Ancora a discutere di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band? Che palle! C’è davvero ancora qualcosa da scrivere su John, Paul, George e Ringo e soprattutto su questo disco, analizzato, studiato e discusso in ogni suo più recondito dettaglio?
Se non lo avete mai ascoltato quantomeno sapete che è uno di quei dischi che vi DEVE piacere, pena la scomunica dal paradiso dei veri amanti del rock. Non nego che personalmente, dopo le meraviglie di Rubber Soul e soprattutto Revolver, non mi fece questa grande impressione. In effetti gli orrendi baffetti di Paul McCartney e John Lennon facevano presagire che qualcosa era cambiato e non sempre per il meglio.
Che piaccia o non piaccia in fondo non importa, perché Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band è diventato una bandiera degli anni del lisergico pace e amore, un decennio dipinto come sorta di età dell’oro di cui il lavoro dei Beatles era la coloratissima confezione. Un bellissimo cliché che trasformava l’ottavo disco dei Fab Four nel più grande album della storia del rock dipingendolo come momento di passaggio della musica popolare da canzonette ad opere d’arte. Poco male che Pet Sounds all’epoca era gia vecchio di un anno.
La sessione fotografica per la copertina di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band
Sono passati cinquant’anni dalla sua pubblicazione e per fortuna la faccenda si è un po’ ridimensionata (anche perché il più grande album della storia del rock non può avere una canzone come When I’m Sixty-Four), rimane comunque un’ossessione per amanti della musica, critici e musicisti che in questi anni hanno contribuito a omaggiarne le doti (vere o presunte) a cominciare dalla copertina: un caleidoscopico collage di personaggi in un melting pot di riferimenti, citazioni e tributi (compresi presunti riferimenti alla morte di Paul McCartney) immortalati dall’artista pop britannico Peter Blake.
L’iconica copertina è allo stesso tempo un caotico blob di pretenzioso snobismo intellettuale (quando in reltà i quattro erano ragazzacci di strada, partendo proprio da John), graficamente anche piuttosto noioso, formato da una serie di immagini disposte su quattro file sovrapposte. Tutto questo non ha impedito però che si trasformasse nella copertina più famosa del rock (occhio, non la più bella) venendo omaggiata da tantissimi artisti nei loro album, in maniera seria e meno seria, e proprio di questo noi vogliamo parlare con la nostra personale classifica delle 10 migliori parodie della copertina di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band. In fondo come cantavano dei loro colleghi/rivali «it’s only rock ‘n’ roll but I like it» (cit.).
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The Rutles – Sgt. Rutter’s Only Darts Club Band (1973)
Se non conoscete i The Rutles è indubitabilmente ora di recuperare. La geniale parodia dei Beatles creata da Eric Idle dei Monty Python con le musiche di Neil Innes ha prodotto due finti documentari, diverse partecipazioni in programmi televisivi e una serie di album (alcuni veri, alcuni finti ma in entrambi i casi spassosissimi) tra cui questo Sgt. Rutter’s Only Darts Club Band. La prima e più riuscita parodia dei Beatles.
AA.VV. – Burning Ambitions: a History of Punk (1982)
Anche i punk rocker più puri hanno un cuore psichedelico ed ecco che per la copertina della doppia compilation antologica Burning Ambitions i protagonisti delle seconde file di quel furore disorganizzato che si scagliò sulla Gran Bretagna di fine anni ’70 appaiono in un collage che omaggia contemporaneamente Beatles e Sex Pistols.
Big Daddy – Sgt. Pepper’s (1992)
I magnifici Big Daddy non potevano lasciarsi sfuggire l’occasione di risuonare tutto Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band in stile rockabilly con tanto di copertina a tema.
Acid Mothers Temple & the Melting Paraiso U.F.O. – St. Captain Freak Out and the Magic Bamboo Request (2002)
Anche la psichedelia pazza dei giapponesi Acid Mothers Temple ha reso omaggio al Sgt. Pepper con la copertina che vanta il maggior numero di personaggi, in perfetto stile della band. Curiosità: la scritta “mothers” è stata bellamente ritagliata e incollata da un’altra copertina che vedremo più avanti.
Palette-Swap Ninja – Princess Leia’s Stolen Death Star Plans (2017)
Che cosa ci potrebbe essere di meglio (o di peggio, dipende dai gusti) di Star Wars narrato sulle note di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band? Follia? Tanto tempo libero? Genio a briglia sciolta? Fate un po’ voi, il risultato è godibilissimo e scaricabile gratuitamente dal sito dei Palette-Swap Ninja.
AA.VV. – The Simpsons: The Yellow Album (1998)
Dopo il successo del primo disco The Simpsons Sing The Blues, gli irriverenti personaggi gialli creati da Matt Groening tornano a cantare con una seconda raccolta dal titolo e dalla copertina inequivocabilmente ispirati ai Fab Four. All’interno purtroppo niente tributo ai Beatles ma “solo” canzoni tratte dalla serie TV.
AA.VV. – The Exotic Beatles – Part 2 (1994)
Una copertina delirante composta esclusivamente da giocattoli per uno dei migliori e più pazzi dischi tributo ai Beatles. Imperdibile e meraviglioso.
Pay – Federico Tre e il Destino Infausto (2005)
Un po’ di orgoglio italiano: la fondamentale band punk rock varesotta dei Pay presenta la sua personalissima versione della cover del Sgt. Pepper con un concept album, una punk rock opera che parla di un cattivo dittatore che rende illegale la riproduzione musicale nel suo piccolo staterello. Per quanto ne sappiamo questo è l’unico tributo italiano alla copertina del disco dei Beatles. O quantomeno il meglio riuscito.
Jun Fukamachi (深町純) – Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1977)
Il pianista-compositore jazz-fusion giapponese Jun Fukamachi (深町純) decide di omaggiare Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band e lo fa con la solita follia nipponica ricostruendo in ogni dettaglio la copertina originale ma invertendo tutto e con tutti i personaggi ritratti di spalle. Come non amarla?
Frank Zappa and the Mothers of Invention – We’re Only In It For The Money (1968)
Non c’è dubbio: la copertina di We’re Only In It For The Money delle Mothers of Invention di Frank Zappa è il miglior tributo (o sarebbe meglio dire parodia) del Sgt. Pepper. La summa dell’universo Zappiano in una sola copertina, con la partecipazione di Jimi Hendrix (l’ultimo a destra) e i Mothers vestiti persino meglio dei Beatles nell’originale. Lo shooting fotografico, curato dall’art director di Zappa Cal Schenkel, costò ben 4.000 dollari dell’epoca ma fu osteggiato dalla Capitol (l’etichetta dei Beatles negli Stati Uniti), che intimò alla Verve di bloccarlo. Si arrivò ad un compromesso invertendo fronte e retro, mostrando così in copertina i soli volti delle Mothers, con l’altrettanto iconografica immagine di Frank Zappa con due codini laterali. A quanto pare Zappa avrebbe telefonato a Paul McCartney per chiedergli il permesso di parodiare la loro copertina. Sembra che Macca avesse risposto che quella era roba da business manager e che Zappa avesse ribattuto che i business manager dovrebbero fare quello che gli artisti dicono loro di fare.
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