Toto Cutugno Rappa Rappa

Toto Cutugno – Rappa Rappa (2008)

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Toto Cutugno Rappa RappaNon so a voi ma Toto Cutugno oggi mi fa una terribile tristezza; negli anni ’80 è stato lo stereotipo dell’italiano con la sua zazzerona nera, la voce profonda e le canzoni nazional-popolari, mentre sulla copertina del suo ultimo disco sembra un vecchio gay incartapecorito con un vistosissimo lucidalabbra rosa, degli occhiali a specchio nel riflesso dei quali si vede chiaramente la sagoma del fotografo e uno sfondo mistico con il sole che sorge tra le montagne. Insomma un vero capolavoro dell’orrido che ha il solo merito di non stonare a fianco delle tante brutte copertine che il nostro ha inanellato nella sua lunga carriera.

Questo nuovo disco “Un falco chiuso in gabbia” pubblicato a seguito della sua ennesima partecipazione al Festival di Sanremo, è più interessante del previsto, regalandoci un paio di pezzi dance quasi maranza (“Con te ci sto” e “L’isola dell’amore”), un brano latino in cui Cutugno gigioneggia tra il siciliano e lo spagnolo (“Chico siciliano”) e il classico mancato “T’innamorerò” in equilibrio tra il classico ritornellone da cantare in coro tipo “Una domenica italiana” o “Voglio andare a vivere in campagna”, mischiato con suoni più moderni. Noi però vi vogliamo proporrela canzone più coraggiosa contenuto nell’ultima fatica de “l’italiano vero” con un’impressionante sinergia di testo e musica.

«Se Celentano ha fatto un rap, perchè non lo posso fare anch’io?» Questo deve aver pensato il sex symbol delle massaie dell’Est Europa. In effetti ha pienamente ragione e poi chi siamo noi per fermarlo?

«Ok ma su che cosa lo scrivo il testo? Le classiche tematiche sociali non funzionerebbero… la solita canzone d’amore? Naaa! E quindi? Perché non un testo che parla di… gnocca?» Probabilmente le cose non sono andate esattamente così come le immaginiamo (o forse sì, chi lo sa?) fatto sta che nel 2008 ritorvimao Toto Cutugno che si atteggia da vecchio erotomane con tanto di voce suadente ed ammiccamenti espliciti, facendo capire alla giovane fanciulla di turno quali siano le sue intenzioni, con giochi di parole al limite delle capacità mentali di un bambino di due anni:

Mi arrappa il rappa rappa
pairappa rappa rappa
fammi esplorare un po’
lo sai che scoprirò la luna.

Me gusta il rappa rappa
pairappa rappa rappa
fatti giocare un po’
lo sai ci porterà fortuna.

Porca vacca!

Sarà il fascino dei capelli grigi, sarà la fama o l’esperienza dell’uomo maturo, ma la pollastrella ci sta, ammiccando languidamente con un poco originale «me gusta il rappa rappa». Eh beh!

Seppur divertente, il brano non ha probabilmente la forza per trasformarsi in un classico, perché si sente lontano un miglio quanto Toto sia impacciato in questo genere musicale da lui del tutto avulso; chissà che sul prossimo disco, se e quando uscirà, non decida di riprovarci; tanto alla fine al Toto nazionale vogliamo tutti un po’ bene e gli si perdona tutto.

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