Puntuale come un Giubileo è arrivata l’ennesima celebrazione musicale per i mitici Pooh, questa volta in occasione del loro 50° anniversario di carriera e per l’occasione il gruppo si è riunito, non solo con l’ultimo fuoriuscito in tempi recenti Stefano D’Orazio, ma anche con il “quinto membro” della storica prima formazione: Riccardo Fogli, ormai pacificato (ed imbiancato).
Per l’occasione, oltre al Best Of di rito, si è voluto rieditare una delle loro più indimenticabili successi, quel “Pensiero” che nel lontano 1971 fece sognare eserciti di adolescenti che la consumavano nei mangiadischi (benché la canzone parlasse in realtà di carcere e amore) trascrivendola oggi in una veste, udite udite… alternative rock! In pratica come se si volesse cantare “Anima Mia” dei Cugini di Campagna in chiave grunge o giù di lì.
Il video inizia mostrando degli sgargianti abiti di scena appesi, a suggerimento che i Pooh stavolta sono musicalmente altrove (in una fabbrica diroccata?). Le successive inquadrature sono altrettanto inquietanti: gilet di pelle, bandane da motociclisti e braccialetti ai polsi, mancano solo i tattoo tribali e le Harley-Davidson neanche fossero i Metallica… ma invece è Roby Facchinetti! E che cosa vogliamo dire dello smagliante Red Canzian vestito come un biker di lusso che sorride beato? E Dodi Battaglia che gigioneggia come un guitar–hipster adulto? E la candida batteria-panzer del redivivo Stefano D’Orazio che si prodiga in movenze da stadio?
Il nuovo arrangiamento gioca sull’effetto da stadio-rock dell’inciso: “Non restare chiuso qui” (riffone di chitarra) “…pensiero!” ma tutto questo non è che il preludio al clou visivo che segue: un tizio con chitarra a tracolla, un po’ Johnny Cash un po’ Doc di Ritorno al Futuro, avanza di spalle: ma è Riccardone Fogli! Con una candida chioma capelluta che per un attimo mi fa pensare con tenerezza ad una mia lontana zia, si gira e attacca dopo anni le strofe che spettavano a lui di diritto ma che non aveva più cantato, e giù magone degli ultracinquantenni di spirito libero sui ricordi di bei tempi andati.
Così si procede tra svisate e gentili distorsioni alla Negramaro che mai avremmo immaginato nelle sembianze del brano di pop sinfonico più conosciuto nelle balere italiane. Alla fine si capisce che questo è stato in fondo un divertimento estemporaneo e comunque sia la band rimane ciò che è sempre stata, lo testimoniano le giacchette multicolori che i quattro tornano per fortuna ad indossare nel finale del video.



Al di là del gusto personale la considerazione da fare è che sempre più spesso le vecchie glorie tornano a calcare i palchi in età geriatrica o quasi, mostrando però più disinvoltura musicale (vedi ad esempio Bob Dylan che si è messo a cantare Frank Sinatra) ed una certa sorniona esperienza che alle nuove leve difetta. Il problema è appunto questo: guardiamo sempre più indietro perché vediamo poche realtà proiettate nel futuro del pop (ma anche del rock) capaci di rimettersi in gioco a sessant’anni suonati rischiando il ridicolo, certo, ma sempre per amore del proprio mestiere.
Cento di questi giorni quindi a questi cinque nonni che aspettiamo di veder di nuovo riuniti al 60°anniversario con un remake hip hop di “Piccola Kety” o, al limite, con una versione nu metal di “Dammi Solo un Minuto”, sempre se le gambe reggeranno, ovviamente.