunatissima pellicola del 1980 che rilanciò la carriera del molleggiato nelle vesti di attore al fianco di Ornella Muti. Inizialmente il nostro spacca vigorosamente la legna mentre parte un tunz-tunz decisamente inquietante e ossessivo, poi siede su una sorta di poltrona-trono nera, rivolgendo lo sguardo torvo verso l’ignaro e impotente spettatore. Il nostro eroe dell’Est ha certamente qualcosa da dirci. Con voce profonda e tono assertivo inizia a raccontare qualcosa in russo: starà parlando di sé e delle proprie aspirazioni? Vuole lanciare un messaggio? Invita Putin a deporre le armi? Slavisti di mezza Europa si arrovellerebbero sull’esegesi del testo di Aleksandr in arte Artur e constaterebbero chiari richiami alle rime rivoluzionario-avanguardistiche di Majakovskij:
Sono sgarbato, sessista e cafone
Mentre eri furiosa, ti sei innamorata di me
Hotel “Corona”, è tutto molto tranquillo
Mi fai impazzire come Ornella Muti.
Il quadro di quest’uomo è senz’altro intrigante e tutti quanti si chiedono che cosa possa mai accadere in questo Hotel. Tra mobilio pacchiano e ciarpame kitsch, si può ammirare presto un ritratto pop di Ornella Muti, che compare in carne e ossa qualche secondo dopo nel video.



La diva platinata siede al tavolo conviviale con il nostro Artur e si nasconde dietro un voluminoso quotidiano italiano. Lui sa di essere impavido e grezzo o meglio, usando le sue parole, «divertente, con la barba incolta e ubriaco, wow-wow, come Celentano». Che Celentano si sia distinto per vezzi eccentrici vari e affermazioni ardite è lampante a tutti e questo non è sfuggito all’occhio attento dell’impavido Artur che però pare spiegare il tutto con la cara vecchia scusa di aver alzato un po’ il gomito, probabilmente non sapendo che Adriano è astemio.
Senza motivo apparente, nel corso del video-capolavoro dà prova della sua rozza intraprendenza rovesciando addosso a un barista una tazzina di caffè. Si sa, gli Italiani sono suscettibili per quanto riguarda il rituale della tazzuriella di caffè e lui non è da meno.
La tensione si stempera con il gioioso ritornello in cui Artur si unisce ad una compagnia danzante di giovinastri conciati da gondolieri e donzelle con occhiali da sole e foulard. Lui, al centro, si mette a pestare l’uva come nella celebre scena del già citato Il bisbetico domato. Sullo sfondo, ovviamente, un paesaggio collinare indefinito. Il vino sarà ottimo, non abbiamo dubbi: magari potrà anche competere con quello prodotto a Cellino San Marco da Al Bano Carrisi, altro eroe indimenticato nelle lande dell’ex Unione Sovietica.