piero ciampi Adius

Piero Ciampi – Adius (1990)

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piero ciampi l'album di piero ciampiParlare succintamente di Piero Ciampi non è facile per niente, soprattutto in un sito per musiche diversamente belle come questo. L’uomo a cui è stato intitolato un concorso musicale di livello nazionale ma di cui pochissimi ricordano a malapena due o tre canzoni, l’assoluto outsider tra i cantautori tricolore, il guerriero sconclusionato e rissoso di una vita passata tra vicende che definire turbolente è un eufemismo. Colui il quale vantava amicizie di intellettuali quali Alberto Moravia e Carmelo Bene, ma poi passava le notti ad ubriacarsi con i portuali nelle bettole della sua Livorno, salvo sparire per periodi nei quali le occasioni di farsi una carriera dignitosa (e remunerativa) venivano bruciate una dopo l’altra.

Scomparso prematuramente per un cancro nel 1980, proprio quando cominciava ad essere riconosciuto come artista (pardon, poeta) di culto grazie anche all’aiuto di amici quali Gino Paoli e Nada che lo stimavano incondizionatamente, ci ha lasciato un centinaio di bellissime canzoni stipate in una discografia confusa e raffazzonata proprio come il suo modo di vivere la vita all’estremo.

Tra tutte queste la più spietatamente sincera esternazione di quell’umanità disperata che impregnava l’artista ed il suo problematico rapporto con il mondo fu Adius che uscì postuma nel LP L’album di Piero Ciampi del 1990, esaustiva antologia tripla (con però ben sette inediti). Si tratta in pratica della riscrittura di un altro suo brano L’assenza è un assedio del 1975, ma già in un live al Tenco ’76 (pubblicato postumo nel 1995), compare con il titolo definitivo di Adius.

Composto probabilmente di getto in un momento di rancore etilico e sorretto musicalmente dal fedele maestro Gianni Marchetti (autore anche di musiche di film italiani di genere e che dal 1970 dipingeva gli eleganti quadri musicali su cui Piero Ciampi ricamava o vomitava, a seconda dell’umore, il proprio afflato poetico crudo ma intenso. Il testo ha la particolarità di contenere una dozzina di volte la parola «Vaffanculo» ripetuta a una donna che immaginiamo sul punto di piantare (per l’ennesima volta) in asso un uomo seducente sul piano umano, ma totalmente ingestibile nella vita reale.

Le delicate pennellate iniziali cantate alla sua maniera su una tela pianistica davvero suggestiva tradiscono la crisi che sta per arrivare:

Il tuo viso
Esiste fresco
Mentre una sera
Scende dolce sul porto
Tu mi manchi molto
Ogni ora di più
La tua assenza
E’ un assedio
Ma ti chiedo una tregua prima
Dell’attacco finale
Perché un cuore giace inerte
Rossastro sulla strada
E un gatto se lo mangia
Tra gente indifferente
Ma non sono io Sono io altri
E così
Vuoi stare vicina, no?

E giù vaffa… a ripetizione come una catarsi liberatoria, quasi come se quella a cui rivolge il suo impropero sia l’incarnazione del mondo stesso a cui urlare il proprio feroce, sboccato disincanto tout court: «Te, gli intellettuali e i pirati: vaffanculo! Sai che bel vaffanculo che ti porti nella tomba?», il tutto su un bel sottofondo lounge che sembra preso di peso da un film drammatico di Ugo Tognazzi (Gianni Marchetti immenso). Piero Ciampi ha un ultimo sussulto di barcollante signorilità quando chiude il tutto con le liriche sprezzanti «e non ridere! Mon la conosci l’educazione, eh? Portami una sedia e vattene!», assurde quanto i pensieri nella testa di un uomo alcolizzato e disperato, perso emotivamente dentro un monologo intimo e senza ritornelli, ovviamente improponibile in radio ma soprattutto in TV.

Adius rimane in ogni caso l’ultimo messaggio definitivo al pianeta Terra di colui che ha fatto della propria arte una ragione di vita, giocandosi il successo a carte nelle osterie la notte, svegliandosi sbronzo all’alba nei rancidi fossi di una periferia sconosciuta e celebrato, come al solito, dopo morto. Il grande e incompromesso Piero Ciampi.

Qui il «vaffanculo» ha finalmente un suo senso: dolente, vero e profondo, non per niente Adius è stata coverizzata in tempi recenti anche da Vinicio Capossela, considerato uno che di musica se ne intende, ed è il titolo stesso del film del 2011 di Enzo Alovisi a lui dedicato (e come al solito ignorato dai più). Provate voi a spiegarglielo a quel paraculo di Marco Masini.

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  1. In orrore a 33 giri si devono per forza leggere post idioti come questo? Non credo che possiate parlare di Ciampi, visto il vostro livello culturare misero

    1. L’articolo di Alex sembra tutt’altro che “idiota”, anzi, è un’analisi molto lucida di un brano del grande Ciampi che viene ahimé troppo spesso frainteso e banalizzato. Per il resto Orrore a 33 Giri si è sempre impegnato a trattare di musica ai margini. Cose bizzarre, fuori dai canoni tradizionali e poco conosciute non solo flop e musica “brutta”, e Piero Ciampi è il perfetto esempio di genio compreso solo troppo tardi che se ne fregava dell regole seguendo il suo stile personale in barba alle mode.

  2. Paradossalmente, ci è voluto Paolo Rossi- quando coverizzò ‘Te lo faccio vedere chi sono io’ nel 1998 per un CD antologico di Zelig- a farmi venire voglia di riascoltare Ciampi; consigliatissimo anche il capitolo a lui dedicato nel libro ‘Lontani dagli Occhi’ dedicato ad artisti grandissimi ma a volte dimenticati o trascurati (gli altri sono Fred Buscaglione, Sergio Endrigo, Nino Ferrer e Herbert Pagan).i

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