Se chiedeste ad un vostro lontano zio che vive eremita sul Monte Saraceno di descrivervi la differenza tra il punk rock ed il sadomasochismo probabilmente avreste come risposta il concetto profondo che si rivela ascoltando questa mefitica coppia di tirate disco-cabarettistiche. In pratica una ridda di idiozie declamate su una base disco-erotic di quart’ordine diventa gemma inestimabile per i cultori del brutto ad ogni costo.
Toni Santagata, cantante e cabarettista pugliese famoso nella metà dei ’70 con pezzi in dialetto come: “Quant’è bello lu primm’ammore”. “Lu Maritiello” e “La Zita” se ne uscì nel 1978 con questo 45 giri “trasgressivo”, edito dalla Carosello: “I Love the Punk (Ai, Lavate Punk)/ U.FO. Sexo” .
Nel primo, sottotitolato “La prima Opera Pop-Cap-Rock-Classic-Punk-Bifolk” Santagata scimmiotta lascivamente i peggiori stereotipi italiani dell’epoca verso il fenomeno punk, ma sbagliando in pieno poiché per totale ignoranza in materia la figura del punkettaro viene associata sia alla disco-erotica che imperversavasia al sado-maso soft approssimativamente conosciuto con gli show di Enzo Trapani alla RAI.
Il risultato è un brano discotecaro piuttosto dozzinale (arrangiato nientemeno che da Alberto Baldan Bembo), con un finale semi-recitato che sembra la brutta copia dei peggiori Squallor (Dio ci perdoni). Se già lo spelling del titolo in pugliese “Ai Lavete Punk” suggerisce la facile battuta (i punk puzzano), il resto del brano insiste sul tema del masochismo demenziale:
Tagliami un dito
Spezzami un braccio
Spegnimi pure la cicca accesa qui sulla faccia
Picchiami forte
In discoteca
Rompimi i denti mentre balliamo chi se ne frega
Segue l’agghiacciante ritornello in lingua simil-pugliese:
I love the punk i love the punk i love the punk
Io me diverto non fatico e nun so’stank
Qualche volta me rivolto in mezzo al fang
Perché so’ punk o yes, all right forever punk!
Ciliegina sulla fetida torta, un (ironico) monologo finale sulla scarsa igiene personale:
Sono forte!
Ieri ho preso un secchio di mondezza e me lo sono buttato addosso
Perché sono un punk isolato non un punk di gruppo
E se non me la butto addosso io, meh, ma chi vuoi che me la butta addosso a me?
Sono panko, panko panko panko, spacc’ la faccia o yes!
La canzone chiude la ideale trilogia del misunderstanding del punk italiano, formata da “Re Dei Punk” di David Riondino e “Pus” di Andrea Mingardi Supercircus, anche se, a differenza di queste due, ben più ironiche e ficcanti, “I Love The Punk” somiglia più per intenzioni alla terribile (ma più divertente) “Punk Rock” degli Incesti, che guarda caso di punk non ha proprio niente.
E se per qualche oscuro mistero della mente umana voleste infliggervi anche l’ascolto del lato B “UFO Sexo”, sappiate che il livello di dabbenaggine sonora potrebbe farvi gettar via il disco dalla finestra direttamente: anche qui l’atmosfera à sempre gay-disco con Tonino che fa il finto omo (assomigliando incredibilmente a Antonio Albanese) sopra un suadente coretto femminile con orgasmo inserito, mentre per il testo riascoltatevi un brano a caso dei sopracitati Pace-Cerutti-Savio & Co. e ci farete di sicuro un guadagno.
Dischetto che sarà forse passato qualche volta per facile risata in qualche programma delle Onde Medie Nazionali, ma più verosimilmente in qualche radio libera locale ascoltabile tra Bari e Lecce. Alla fine rimane in primis il mistero di chi all’epoca avrebbe mai potuto pagare per portarsi questo 45 Giri a casa: i punk? I gay? Mio zio eremita? Gli estimatori del primo Andrea Mingardi? Lo stesso Toni Santagata? Se ne dovrebbe occupare il sagace Lucarelli.
Il buon Toni pagò tuttavia pegno per questa ciofeca negli anni successivi musicando nientemeno che la preghiera ufficiale dei devoti a Padre Pio in occasione della canonizzazione del frate per cui, nonostante quanto fatto, un posto nel paradiso dei musicisti un giorno se lo sarà in ogni caso guadagnato. Bontà sua.