Come tutti sappiamo, la metà degli anni ’80 non è stato un bel periodo per i Pink Floyd. Del 1984 in particolare si ricordano più le dispute legali che i lavori dei singoli componenti: dopo aver praticamente smontato il gruppo, Roger Waters scopre “i pro e i contro dell’autostop” mentre fa scattare le valigette degli avvocati contro David Gilmour (“Pink Floyd c’est moi”). Quest’ultimo, pur infastidito, trova in “About Face” una via di fuga al suo ruolo di chitarrista-simbolo della band più amata al mondo.
Invece per Richard Wright, 39 anni di cui 19 passati con i Floyd, sembra che le cose non vadano così intensamente.
Lui, un tempo bellissimo e tenebroso, già da cinque anni viene visto da tutto il mondo come l’anello debole della band: mai stato un virtuoso, sempre nel retroscena dei pezzi migliori, sempre modesto, sorridente e tranquillo, non regge più alla prepotenza di Waters. Divorzia dalla moglie, cede alla cocaina (si dice…), viene malamente allontanato dalla band e gioca da dipendente stipendiato fino al 1981. Poi molla definitivamente tutto.
Occorrerebbe un’autobiografia per capire cosa fece Richard Wright dal 1982 al 1984, ma non credo che attraversò un periodo felice: il suo progetto “Identity” con gli Zee del 1984 ne fu la somma algebrica e la prova finale.
Il disco esce il 9 aprile del 1984 in veste quasi anonima: bruttina la copertina e scarne le note. Si sa per certo che il gruppo è sostanzialmente formato da un duo in cui, oltre allo stesso Wright, c’è anche un certo Dave Harris, ex-cantante dei Fashion. Entrambi si cimentano nelle percussioni elettroniche e soprattutto nell’uso del modernissimo sintetizzatore “Fairlight” Serie IIx che, da solo, è in grado di replicare un’intera orchestra per la stratosferica cifra di 30.000 Sterline di allora.
In un’orgia di percussioni campionate e fraseggi rapinati da una sonnolenta Soho notturna si sviluppa “Seems We Were Dreaming” (bonus track presente solo nella versione su musicassetta e ristampa su CD), mentre “Cuts Like a Diamond” rimane la più Pinkfloydiana di tutto il disco, con tanto di assolo di chitarra campionato, ma è pura citazione: il resto fa veramente tenerezza.
Più che un disco organico quindi si potrebbe pensare a questo “Identity” come uno sfogo liberatorio da parte di Wright: senza pretese e senza più freni inibitori… Come se fosse tornato quel ragazzino di Hatch End che manipolava il Farfisa con i Sigma 6.
“Ho potuto permettermi di fare quel che volevo. E’ riuscito male? Pazienza… ora sono libero e ricco!”… non è mica da tutti, no?
Tracklist:
01. Confusion
02. Voices
03. Private Person
04. Strange Rhythm
05. Cuts Like A Diamond
06. By Touching
07. How Do You Do It?
08. Seems We Were Dreaming
09. Eyes Of A Gipsy (bonus track)