10 cover imperdibili di Wing
Wing Han Tsang (曾咏韓)

Dalla Cina con terrore: le 10 cover imperdibili di Wing

Solo di recente ho scoperto la meravigliosa cantante nata ad Hong Kong e naturalizzata neozelandese che risponde al nome di Wing.

Wing Han Tsang (曾咏韓) è una signora minuta di mezza età che nel 1994 decide di iniziare a studiare canto e mettere la sua voce al servizio dell’arte musicale. La gavetta dura dieci anni. Dieci anni di nulla, un vuoto siderale che cerca di riempire con il suono della propria voce a caccia di note che non prenderà mai.

Eppure nel 2004 Wing esplode come una supernova nel firmamento e diventa una stella mediatica a livello mondiale. Comincia a esibirsi in TV, a concederci piccoli live e a incidere cover su cover, dischi su dischi, raccolte su raccolte.

L’anno dopo diventa la diva che in cuor suo sapeva di essere da sempre, South Park le dedica un episodio eleggendola divinità al pari di Paris Hilton, Britney Spears e Jennifer Lopez. La Wing delle montagne rocciose del Colorado è la moglie riservata e remissiva di Tuong (il tizio cinese del ristorante City Wok che lavora pure per la compagnia aerea) che ho conosciuto per prima – amandola dalla nota zero – rispetto alla sua versione in carne e cheongsam.

Non mi sono posta mai domande: era un personaggio assurdo di una serie meravigliosa. Una moglie one shot, una cantante incredibile e la protagonista di un episodio. Ma la magia è dietro l’angolo quando la realtà schiaccia la finzione.

Wing esiste. Forse non sarà la moglie di un ristoratore cinese ma senz’altro è un’artista dal talento sconfinato. La sua produzione spazia tra tutto quello che la musica ci ha regalato fin dall’alba dei tempi. Per chi volesse avvicinarsi a cotanta artista e colmare questa mancanza, peraltro inaccettabile, eccomi qua a stilare una classifica dei brani più rappresentatitvi; scegliere solo 10 dei suoi brani per questa classifica mi ha spezzato il cuore. Letteralmente.

Ma se Wing ha raggiunto più di un milione di views cantando Mamma mia, io posso sicuramente selezionare solo 10 delle sue cover.

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Poker Face

La proposta di Wing è un problema nello scorrere del tempo. Prende un pezzo relativamente recente, lo ammazza di midi e ci canta sopra in quello che, fino al ritornello, pensavo fosse mandarino, rendendo il successo di Lady Gaga un suono dell’epoca dei dinosauri.

Un canto straziante di chi non si arrende alla falsità della gente.

We Are The Champions (feat. Rappy McRapperson)

Featuring che fioccano come in tutte le carriere degne di nota e non. Tutte le carriere. Un pezzo che parte zoppicando ma che a metà ci sbatte in faccia i dieci anni di sudate carte vocalizzando verso l’infinito e oltre. La base è più sofisticata della precedente, anche se non ne trovo un merito reale; sarebbe bastato prendere l’originale e pagare la SIAE, invece si è scelto di accanirsi sul cadavere dei Queen.

In ogni caso Wing rimane la campionessa del mio cuore.

Back In Black

Il collante in tutte le produzioni Wingiane è la base midi dimezzata nei BPM. È la sua firma: potrei davvero riconoscere una sua versione rispetto all’orginale senza sentire la parte cantata. Con gli AC/DC si aggiudica il ruolo di regina incontrastata delle basi brutte e lente. Il ritornello mi fa volare in una dimensione onirica tra gli anni ’80 e un medioevo fantasy; la base riesce a raggiungere il livello di fastidio che sento quando si impalla il Mac e qualsiasi tasto provoca un fischio acuto e tagliente.

Candle In the Wind

È il 2009 ed esce Beat It in cui Wing racchiude 30 anni di musica pop. Dalla copertina già si preannuncia il sapore del disco: lei con sguardo truce brandisce una mazza da baseball. Senza troppi sottotesti è la trasposizione visiva di quello che succederà a quella cover e alle nostre orecchie. Candle In The Wind è l’unico pezzo di Wing in cui il ritmo e la base sono quasi fedeli all’originale di Sir Elton John. Purtroppo i gravi problemi di dizione di alcune lettere (k, l, r,) compromettono la riuscita del pezzo, altrimenti perfetto nella produzione di Wing.

Let It Be

Come tutti i grandi della musica, anche Wing ha omaggiato i Beatles. E quindi eccola, al fianco di Mina, Frank Sinatra e William Shatner a riporre la propria voce nel ricordo dei Fab Four.

Wing Sings The Beatles è forse più bello di qualsiasi album dei Beatles stessi. Accenni di chitarra (molto probabilmente campionata) e la sua voce che non riesce a stare al passo delle note e del tempo, che chiudono un disco di dieci tracce. Nonostante tutto. Let It Be è quella che rappresenta meglio l’anima del lavoro di Wing in questo senso, anche se la mia preferita rimane I Want To Hold Your Hand, soprattutto per i raddoppi (cantati da altri) che Wing riesce a schiacciare con i suoi acuti.

Beat It

Bip Ip. Queste le parole cantate da Wing nel ritornello che mi sono rimaste nel cuore. Come possiamo non apprezzare il coraggio di questa artista? Si è confrontata con i mostri sacri della musica internazionale, ha portato a casa i Beatles e adesso la tenta con Michael Jackson. E non ce la fa. Ma un animo ambizioso non si fa fermare da un ostacolo, così qualche tempo dopo ci riprova con Man In The Mirror, ma Beat It rimane inarrivabile: per lei l’originale, per noi la cover.

The Wonder Of You

Ed eccola inarrestabile. Una furia cieca che coverizza qualsiasi cosa abbia avuto anche solo una minima di successo nel panorama musicale. Il 2006 è l’anno della ri-morte di Elvis Presley grazie a Wing Sings Elvis. Come da format, la nostra ci propone dieci brani di The King scegliendo con non troppa difficoltà quelli più conosciuti. Ma è il secondo brano del disco che mi ha fatta innamorare come mi successe la prima volta che ascoltai Elvis. The Wonder Of You (in realtà una cover di Ray Peterson), cantata tutta sulle note oltre l’ultima riga dello spartito, mi fa sentire in un’altra dimensione spazio-tempo, dove la voce di Wing è l’unica coordinata geografica che ci rimane. Gli strumenti sembrano tutti registrati sott’acqua e senza amplificazione, aumentando di tantissimo lo spirito innovativo di questo lavoro.

Joy To The World

Qual è l’album immancabile che sancisce il successo di un artista? Il disco natalizio.

Wing lo sa bene e nel 2007 esce Everyone Sings Carols with Wing, una raccolta di classici natalizi da ascoltare mentre si addobba l’albero o si gioca alla tombola. In copertina troviamo la cantante con faccia da furbetta, ha una mano adagiata al fianco e l’altra minacciosa come a ricordarci che il Natale si passa in famiglia e di ringraziare la mamma per tutto quello che fa per noi. Joy To The World diventerà il mio inno natalizio; chiudo gli occhi premo play e mi immagino Wing che la canta a Central Park nel secondo episodio di Mamma ho perso l’aereo.

All The Single Ladies (Single Ladies)

Le doti creative di Wing non si limitano al canto. Eccelle anche nel rinominare le canzoni a cui rende omaggio, in questo caso All The Single Ladies è Single Ladies (Put A Ring On It) di Beyoncé. La cosa più magica della cover di Wing è quello xilofono meraviglioso che rinfresca l’aria ad ogni tocco, rendendo le ragazze single delle birichine tra i banchi di scuola. Nel ritornello Wing dà prova di essere anche una grande imitatrice, replicando in maniera realista il verso delle galline nell’aia.

All The Single Ladies è l’esame di maturità della nostra eroina in cui ci dimostra non solo di raggiungere delle note acutissime senza controllo ma anche di saper (diametralmente) raggiungere la Fossa Delle Marianne con dei vocalizzi da far vibrare il costato. Anche qui la potenza è nulla senza controllo, ma Single Ladies rimane uno dei pezzi più riusciti di Wing e anche di Beyoncé. Brave tutte.

I’ll Always Love You (I Will Always Love You)

Le sfide più complicate per una cantante sono principalmente due:

  • la canzone acappella
  • il paragone con Whitney Houston

Wing ancora una volta porta il suo coraggio oltre il talento e decide di affrontare il giudizio finale unendo queste due sfide. Eccola cinguettare, per i primi 30 secondi acappella, I Will Always Love You rendendo impossibile riconoscere il pezzo (che in realtà è una cover di Dolly Parton ma che tutti ricordiamo nella versione della divina Whitney).

L’apertura del brano e del ritornello vengono decretati da un suono rubato direttamente dal Nintendo DS, un ventaglio elettronico che dà il la alla voce di Wing per l’estremo vocalizzo nel raggiungimento della Houston.

Solo al 45esimo secondo è chiaro cosa Wing stia cantando («Houston, abbiamo un problema!»), malamente, zoppicando con la voce flebile e interrotta. Eppure ci mette tutta se stessa e ci trasmette quello stesso dolore che provava Whitney in Guardia del corpo. E premiando la sua emotività che travalica il suo talento, questo pezzo si aggiudica la medaglia d’oro e di tenerezza nel palmarès di Wing.

Piccola donna, grande cuore, poca voce, inarrestabile cantante.

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