C’è qualcosa che urla più Festival di Sanremo del brano Perché Sanremo è Sanremo? Forse un brano che abbia nel titolo almeno tre volte la parola Sanremo, ma visto che ancora non esiste dovrete accontentarvi di questo.
Sigla dell’edizione 1995 della “splendida kermesse” condotta da Pippo Baudo, è stata composta da Pippo Caruso, alter ego musicale di Baudo e autore di colonne sonore purtroppo dimenticate, e scritta da Sergio Bardotti, autore tra gli altri di Lucio Dalla, Charles Aznavour, ma soprattutto paroliere della versione italiana di If I Had an Hammer cantata da Rita Pavone.
Perché Sanremo è Sanremo sarà la sigla di tutti i Festival di Baudo che seguiranno: 1996, 2002, 2003, 2007, 2008. La prima versione è cantata/rappata da Maurizio Lauzi, figlio di Bruno, mentre a partire dal 1996 la versione ufficiale diventa quella cantata da Rudy Nero dei Prefisso. Questo brano, musicalmente rilevante come una base karaoke, si è conquistato un posticino comodo nei nostri cervelli a furia di «PARAPPAPA» e ascolto forzato per una settimana all’anno, ennesima dimostrazione della superiorità di Baudo quando si tratta di Festival.
Quello che stupisce del pezzo è l’autoironia, pratica totalmente aliena alla manifestazione e all’intera regione che la ospita, presente nel testo. Il cantante spiega le sue alte aspettative rispetto alla musica: vuole canzoni che dicano tante cose, dirompenti come «un colpo di cannone» ma non violente, «che spari solo rose».
Abbiamo di fronte quindi una persona con gusti musicali più attenti al contenuto che alla forma, uno che probabilmente ama Imagine, We Are the World e Symbolum 77. Poi arriva un’esplicita ammissione: il protagonista si appassiona anche ai ritornelli scemi. Non è rigido, noioso, non ha un palo nel culo: è uno che se sente «trottolino amoroso dududadadà» non si tappa le orecchie urlando come un fighetto intellettuale, anzi si lascia andare alla corrente. E qui arriva l’autoironia: con una congiunzione causale, si unisce l’esistenza di Sanremo alla sua natura intrinseca. Non solo questa strofa lava la coscienza a chi fino a un secondo prima teneva i suoi guilty pleasure segreti, ma giustifica da qui in avanti, e, perché no, anche con effetto retroattivo, il fatto che Sanremo è il Festival dei ritornelli scemi, delle canzoni stupidotte o vuote. E va benissimo così, perché peggio di tutto questo è quando arriva l’impegno paraculo alla Non è l’inferno, o ancora peggio il politico serio che stride completamente con il contesto camp come un peshmerga in una cristalleria.
Nella strofa successiva il concetto viene ampliato: le canzoni sono «fiumi di parole» (quelli dei Jalisse arriveranno nel 1997, si saranno ispirati a questo verso? O è preveggenza? Prestidigitazione?) tutte uguali. Quindi non solo sono sceme ma pure monotone, queste canzoni di merda. Però potrebbero avere delle piccole ali, entrarti nelle orecchie e penetrare nel cervello fino a non mollarti più, come un’allegra malattia neurodegenerativa. E allora all’improvviso viene voglia di «cantareE-E-E-E-E-EH».
Questo è ciò che dice la strofa che si fa in tempo a sentire nella sigla del Festival, nella seconda parte il testo si fa più malandrino (le ragazze sanno di limoni, e di Zucchero filato nero, aggiungiamo noi) e continua l’autoaccusa: dopo un elenco di temi con cui la canzone italiana sanremese si è fatta la sua pessima nomea, il nostro uomo dice «diremo adesso basta ma non cambieremo», sapendo che anche se sarà tutto una disgrazia nessuno cambierà canale (dove tra l’altro non c’è nulla da vedere, visto che la tecnica usata per la controprogrammazione al Festival è quella di manco provarci, mandare tutti a casa e mettere su un film a caso). E sappiamo che anche quest’anno faremo così, staremo fissi una settimana su Rai Uno, anche se Pippo non c’è più e anche se la sigla ufficialmente non sarà questa, ma nella nostra testa dopo il Te deum dell’Eurovisione l’unica cosa che si può cantare è «PARAPPAPAPAPPAPA», un colpo di mitraglia ma che spara solo orrori.
Chiara Galeazzi
Perché Sanremo è Sanremo
Parappappapapparà
parappappapapparà
parappappapapparararara
pararà
Parappappapapparà
parappappapapparà
parappappapapparararara
pararà
Io sogno una canzone che dica tante cose
un colpo di cannone ma che spari solo rose
però poi mi innamoro di un ritornello scemo
perché Sanremo è Sanremo
Fiumi di parole sono tutti uguali
ma qualcuno di loro ha delle piccole ali
e con loro chissà magari voleremo
perché Sanremo è Sanremo, no?
All’improvviso viene voglia di cantare
insieme ad un altro viene voglia di cantare
Se viene voglia di cantare canteremo
proviamo a crederci e poi vedremo
Se viene voglia di cantare canteremo
Perché Sanremo è Sanremo
Parappappapapparà
parappappapapparà
parappappapapparararara
pararà
Parappappapapparà
parappappapapparà
parappappapapparararara
pararà
Viaggiatori dei sogni, cacciatori d’occasioni
mercanti, pirati, ladri d’emozioni
diremo “adesso basta” ma non cambieremo
perché Sanremo è Sanremo
Sanno di zucchero, di fragole e limoni
quanti gusti diversi le ragazze e le canzoni
fan ridere, fan piangere
ci ricascheremo
perché Sanremo è Sanremo, no?
All’improvviso viene voglia di cantare,
insieme ad un altro viene voglia di cantare
Se viene voglia di cantare canteremo,
proviamo a crederci e poi vedremo
Se viene voglia di cantare canteremo
Perche’ Sanremo è Sanremo!
Se viene voglia di cantare canteremo
proviamo a crederci e poi vedremo
Se viene voglia di cantare canteremo
Perché Sanremo è Sanremo
Parappappapapparà
parappappapapparà
parappappapapparararara
pararà
Parappappapapparà
parappappapapparà
parappappapapparararara
pararà