Gli ultimi dieci anni della carriera di Riccardo Fogli assomigliano a una saga di film dell’orrore, di quelle in cui l’attore è sempre lo stesso e le sceneggiature una peggio dell’altra, mentre aumentano a dismisura mostri e creature degli abissi perché idee nuove proprio non ce ne sono.
Invero, quello in esame è un decennio artisticamente impegnativo, che vede il nostro protagonista cimentarsi nella partecipazione a Tale e quale, di cui va segnalata (alla Polizia) l’imitazione di Patty Pravo (ecco… lei no, Riccardo! Tutte, ma proprio lei no!) oppure nella più impegnativa Reunion al profumo di tisana coi fratelli Pooh (in realtà lui non vedeva tutta quella gente dai tempi dei giochi al Colosseo, quando cantava coi leoni), per non dimenticare lo sguaiatissimo Festival di Sanremo 2018 in coppia con papà Facchinetti fino all’angosciante naufragio sull’Isola dei famosi, dove litri di lacrime sono state copiosamente versate (anche da noi, a vederlo là).
In tutto questo andare senza tornare, il fattaccio che fa da apripista al decennio, stile “buongiorno che si vede dal mattino”, è la raccolta Storie di canzoni datata appunto 2011. Qui, con evidente lazzo di novità, vengono messi insieme pezzi propri e dei Pooh (poco importa se ricantati o semplicemente riciclati), oltre a vari brani altrui, alcuni dei quali affidati all’arrangiamento di suor Letizia, la tastierista che, armata di pianola, suona nella parrocchia che Riccardo frequenta alla messa domenicale.
Tra le cover spicca la celeberrima Fatti mandare dalla mamma (a prendere il latte). Ora, da sempre Gianni Morandi nell’immaginario collettivo coniuga due definizioni di sé, ovvero “fidanzato d’Italia” e “eterno ragazzo”: quel che poteva cantare a 18 anni nel 1962 può continuare a cantarlo ancora adesso senza cadere nel patetico e questo al di là, ovviamente, del fatto che sia comunque un brano del suo repertorio. Par suo, da sempre Riccardo Fogli ha incarnato l’immagine seriosa e un po’ malinconica dell’innamorato con un’aria vagamente retrò…
Insomma, quel che vale per il primo non necessariamente vale per il secondo, cui la prudenza consiglierebbe maggiore accortezza nella scelta dell’omaggio, soprattutto davanti a un repertorio sterminato come quello di Morandi: in altri termini, o la butti sul cazzeggio (come ha fatto Andrea Mingardi, cantando Fatti mandare dalla mamma in bolognese) o cambi brano, potendo scegliere tra migliaia, anziché precipitare in questa versione sospesa tra farsa e tragedia.
Il nostro, infatti, si prende sul serio e si imposta davanti al microfono come se stesse cantando chissà che, dimenticando che nella realtà sta vestendo i panni del ragazzetto che cerca di svincolare con la tipa cui sta facendo il filo. Orrore sublime, pertanto, Riccardo Fogli, alla sua veneranda età, si mette a cantare anzi gridare sotto casa della sua bella, che non fatichiamo a vedere osservarlo terrorizzata da dietro le finestre, barricata dentro in attesa della volante che porti via questo vecchietto un poco insistente, mentre i genitori litigano perché il tipo là fuori potrebbe avere l’età di suo nonno e dai balconi la gente coi telefonini sta rendendo la scena virale.