Neue Deutsche Welle new wave tedesca

Neue Deutsche Welle: 10 meraviglie nascoste della new wave tedesca

Un viaggio nella new wave tedesca tra sonorità sinistre e carri variopinti e glitterati

La new wave tedesca è un regno magico e multiforme, ricchissimo di zone d’ombra e sonorità sinistre alla Joy Division e Public Image Ltd (quindi, in questo caso, si dovrebbe parlare più propriamente di post-punk) così come carri variopinti, glitterati e apparentemente più scanzonati, tripudi di bassi e synth, melodie più gioiose alla Duran Duran e Spandau Ballet. Entrambi questi aspetti sono finiti purtroppo nel calderone sotto la sigla battezzata dal critico musicale Alfred Hilsberg Neue Deutsche Welle (NDW). Ovviamente racconteremo in breve la parte più gioiosa della NDW attraverso delle chicche fantastiche.

ZaZa – Zauberstab (1982)

ZaZa, al secolo Peter La Bonté, conquista stuoli di giovani ed indigna anche un nutrito gruppo di benpensanti con la sua hit Zauberstab (“bacchetta magica”). Un conturbante riff di basso apre il pezzo. Con timbro gutturale il signor La Bonté sembra quasi dare il via alla solita canzoncina d’amore dedicata a una lei inattingibile e sublimata. Invece l’ode prende un taglio molto corporeo: «Mit dieser Zaubermacht wachst du meine Lenden auf / (…) Du hast Beine, die Säulen deiner runden Pracht / Deine Beine sind ganz speziell für mich gemacht» (“Con questo potere magico risvegli i miei addominali / (…) Tu hai delle gambe, le colonne del tuo tondo splendore / Le tue gambe sono fatte apposta per me”). Si giunge all’apogeo con l’accattivante ritornello in rima, in cui si ode un coretto di streghe un po’ kitsch e il nostro ZaZa enfatizza la “r” quasi à la Hitler: «Du bist die schönste aller Hexen, alles an dir ist rrrrreiner Sex / wenn ich dich kriege, zeigt dir mein Zauberstab die Liebe» (“Sei la più bella di tutte le streghe, ogni cosa di te è purrrrrro sesso / quando ti avrò, la mia bacchetta magica ti mostrerà l’amor”). Non occorre disporre di una grande immaginazione per cogliere la metafora erotica piuttosto dozzinale, tant’è che la canzone viene bandita dalle radio, ma diventa comunque un grande successo e rientra nella colonna sonora del film Die flambierte Frau (“La donna in fiamme”) del 1983, in cui una casalinga borghese e annoiata lascia il marito, diventa una prostituta, domina e si innamora di un gigolo con cui condivide sentimenti e interessi (il sadomasochismo).

Spliff – Carbonara (1982)

Un anno prima dello straordinario avvento musicale di Zuppa romana degli Schrott Nach 8, un altro gruppo tedesco rende omaggio a un’altra colonna portante della cucina italiana, la pasta alla carbonara, sfondo culinario di un futile amore estivo in Riviera. Un biondo bellimbusto d’oltralpe fa il cascamorto con una fanciulla italiana (nel testo si parla di una certa «senorina» – spagnolo o italiano, è uguale, anzi facciamo entrambi) invitandola a mangiare un gustoso piatto di pasta. Parallelamente all’avvincente liaison si delinea un ritratto dell’Italia denso di contraddizioni in un pastiche linguistico italo-crucco: «Brigate Rosse e la Mafia, distruzione della Lira», ma anche il «Paese dei lìmoni, baciato da sole calda» (in tedesco il sole – “die Sonne” – è femminile) e dei «Gelati Motta con brio». Benché gli Spliff vengano annoverati tra i massimi esponenti della Deutsche Neue Welle (probabilmente per i loro trascorsi nobili come backing band di Nina Hagen), propongono soprattutto in Carbonara sonorità ibride tra pop, new wave più canonica e persino reggae. Inoltre ostentano senza tema un outfit orrido e una sezione ritmica di tutto rispetto.

Joachim Witt – Goldener Reiter (1981)

Goldener Reiter (“Cavaliere dorato”) è uno splendido brano surreale di Joachim Witt uscito nel 1981 e divenuto un pilastro del genere. Non ha nulla a che vedere con manga vari o con i Cavalieri dello Zodiaco, narra invece la vicenda di un uomo rinchiuso in una clinica psichiatrica per schizofrenia. Il video si apre con Joachim e la band su una nuvola sospesa su una città quasi desertica. Pochi secondi dopo, il gruppo si sdoppia e irrompe anche in primo piano. Ogni tanto s’intravede in lontanza la clinica, ma ad imporsi è poi la presenza di tre giovani infermiere dalla divisa corta e attillata che, alla fine, portano via il delirante paziente (impersonato da Joachim Witt stesso) mentre cantano in coro, quasi con suadenti voci da civettuole, il ritornello «Hey, hey, hey, ich war der goldene Reiter» (“Hey, hey, hey, ero il cavaliere dorato”). La band, nel frattempo, svanisce nella nebbia. Si segnala la straziante cover del brano realizzata nel 2002 da Nino De Angelo (il quasi omonimo italo-tedesco del nostro prodigio partenopeo).

Foyer des Arts – Wissenswertes über Erlangen (1982)

«Tutto quello che c’è da sapere su Erlangen», recita il titolo del brano dei bavaresi Foyer des Arts. Cosa avrà mai Erlangen, cittadina bavarese di circa 100.000 abitanti (che in Germania vuol dire estremamente tranquilla)? È come se qualcuno scrivesse un pezzo sulla mirabolante Lodi e sull’irresistibile tran tran di Varese. All’inizio di questa Wissenswertes über Erlangen si sente il roco e ruvido canto dei gabbiani, peccato che in Baviera il mare non ci sia. La canzone è la caricatura di un tour cittadino di Erlangen a cui prendono parte i proverbiali turisti tedeschi un po‘ attempati e imbolsiti, con i sandali, i calzettoni bianchi e le camicie-tovaglia. Il ritmo sincopato, il rumore stridente ed isterico del violino e il gracchiare della tromba accompagnano il dialogo assurdo tra i turisti inizialmente interessati e cortesi e la guida, che racconta il nulla su Erlangen («Hier links ist eine Kirche, sie wurde erbaut in der Vergangenheit (…) / Jetzt kommen wir zum Marktplatz, im Volksmund auch das Stadtzentrum genannt» – “A sinistra si trova una chiesa che è stata costruita nel passato (…) – ora giungiamo alla Piazza del Mercato, definita nel gergo popolare anche Centro Città”).

Nonostante il tour penoso, le vecchiette esprimono la propria ammirazione per la guida e la località nel cantilenante ritornello e infarciscono il dialogo di ulteriori cliché, dicendo cose come «ma si ricorda tutto questa guida, è proprio bravo, qui ad Erlangen sono tutti così gentili ed ospitali (e salutano sempre)». Poi, però, vedono mozziconi di sigaretta a terra e i toni s’inaspriscono. Erlangen perde lustro in pochi secondi e i turisti borghesi tessono le lodi di altri posti tedeschi dal dubbio fascino come Iserlohn, Wolfsburg e Bielefeld (quest’ultima è vittima, tra l’altro, di una leggenda metropolitana analoga a quella sul Molise – non esiste).

Spider Murphy Gang – Skandal im Sperrbezirk (1981)

La Baviera, si sa, è ipercattolica e conservatrice e, mentre illude i turisti con brutte manifestazioni alcoliche tipo l’Oktoberfest, gestisce con il pugno di ferro questioni come la prostituzione, che nel resto della Germania è generalmente legale. All’inizio degli anni ’80 la si vuole bandire dal centro della città di Monaco e si designa la zona in cui è vietata come Sperrbezirk. Il fenomeno interessa la band Spider Murphy Gang, che diventa inizialmente celebre per i testi in dialetto bavarese, e ci scrive persino una canzone. Tra riff di chitarra vagamente rock’n’roll, grezza batteria anni ’80 e insopportabili e ossessivi innesti di tastiera, si racconta la storia della prostituta immaginaria Rosi (nome di un’amica del leader della band – che bel tributo), che ruba i clienti alle altre colleghe che risiedono al di fuori della zona proibita. Rosi infrange le regole e se ne sbatte dell’etica delle mignotte. Le radio bavaresi si rifiutano di trasmettere la canzone per la parola “battona” (Nutte) presente nel testo e all’epoca una vecchina inizia ad essere importunata dopo il successo della canzone perché il numero di telefono della prostituta immaginaria Rosi 32 16 8 esisteva davvero ed era il suo.

Grauzone – Eisbär (1981)

È un po’ ingiusto definire Eisbär orrore. Il brano è il più grande successo della band svizzera Grauzone (“area grigia”) e viene definito dal batterista della band Marco Repetto come «futuristico» (purtroppo non si è a conoscenza di alcuna parentela tra Marco e il nostro Mauro). L’atmosfera è molto spoglia e glaciale, pervasa dai sintetizzatori e sostenuta da una poderosa linea di basso che fa da impalcatura all’intero pezzo. È una canzone quasi rotta da synth rabbiosi, anche se parla del desiderio di essere un placido orso polare: «Ich möchte ein Eisbär sein im kalten Polar / dann müßte ich nicht mehr schrei’n / alles wär’ so klar» (“Vorrei essere un orso bianco al freddo polo / così non dovrei più urlare / tutto andrebbe bene”). Lo spunto per il testo deriva da un incubo del cantante Martin Eicher in cui degli orsi polari parlanti sono appesi a un muro. Roba brutta, quasi da Trainspotting; figlia probabilmente di droghe, noia e troppo formaggio in quel di Berna. Nel popolare video due ragazze dai capelli pericolosamente cotonati e dall’abbigliamento pacchianissimo si mettono il rossetto e ballicchiano in una specie di cantina buia dai bagliori blu.

Peter Schilling – Major Tom (Völlig losgelöst) (1982)

L‘inizio tamarrissimo fa inevitabilmente presagire un pezzo col botto e le aspettative non sono affatto disattese. Il titolo è un evidente riferimento a Space Oddity (1969) di David Bowie e anche qui il protagonista, l’astronauta Major Tom, abbandona il pianeta blu per non farvi più ritorno. La storia è raccontata abbandonando completamente le atmosfere psychedelic-folk dell’originale e si raggiunge uno degli apici della new wave teutonica con il travolgente ritornello che esplode dopo le prime due strofe quasi sussurrate. Molto celebre è anche la versione in inglese, a cui ha conferito nuova popolarità il povero Gale Boetticher in Breaking Bad: vi ricordate quando Hank ritrova un video in cui Gale dà prova delle proprie abilità canore in una sorta di karaoke con i sottotitoli in thailandese? Sta proprio cantando Major Tom. R.I.P. Gale.

Geier Sturzflug – Bruttosozialprodukt (1983)

Una canzone new wave che si intitola “Prodotto Interno Lordo” non può che destare la nostra attenzione. In realtà Bruttosozialprodukt è una godibile parodia dell’inossidabile quanto produttivo senso del dovere teutonico, soprattutto dello spregiudicato capitalismo della Germania Occidentale degli anni ’80: produci, consuma e crepa a testa bassa. L’ossessione per la puntualità e la roboante parola chiave «Arbeitstakt» (“ritmo lavorativo”) vengono cantate da Friedel “belli capelli” Geratsch su una melodia in sapor di ska accattivante, coinvolgente e apparentemente spensierata. «Ja, jetzt wird wieder in die Hände gespuckt Wir steigern das Bruttosozialprodukt» (“Sì, adesso ci si rimbocca le maniche e aumentiamo il PIL”), intona trionfante, accompagnato dal sax e dal gioioso clap clap dei compagni di band e del pubblico rapito. La canzone non venne colta come una parodia e fu oggetto di un fraintendimento interessante: i cristiano-democratici della CDU, interpretandola come inno all’etica professionale tedesca, la scelsero addirittura come hit del partito.

Extrabreit – Hurra, Hurra, die Schule brennt (1982)

Gli Extrabreit (letteralmente “extralarge”) prendono il nome da un pennarello e si distinguono all’inizio degli anni ’80 con una delle hit storiche della new wave tedesca: Hurra,  Hurra, die Schule brennt (“Hurra, hurra, la scuola brucia!”). La canzone si colloca tra il punk rock orecchiabile e paraculo e delle sonorità più pop. Il titolo è tratto da un film tedesco omonimo uscito nel 1969 e l’avvincente testo riguarda un gruppo di ragazzi in visibilio per l’incendio della loro scuola. Il frontman di allora, Horst-Werner Weigand, originario della  ridente cittadina di Sömmerda (Germania Orientale), canta con convinzione il ritornello incalzante, tant’è che il brano fu bollato ai tempi come un’incitazione all’incendio doloso e fu trasmesso raramente alla radio.

Markus – Ich will Spaß (1982)

A volte succede che si provi l’irrefrenabile desiderio di prendere a schiaffi un cantante solo sentendone per pochi secondi la voce immateriale ed è proprio il caso di Markus in Ich will Spaß (“Voglio divertirmi”). Prima che lui dia prova delle sue abilità canore, s’impone il synth martellante e ossessivo quasi in stile Enola Gay. Si possono apprezzare meglio le doti del nostro guardando il video della performance durante una trasmissione con il solito conduttore tedesco impettito di mezza età piuttosto ignaro di quello che sta accadendo. Dopo l’intro di synth, Markus corre impacciato sul palco e, assumendo un’espressione da beota, inizia a cantare istericamente la sua Verità. Quale sarà la sua fonte di divertimento? Guidare la sua Maserati a 210 km/h e, siccome riesce a non farsi vedere dalla «Polizei» (che prode!), continua ad accelerare («Ich geb’ Gas – Ich will Spaß!»), fregandosene del prezzo della benzina. Sfortunatamente esiste anche un film intitolato Gib Gas – Ich will Spaß (“Accelera – Voglio divertirmi”) del 1983, in cui Markus recita e duetta con Nena (la cantante di 99 Luftballons).

Fuori classifica: Kiz – Die Sennerin vom Königssee (1982)

Premio della critica per i Kiz che direttamente dal Baden-Württemberg (una regione sul lato sud-ovest della Germania) presentano la delirante e ipnotica Die Sennerin vom Königssee (la lattaia del Königssee), nel cui video vediamo questa cotonata ragazzona bionda con un costume tradizionale ballare come un’indemoniata in una cornice a dir poco tirolese. Siamo pericolosamente vicini alla genialità dei Die Woody’s.

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