Timoria Symbolum 77

Timoria – Symbolum ’77 (2002)

Ultimo aggiornamento:

Timoria Symbolum 77Mischiare rock’n’roll e religione non è mai una buona idea, soprattutto andare a pescare direttamente dal repertorio della musica sacra, se poi si tratta di un nome storico del rock tricolore andiamo a camminare sul ghiaccio sottile.

Il mio rapporto con i Timoria è sempre stato di indifferente rispetto: da una parte sono stati una band importante per un certo tipo di rock italiano, dall’altra sono davvero pochissimi i brani che hanno suscitato interesse al mio orecchio malato.

Probabilmente sono uno dei pochi che non rimpiange affatto l’abbandono di Francesco Renga, ma che anzi pensa che la band abbia maturato un maggiore ventaglio sonoro proprio grazie all’assenza di una voce ingombrante come quella del riccioluto vocalist.

Dopo la disastrosa partecipazione al festival di Sanremo del 2002 piazzandosi ingiustamente ultimi con lo stornello retro-beat “Casamia” (ma che diavolo ci sono andati a fare?), la band entra nel magico mondo del cinema, musicando “Un Aldo Qualunque”, pellicola di Dario Migliardi che si traduce nella quasi omonima colonna sonora. Il disco non solo porta a compimento quel “ritorno al passato” già iniziato da qualche album a questa parte imbevendosi completamente nei “favolosi anni ’60”, ma segnerà anche l’ultimo capitolo nella discografia del gruppo bresciano.

Timoria Symbolum '77

Il disco scorre via senza particolari sussulti almeno fino a quando non arriviamo alla terremotante “Symbolum ‘77”; sì proprio quella “tu sei la mia vita altro io non ho, tu sei la mia strada, la mia verità” che tutti abbiamo sentito almeno una volta nella nostra vita.

Perché terremotante? Beh, non solo perché è stata irrobustita da una ritmica rock, ma soprattutto perché è stata impropriamente imbastardita con la gloriosa “Immigrant Song” del Dirigibile.

Orrore e raccapriccio? In effetti non può essere diversamente, ma sapete che vi dico… Sarà che il mix è talmente improbabile e kitsch… Ma la cosa funziona e il risultato è indubbiamente godibilissimo per le nostre orecchie (probabilmente un po’ meno per l’ascoltatore medio).

Una salutare boccata d’ossigeno dopo essersi sorbiti il disco di Fratello Metallo.

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