
Nel pantheon dei personaggi televisivi italiani la buon’anima di Pasquale Africano occupa un posto di tutto rispetto. Per noi, cresciuti negli anni ’80 e ’90, abituati a vederlo ogni giorno in divisa da poliziotto annunciare impettito l’entrata del giudice Santi Licheri nella nota trasmissione pseudo-legale Forum, Pasquale era l’adempimento della giustizia.
Per chi non conoscesse il programma, Forum inscena ogni giorno quanto accade quotidianamente nei tribunali civili italiani: alcune comparse ripropongono per la gioia del pubblico non pagante (trattandosi di Mediaset) processi civili pescati dagli archivi dei tribunali di tutta Italia, a beneficio di chi volesse intraprendere causa contro il vicino molesto che butta i mozziconi della sigaretta dal balcone direttamente sulle nostre teste o l’odiata cugina che vuole mettere le mani sul prezioso loculo una volta appartenuto alla cara nonnina. L’unica differenza tra Forum e un processo ordinario è che la sentenza arriva alla fine della puntata e non dopo 10 anni, ad andare bene. Motivo questo che rende la trasmissione la più affidabile istituzione legale del nostro trasandato paese.



Pasquale Africano, nato a Roma nel 1944, un passato da attore di fotoromanzi e da comparsa cinematografica (e anche volto e fisico del libro per adulti I Cento Modi – Far Bene l’Amore di Paula Hazell, edizioni Venus Press, anno 1982), interpretava nel programma il vigilante che, dal fondo della sala udienze, ricordava l’eterna presenza dell’autorità, ammonendo con sguardo severo le parti un po’ esuberanti e calmando le stravaganze dell’inferocito pubblico; a dispetto di questa austerità, dettata anche da un fisico prestante, sapeva tuttavia intercedere presso il giudice nei confronti di quelle persone che, pur nel torto, palesavano nelle loro storie una difficoltà data dalle durezze della vita e dai problemi di tutti i giorni.
La particolarità che forse caratterizzava maggiormente questo personaggio era tuttavia la sua voce. Un timbro vocale roco e profondo, che se da un lato impressionava i bambini, dall’altro sollevava i languori delle casalinghe italiane di tutte le età, che avevano eletto Pasquale a loro sogno erotico personale, forse anche grazie a un’edizione illustrata del kamasutra cui il buon Africano aveva prestato il prestante fisico anni addietro. Lo stesso era solito civettare in maniera castissima con le “sciure” del pubblico di Forum, non sottraendosi a battute e frecciatine a doppio senso, per l’ilarità della folla. In sostanza, una via di mezzo tra Moses Hightower di Scuola di Polizia e Frank Poncharello dei CHiPs, con voce alla Barry White: figlio di una televisione che purtroppo non tornerà più.
Forte di questa caratteristica, stiamo parlando della voce, Pasquale decide di tentare la carriera musicale. “Prendere o lasciare” vede la luce nel 1994 dove una base da pianola Bontempi accompagna un parlato alla Serge Gainsbourg in stile “Je t’Aime… Mois Non Plus” e un cantato alla Franco Califano. Tutto molto, molto alla lontana ovviamente, ma l’effetto è proprio questo. Un vero capolavoro, insomma.
Io sono fatto così
Prendere o lasciare
Campo giorno per giorno
E mi piace sognare
Vivo ogni esperienza
Anche le più casuali
Evito solo le cose
Quando sono banali
Mi diverte l’idea
Di cambiare i programmi
Perchè affronto l’incognita
Senza fare dei danni
Il mio sguardo è una sfida
col rifugio ho sognato
E’ soltanto questione di feeling
Sono un predestinato
Da ogni donna che incontro
Sono affascinato
Se mi offre l’amore
Resto abbagliato
So capire le donne
Le so coccolare
Per un gesto d’amore
Mi posso anche sbagliare
Dalla prima strofa, estremamente lenta e basilare, emerge il ritratto di un uomo sensibile ma schietto, genuino ma romantico, di poche pretese ma deciso e con l’inguaribile vizio dell’ammmoooore. Un ritratto che tiene fede alla tradizione da donnaiolo di cui sopra.
Ma da quel giorno – che ho visto te
Mi sono incasinato – come non avrei pensato mai
E da quel giorno – chissà com’è
soffro d’insonnia, fumo, bevo
Resto a casa, aspetto te.



A dispetto delle caratteristiche elencate nella prima strofa, Pasquale cade nel più ovvio dei tranelloni: il vero amore. Un amore dannato, probabilmente non corrisposto e fatto di lunghe e snervanti attese, tira e molla, indifferenza e indecisioni che hanno portato il nostro eroe a un passo da un abisso fatto di alcool, sigarette e forse sostanze psicotrope. Ne vale la pena? Certamente sì, almeno a sentire le parole del ritornello, cantato da un coro di voci femminili con una sonorità che potremmo ritrovare solo nella sigla di un telefilm stile I cinque del quinto piano:
Pasquale dai, dai non lasciari andare giù
Pasquale dai, noi non ti lasceremo mai.
Corroborato dall’affetto delle sue ammiratrici, Pasquale sembra concedersi una scappatella, ma con grossa premura: una liaison con una sgallettata non vale il rischio di perdere il vero amore, seppur non corrisposto:
Hey ragazzina, adesso non esagerare
Magari dietro l’angolo c’è lei,
mi vede insieme a te
e sono guai
E via di seconda strofa: qui Pasquale abbandona i canoni un po’ scontati della metrica cuore-amore per lanciarsi n voli pindarici più elevati, un viaggio interiore che suona come una vera e propria dichiarazione d’amore universale nella quale spicca l’ardita rima copione-marpione:
Ogni tanto mi prende la voglia
di scappare lontano
Volare nel cielo
come un bianco gabbiano
Sparire nel nulla
della mia insofferenza
Preso al cuore, colpito
dalla tua indifferenza
Non sono un bello, né un duro,
sono un sentimentale
E per amore saprei
alla mia libertà rinunciare
Ora aspetto di mettere ordine
in questo copione
non vorrei in fondo apparire
come un grande marpione
Quindi amica del cuore ti prego
non farti aspettare
E a questo punto cari amici una chiusura degna della penna di un Salgari:
Ho bisogno d’amore
e di un campo da arare.
Se questo non bastasse, come per tutti i singoli di successo esiste anche un altro brano (probabilmente il lato B di un singolo che non vide mai la luce): “Torturia” (noto anche come “…E pure amandoci”) riprende le tematiche presentate in “Prendere o lasciare”, indugiando però maggiormente sulla parte cantata. Qui le lacune vocali del buon Pasquale emergono in maniera più evidente, concedendo all’affamata platea una sequenza di stecche come non se ne vedono neppure nelle partite di snooker amatoriale. Accanto al parlato e all’immancabile coretto delle vergini, non possiamo esimerci dal riportare quella che forse è la chiave di volta dell’intero pezzo, vale a dire la rima iniziale «Proprio non ci sto / come uno yoyo / ciondolare no», nonché un attacco che non sfigurerebbe come sigla per una soap opera con Veronica Castro ambientata nelle Pampas, di quelle che tanto andavano di moda in quegli anni.



A dispetto della relativa fama e dell’affetto del pubblico, la carriera musicale di Pasquale Africano non decollò mai e le canzoni non andarono oltre la stretta cerchia di amici e conoscenti. Forse però è meglio così: preferiamo ricordare il povero Pasquale, scomparso nel 2008, come integerrimo e simpatico poliziotto, vero come i soldi di cioccolata e col vocione, piuttosto che come improbabile cantante di slow jam, anche e soprattutto alla luce dell’inquietante metafora sessuale-agreste che conclude “Prendere o lasciare”. Un vero e proprio orrore musicale da galera, per rimanere in tema legale. Così è deciso, l’udienza è tolta!