Fabrizio Corona è un signor nessuno, un personaggio dotato della sola abilità (innata?) di saper creare (tanto) denaro dalle feci della società.
Titolare di un’agenzia fotografica di Milano, famosa nel ritrarre facoltosi vip in situazioni poco politically correct o compromettenti, viene arrestato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione, spaccio di droga e di sfruttamento della prostituzione.
Trascorre così 80 giorni in carcere alla cui uscita afferma con i suoi soliti toni pacati: «Sono stato vittima della procura di Potenza. Per 80 giorni mi sono sentito ostaggio dello Stato e vittima di quel talebano di Woodcock che voleva solo fama e popolarità… Tra poco sarò libero e allora dirò le mie verità e saranno cazzi amari per tutti quanti».
Grazie all’appoggio miope e bieco dei media Corona, da facoltoso imprenditore di bassi principi, diventa personaggio nazional-popolare con tanto di fan deliranti sotto casa. Non contento di tutto ciò, con l’arrivo dell’estate, aiutato dall’amico Bruno Valvo in arte Kalief, un rapper che nessuno ha mai sentito nominare prima, pubblica anche un singolo per continuare a sfruttare la fama piovutagli addosso.
“Corona non perdona”, prodotta dalla Universal (vergognatevi!), è costruita su una base tanto strascicata quanto banale e vorrebbe essere un brano-denuncia su Vallettopoli, ma il testo ridicolo e autocelebrativo («Io sto giù con Fabrizio / l’uomo che ha scardinato l’Italia del vizio / tutti sempre pronti a dare il proprio giudizio»), inframmezzato con gli interventi dello stesso Corona a Matrix ne fa una perfetta operazione pubblicitaria da TV spazzatura.
Il rap di Kalief, oltre ad avere troppe pause e a utilizzare sempre le stesse parole, si fa biasimare soprattutto per quel malsano vizio di scopiazzare quando già fatto da quel poveretto di Mondo Marcio, ovvero adattare l’accento e la cadenza latino-americana usata nei ghetti all’italiano, rendendo veramente odioso l’ascolto.
Un disco, un libro, una sfilata di moda, forse un partito politico; fino ad ora avevamo il “Re degli Ignoranti”, ora abbiamo anche il “Re del Nulla”. C’è già chi si chiede se l’Italia non si meriti tutto questo.