Sulla storia del rock sono stati scritti molti volumi, ma nessuno di questi è stato un’opera a fumetti, almeno fino al 1986. Serge Dutfoy, un disegnatore francese che lavorava come insegnante liceale d’arte, appassionato di musica e in particolare di jazz, nel 1984 decide di ovviare a questa mancanza: si mette in collaborazione con due studiosi di tale genere musicale (Dominique Farran e Michel Sadler) per disegnare Storia del rock a fumetti (titolo originale: Histoire du rock en BD, dove BD sta per Bandes Dessinées cioè i fumetti), un lavoro che occuperà due anni della sua vita.
Questo perché non si tratta di un mucchio di fatti e date esposti in maniera nuda e cruda, ma di un racconto con una premessa in stile C’era una volta l’uomo, Siamo fatti così e altre serie educative francofone. Qui un gruppo di personaggi fa un viaggio attraverso la storia della musica rock, vista in modo semi-serio ma basato su ricerche accurate.
Ci ritroviamo nella redazione dell’immaginaria Cat Rock News, rivista musicale gestita da quattro gatti antropomorfi reclutati dal viscido editore Van Der Plook per compilare la storia del rock, che è poi il libro che stiamo per leggere. I nostri eroi sono:
- Cat: tipico bulletto dal cuore d’oro alla Fonzie con tanto di “banana”, appassionato di motori, brillantina e ovviamente rock ‘n roll. Rappresenta il rock degli esordi nella sua forma più pura, da Bill Haley in giù.
- Cookie: unico membro femminile, una groupie follemente innamorata di Elvis Presley che si occupa del lungo capitolo dedicato al suo eroe, delle donne nella storia del rock e a un certo punto sbotta contro i colleghi stufa del loro sessismo (negli anni ’80!).
- André: praticamente un Enrico Ghezzi felino, intellettuale dagli occhiali spessi e dalla giacca spiegazzata che interviene per discutere delle frange più cerebrali e complesse della musica rock. Non per niente ama i Talking Heads.
- Raymond: investigatore (e maniaco) con l’impermeabile. Grasso, alcolista e depravato, incarna lo spirito sex, drugs & rock ‘n roll, ma non ha un grande ruolo al di fuori di qualche breve gag.
I quattro redattori sono accompagnati da Mr. Bird, una specie di pappagallo/tucano altezzoso e saccente che fa da mascotte negativa, una caricatura dei vecchi critici parrucconi che osannano la musica classica e vedono il rock come roba buona solo per giovinastri amorali. Nel corso delle loro indagini vengono aiutati anche da altri personaggi, come il gatto nero (nel senso che è di colore) Black che fa da guida al mondo, appunto, della black music partendo da soul e gospel, o la fata madrina britannica con tanto di trucco spesso e calze a rete che rappresenta la genialità dei Beatles e del loro produttore.
I Fab Four sono tra gli artisti (assieme al succitato Elvis) esaminati più in dettaglio dagli autori, e se vogliamo far loro un appunto è che a volte si focalizzano molto su certi sottogeneri e artisti, mentre altri vengono esauriti nello spazio di una paginetta o meno (Jimi Hendrix ad esempio occupa un terzo di pagina, e Frank Zappa una vignetta appena). Anche degli anni ’80 c’è poco in quanto a rock vero e proprio, un po’ perché il decennio era ancora in corso e un po’ perché magari i nostri non volevano esporsi troppo, preferendo dedicarsi ad altri generi e celebrità. In ogni caso il libro non vuole sostituirsi alle enciclopedie, per cui non possiamo incolpare troppo Dutfoy e i suoi mentori.
In linea di massima in questa Storia del rock a fumetti le vicende procedono per decenni, indicando i generi più popolari in ogni periodo e fermandosi ogni tanto a esaminare alcuni dei fenomeni più particolari, come i teen idol degli anni ’50 o la British invasion e la psichedelia degli anni ’60. Nonostante l’utilizzo del medium fumetto e di personaggi antropomorfi il libro, date le tematiche trattate, non è certo rivolto ai più piccoli: non mancano le pagine che mostrano violenza, uso di droghe (anche in maniera ironica, come gli animaletti di Woodstock che si fanno di canne o funghetti) e riferimenti a celebri leggende urbane o teorie del complotto come la ben nota Paul Is Dead. Per stare in tema di droghe, abbiamo pure una doppia pagina che imita lo stile dei fumetti underground di Robert Crumb, legati a doppio filo alla musica come dimostra la celebre cover da lui disegnata di Cheap Thrills di Janis Joplin, citata pure quella da Dutfoy. Il tratto dell’artista è molto indicato per un lavoro come questo: non iper-realistico ma nemmeno troppo caricaturale, adatto per una storia semi-seria in cui però tutti i personaggi menzionati devono essere immediatamente riconoscibili (tranne uno Sting in fondo al volume che sembra più Enrico Bertolino, ma pazienza, nessuno è perfetto).
Forse si poteva fare di più, ma va detto che le pagine sono costruite su griglie molto variegate e sono talmente zeppe di dettagli, note, allusioni, metafore e piccole gag che ci vorrà parecchio tempo per scovare tutto, a un certo punto diventano persino un gioco, nel caso della doppia pagina che ci invita a indovinare i titoli delle canzoni dei Beatles raffigurati nel disegno. Altre trovate sono geniali nella loro bizzarria, come nella pagina dedicata al punk rock, in cui un punk gigante squarcia la pagina stessa con una lametta da barba, e altri punk piccolini coprono i disegni con le bombolette spray o sniffano la colla che tiene insieme le pagine del libro!
Nel complesso i tre francesi hanno messo insieme un lavoro che si legge ancora oggi con divertimento; Storia del rock a fumetti ha anche un vago sapore di malinconia quando si raggiungono le ultime pagine, in cui Raymond, nei panni di un improbabile veggente, tenta di prevedere quale potrebbe essere il futuro della musica rock. Di sicuro negli anni ’80 nessuno avrebbe potuto immaginare che generi popolarissimi come new wave ed heavy metal sarebbero stati rimpiazzati da rap, reggaeton, EDM e K-pop. Tuttavia il finale rende chiaro come niente e nessuno potrà mai fermare davvero il rock, almeno finché i suoi eroi rimarranno immortali. «See you later, alligator!»