Michael Jackson sarà stato anche il “re del pop”, e più in generale il Re Mida della musica, ma con il cinema non ha mai avuto molto feeling, nonostante le collaborazioni prestigiose con i registi John Landis e Martin Scorsese, rispettivamente per i videoclip di Thriller e Bad. Le uniche due parti sul grande schermo sono state lo spaventapasseri in The Wiz del 1978 (rilettura in chiave moderna de Il mago di Oz) e una versione idealizzata di se stesso ben dieci anni dopo in uno strampalato film auto-celebrativo; una mera scusa per esaltare più il suo complesso messianico che la sua arte.
Moonwalker del 1988 è in sostanza un lungo montaggio di vari videoclip scollegati tra loro, ciascuno basato su una canzone tratta dall’album Bad pubblicato nel 1987. In origine infatti il film sarebbe dovuto uscire in contemporanea al supporto sonoro, come una sorta di gigantesca pubblicità, ma per vari motivi non fu così. Il risultato è una pellicola senza una vera trama, tutta effetti speciali e ovviamente canzoni, ma carente in tutto il resto.
Il film si apre con il logo personale di Michael Jackson, giusto perché non era chiaro chi ci fosse dietro a tutto questo. Il segmento iniziale, sulle note della versione live di Man in the Mirror, è già molto indicativo sul contenuto generale della pellicola: immagini di fan in delirio a un concerto sono intervallate da clip di John Lennon, JFK, Gandhi, Martin Luther King e altri noti personaggi pubblici che probabilmente l’artista considerava come suoi pari. Poi inizia un medley che ripercorre tutta la sua carriera dagli inizi con i Jackson Five in avanti, condito ogni tanto da qualche effetto speciale come un robottino animato in stop-motion che imita i suoi noti passi di danza.
Arriviamo quindi al presente (di allora) con lo storico clip di Bad che però è per qualche motivo una sua copia quasi esatta, recitata da uno stuolo di bambini truccati in modo da essere quanto più simili agli attori originali, con un effetto complessivo abbastanza straniante.
La scena si sposta poi negli studios in cui il suddetto clip sta venendo girato e il bambino che interpreta Michael Jackson è sostituito dall’originale che viene inseguito da una folta schiera di grotteschi pupazzi in claymation che vogliono fargli la pelle; il cantante quindi si traveste da coniglio gigante per passare inosservato (!?), ma scatta un interminabile inseguimento ad alta velocità che serve come scusa per inserire la canzone Speed Demon.
Senza motivo il costume da coniglio prende vita per sfidare Jackson a chi fa le mosse di danza più sborone, fino a quando il protagonista viene multato da un poliziotto che passava di lì per non aver rispettato il divieto di ballo. Un esempio della sua mania di persecuzione?



Subito dopo parte Leave Me Alone che accompagna un altro clip in cui la vita di Michael è rappresentata come una sorta di luna park, un riferimento ai tabloid scandalistici (i cui giornalisti sono visti come ibridi uomo-cane) che lo dipingono come un fenomeno da baraccone. Il modo in cui tutto questo viene rappresentato ottiene però l’effetto opposto, facendo sembrare Jackson ancora più prigioniero delle proprie ossessioni.
Incredibilmente siamo arrivati quasi a metà film e ancora non è successo praticamente nulla, ma niente paura perché finalmente inizia la storia vera e propria (per modo di dire). Michael Jackson si scontra con Mr. Big, un signore della droga interpretato da Joe Pesci con i suoi tipici toni sopra le righe, accompagnato da un esercito personale di cyber-soldati nerovestiti e armati di fucili rubati dal set di Alien.



Questo cattivone desidera rendere dipendenti dalle sue sostanze tutti i bambini del mondo (ricordiamo che erano gli anni ’80, il periodo di «Just say no to drugs») e Michael, che i bambini li amava, demolisce da solo l’intera organizzazione criminale. Come? Grazie a poteri inspiegati (sottintendendo che sia una sorta di messia alieno sceso sulla Terra) il protagonista può infatti diventare un’automobile futuristica, un robottone simil-Transformers e un’astronave massacrando tutti quelli che gli si oppongono. Meno male che era un pacifista. Tra l’altro va notato come questa parte della sceneggiatura sia interamente opera di Jackson, del resto chi avrebbe osato dirgli di no?



Gli effetti speciali, compreso l’uso di computer grafica, sono interessanti per il 1988 e tuttora validi, così come le coreografie, specie quelle nel video che accompagna Smooth Criminal (che però non si capisce bene cosa c’entri con il resto del film, data anche l’ambientazione in stile gangster anni Trenta), ma tutto il resto risulta involontariamente grottesco ed esilarante se rivisto oggi e probabilmente anche già allora.
Una curiosità: uno dei tre orfanelli che appaiono lungo tutto il segmento, e che vengono invitati al mega-concerto nel finale, non è altro che Sean Lennon, il figlio di John e Yoko. E, a proposito di Beatles, l’esibizione che chiude il film è una cover di Come Together, che ritroveremo nell’album HIStory ben sette anni dopo.



Grazie alla passione di Michael Jackson per i videogame e al potere del marketing nel 1990 spuntò anche un videogioco omonimo per home computer, arcade e console ispirato al film e sorprendentemente decente (se volte fare un salto nel passato oggi potete giocarci online).
Merita una citazione particolare la versione per il SEGA Master System e Mega Drive che omaggia anche altre canzoni della popstar non presenti nel film come Thriller.
In definitiva, i fan più integralisti di Wacko Jacko avranno gridato al miracolo (letteralmente), mentre per tutti gli altri Moonwalker è solo un bizzarro video di MTV troppo lungo, senza logica né vergogna, il capriccio di un ricco annoiato che anticipa il suo delirio di onnipotenza degli anni Novanta: un periodo che, se da un lato lo consacrerà come una delle poche vere star planetarie, dall’altro lo renderà indigesto a molti e lo farà diventare la macchietta di se stesso. Almeno fino alla tragica scomparsa, ma questa è un’altra storia.