Non sono più un assiduo frequentatore di negozi di dischi usati come una volta (anche perché hanno chiuso quasi tutti) ma cazzeggiando tra le vie di Dublino ho infilato casualmente la testa in un negozio che vende roba usata per beneficenza e mi sono imbattuto in un CD di tale Derby Browne dal titolo profetico “Biscotti, Limoncello e Amore”. Il mio fiuto mi diceva che mi avrebbe regalato delle soddisfazioni.
In realtà quello che ha fatto scattare l’acquisto compulsivo non è stato né il titolo, né la scaletta infarcita di brani italiani, né la brutta copertina in cui la bellezza algida di Derby non dà certo il meglio di sé, quanto piuttosto la dedica nel libretto interno che recita: “grazie a Dio e al mio babbo, Vincenzo”.
Diciamolo subito, Derby ha una voce particolare, quasi una versione jazz di Emiliana Torrini, e le cose non vanno male su brani come “Never, Never, Never” (versione inglese di “Grande, Grande, Grande”), sull’originale anche se un po’ patetica “The Chip Shop” o in “It Had Better Be Tonight”.
Purtroppo per noi a queste reinterpretazioni, mai fantastiche ma almeno decenti, si contrappongono autentici scempi. Il problema è semplice: Derby sarà innamorata del sole, del mare, della pasta e della pizza, ma non si fa scrupolo di massacrare la pronuncia italiana.
https://www.youtube.com/watch?v=Hdjxg7ecWd8
Se la versione di “Amami Se Vuoi” posta in apertura fa anche simpatia, arrivati a “Parla Più Piano” (ovvero il tema del Padrino che fu reinterpretato da Gianni Morandi con testo di Gianni Boncompagni) cominciamo a domandarci che cosa diavolo stiamo ascoltando, anche perché non ci siamo totalmente ripresi dal tentativo maldestro di affrontare “Tu Vuó Fa l’Americano”. Tralasciando l’imbarazzante title track e la patetica reinterpretazione de “La Dolce Vita” ecco che partono le note di “Nel Blu Dipinto di Blu (Volare)” che nelle mani della cantante italo-irlandese si trasforma in una vera e propria arma di distruzione di massa contro gli insegnanti di italiano per stranieri. Ma io mi chiedo: papà Vincenzo non poteva almeno suggerirle che non si dice “volarei… cantarei…”?
Il trittico finale però è forse la summa di questo album: la sua versione di “Mia Malinconia” (da Amarcord) è da museo della bruttezza, sembra interpretata da una bambina assonnata allo Zecchino d’Oro. Talmente brutta da farci dimenticare i 12 brani precedenti e farci sembrare i due successivi quasi decenti. Ancora sotto shock ecco che arriva la melodia nota di “Con Te Partirò” e anche qui la pronuncia italiana sembra un optional indispensabile come avere la macchinetta del caffè incorporata nel cruscotto dell’automobile. Ecco che infine, in questo bignami di italianità spicciola, il commiato non poteva avvenire se non con “Arriverderci Roma” che nonostante il terrificante “arrivaderci” tutto sommato non sembra neppure male, forse perché è l’ultima canzone del disco?
Magari babbo Vincenzo avrà versato anche una lacrimuccia ascoltando la propria figliola intonargli queste canzuncelle italiane, noi invece preferiamo cercare di dimenticarci in fretta questa roba.
Tracklist:
01. Amami Se Vuoi
02. Never, Never, Never (Grande, Grande, Grande)
03. Meglio Stastera
04. Americano (Tu Vuó Fa l’Americano)
05. The Chip Shop
06. Speak Softly Love (Parla Più Piano)
07. Mambo Italiano
08. Biscotti, Limoncello e Amore
09. La Dolce Vita
10. Nel Blu Dipinto di Blu (Volare)
11. Quando, Quando, Quando
12. It Had Better Be Tonight
13. Mia Malinconia
14. Time To Say Goodbye (Con Te Partirò)
15. Arriverderci Roma