amedeo minghi qualche cosa di lei

Amedeo Minghi fruga tra i cassetti della sua ex tra trucchi, caramelle e un poncho di plastica

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amedeo minghi qualche cosa di lei I ricordi del cuoreAmedeo Minghi, genio della musica pop o cialtrone con il codino ossigenato?

Non è esattamente un argomento che infiamma gli attuali dibattiti, ma più o meno a tutti (o almeno a tutti quelli che hanno una certa età) sarà capitato di chiedersi se il lungocrinito compositore romano ci è o ci fa: se sia il romantico cantore delle immagini più delicate oppure uno che semplicemente si atteggia a maestro senza minima cognizione (del resto, alla nutrita schiera di chi la pensa così va aggregato anche tale Vasco Rossi che in attimo di lucidità lo ribattezzò Wolfgang Amadeus Minghi).

Personalmente appartengo alla prima categoria e nonostante tutto (e intendo davvero tutto) continuo a definire Amedeo Minghi uno dei grandi della nostra canzone italiana, benché da qualche anno abbia un attimo smarrito la via, perso come è tra le sue rime, i passati remoti e l’aurea di grandezza di cui si ammanta.

Qualche cosa di lei appartiene al periodo più florido della carriera del cantautore, quando per intenderci cantava «in sogno, ti sognai» e altre carinerie del genere.

In realtà, qui il nostro magico autore tratteggia con la sua penna di delicata armonia la vicenda dell’amato che viene mollato dalla sua bella cui non rimane altro che aggirarsi tra «qualche cosa di lei», per immergersi nei ricordi che sfumano in poesia, ben deciso a tenere ogni cosa per sè: quindi, la canzone ha un vago senso fetish, ma andiamo avanti.

Tra un arangiamento traboccante di archi sintetizzati come d’uopo lui si aggira, fruga, ma nulla… Lei non c’è:

E’ partita
con i suoi occhi e lascia la matita,
poco di rossetto,
un orologio rotto ed un fazzoletto.
Io credo che, in fondo in fondo,
son segni del suo dispetto,
dice: «così sei tu, che non mi servi più».

Quindi, gli ha mollato qualche trucco usato, non prima di spaccargli l’orologio e lasciarglielo a bella posta.

Poi c’è dell’altro:
la scatolina con il borotalco,
mughetto inebriante e bianco.

Qui lui deve essere andato in escandescenze, dopo essersi avventato sulla scatolina con il borotalco e aver scoperto che tale in effetti era… Povero, inizia a farmi tristezza…

E poi, c’è dell’altro ancora,
la sottoveste di color aurora.
Fiocchi di cotone
le caramelle al gusto di lampone.
E plastica trasparente,
prudente per quando piove,
spero non pioverà
senno’ si bagnerà.

Il nostro lui, che ormai si atteggia a maniaco, rinviene quindi la sottoveste di lei, batuffoli di cotone e qualche caramella al lampone (adoro queste pazzesche rime) fino ad un terribile poncho trasparente che usano i turisti quando diluvia. Forse, ma forse se una conserva il poncho di plastica non era molto allineata coi pianeti.

C’è un orsetto di pezza
prima era dolce
adesso mi disprezza.

E qui il dubbio viene: o l’orsacchiotto è imparentato con la più famosa bambola assassina oppure nella scatolina non ha trovato solo il borotalco.

C’è un pò di silenzio,
ma mi ossessiona il battere del cuore
inchioda per ore ed ore,
ritratti del triste amore,
dice: «Così sei tu, non mi trattieni più».

Lui finalmente capisce che è finita, mette tutte le cose in un sacco della spazzatura e le butta via fregandosene della raccolta differenziata, così come dovremmo fare con questa canzone. L’atroce dubbio quindi rimane: Amedeo Minghi ci è o ci fa?

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