Tutto quello che c’è da sapere su Andrew W.K. è sintetizzato nel suo EP d’esordio intitolato “AWKGOJ”. Non tanto la musica, che è prevedibilmente una semplice prima bozza di quel tamarrissimo miscuglio di punk/metal/pop apocalittico che farà dopo, e che nei suoi album rock non ha subito alcuna evoluzione di sorta. L’attenzione va sulla seconda di copertina. E’ completamente nera, con un’enorme scritta trasversale: “CALL ME! ANDREW W.K. 212.714.4646”.
Se c’è una cosa che balza all’occhio dai suoi live show, dalle sue leggendarie session di autografi, dalle mail lunghissime che mandava in newsletter, dalla sua trasmissione su MTV e dall’incredibile e variegata lista di prestigiosissime collaborazioni fino al suo recente riciclaggio come motivational speaker, è che la vera forza che guida Andrew è una devastante e implacabile sete di conoscenza. Conoscere i fans, conoscere altre persone, conoscere tanti punti di vista diversi.
Nell’autunno del 2008 Andrew W.K. ha portato il suo carrozzone a Londra per un intero week end. Venerdì la serata motivazionale: più che un guru, pareva di sentir parlare un tuo amico, un tuo pari livello maggiormente spinto dal desiderio di imparare e confrontarsi umilmente con le diverse opinioni di un nuovo pubblico – non senza una certa palpabile dose di ingenuità – che dall’arroganza di imporre le sue.



Sabato il concerto vero e proprio, in cui ogni pausa tra un pezzo e l’altro era meticolosamente sfruttata per incitare ossessivamente la folla all’abbandono totale, a scatenarsi senza freni alla ricerca del benessere definitivo e a vivere la vita al massimo almeno per una sera. Con il risultato che un locale pieno al 90% da gente presente solo per i DJ set electro-indie di contorno era ora impegnato in uno dei più estesi ed estasiati pogo mai visti.
Uh, quasi dimenticavo, “I Get Wet” pubblicato nel 2001 è un disco della Madonna. E’ un disco ignorantissimo, imballato di testi e melodie facili quanto un coro da stadio, totalmente incentrato su un unico concetto di base già perfettamente immortalato dal singolo più famoso: “Party Hard”.
E’ un disco casinista. Non c’è bisogno di consigliare di ascoltarlo col volume al massimo, perché come lo metterete su il volume si alzerà al massimo da solo sulle note di “She Is Beautiful”, “Party Til You Puke”, “Ready To Die” e della già citata “Pary Hard”.
Ed è un album che non ammette mezze misure: o lo spegnete terrorizzati dopo 3 secondi netti, o passate il resto del pomeriggio a saltare sui tetti delle macchine come cavernicoli suburbani alla loro prima overdose di anfetamine.
Due anni dopo il nostro ci ha riprovato con una nuova fatica “The Wolf”, ma questa volta la macchinetta sforna-anthem non ha funzionato regalandoci un dose quasi letale di noia: immaginate degli scarti del debutto suonati a 33 giri cantatati da un Bryan Adams in overdose di anabolizzanti; il disco ha relegato di fatto Andrew W.K. a rockstar da piccoli club anche perché la carriera musicale verrà minata da problemi legali sull’uso del nome.
In ogni caso nel corso degli anni arriveranno una serie di album più o meno schizofrenici e più o meno interessanti (da un disco di cover di brani J-Pop a uno con le musiche della serie TV di Gundam, un album di jazz-fusion con Mike Pachelli, un intero album di improvvisazioni pianistiche, oltre a una manciata di dischi rock-metal alla sua maniera).



Nel 2001 per circa un mese sembrava che Andrew W.K. dovesse salvare il rock’n’roll, poi ci si è spaventati dalla portata dell’operazione e si è gridato al bluff.
Noi consigliamo di non perdere la speranza.
Matteo “Valido” Zuffolini feat. Vittorio “Vikk” Papa
Tracklist:
01. It’s Time To Party
02. Party Hard
03. Girls Own Love
04. Ready To Die
05. Take It Off
07. She Is Beautiful
08. Party Til You Puke
09. Fun Night
10. Got To Do It
11. I Get Wet
12. Don’t Stop Living In The Red