Vi dico la verità: io Maria Sole (al secolo Mara Vittoria Solinas) non l’ho capita.
Vi giuro che ci ho provato in tutti i modi, ma non ci sono riuscito.
Attrice? Cantante? Poetessa? Artista avant-garde a tutto tondo? O semplice follia sotto mentite spoglie?
Dopo l’esperienza “a tre” assieme al futuro marito Armando Stula e alla sorella Marisa con lo scandaloso 45 giri Amo Sentirvi, in cui nel lontano 1968 il trio celebrava un turbinio malcelato di passioni orgiastiche e incestuose in un’Italia ancora fortemente legata ai valori tradizionali della famiglia e della religione, la nostra continua la sua personalissima ricerca artistico-musicale con le canzoni tratte dai suoi spettacoli di teatro-canzone, formula che sarà tanto cara a Giorgio Gaber.
Ma se nel caso del cantautore milanese la musica, pur evirata della sua parte teatrale, si mantiene forte, pregna e ficcante, nel caso di Maria Sole l’effetto è quantomeno straniante.
Ascoltare il suo primo album All’amore pubblicato nel 1979 è come guardare Alice nel paese delle meraviglie di Walt Disney dopo aver assunto pesanti dosi di LSD. Come novella eroina di questo mondo al di là dello specchio, Maria Sole ci prende per mano per condurci attraverso i suoi piccoli dieci deliri, tra monologhi strampalati e surreali, e canzoni sperimentali, dove la parola celebra il divorzio tra significato e significante per tornare a essere puro suono.
https://www.youtube.com/playlist?list=PLZIuE-cc37xLl3tDmSXIfUlpOT9Z2PCFg
Tutto molto bello, ma purtroppo per gli ascoltatori Maria Sole non è Syd Barrett e tutto questo pot-pourri di suoni e sensazioni non si traduce in un opus di musica psichedelica sghemba, ma piuttosto in cinquanta minuti di sonorità atroci per le orecchie e stranianti per il cervello. Insomma la perfetta outsider music per chi ha le orecchie aguzze.
Il problema più grosso che si pone davanti all’ascoltatore è la totale assenza di una linea guida, di un percorso, di una benché minima struttura compositiva. Probabilmente con il supporto visivo sarebbe diverso, ma non ci scommettiamo.
Difficile superare la soglia della sopportazione di canzoni-mantra come Bestia, Regne gnenè gnegnè, Sono a fare pipì e Okay, basate sulla ripetizione ossessiva dei rispettivi titoli, mentre il resto è una raccolta di monologhi sperimentali teatro-musicali che giocano tra provocazione e comicità più o meno volontaria.
In altre parole All’amore è un disco inascoltabile tutto d’un fiato, ma a suo modo affascinante se preso a piccole dosi.
Tracklist:
A1. Bestia
A2. Chi Mi di Darà Coraggio
A3. Regne Gnenè Gnegnè
A4. Okay
A5. E Come è che è Nato il Mondo
A6. Sono a Fare Pipì
B1. Per Te Vivrò
B2. Zio Domenico
B3. La Santità di Nome
B4. Una Madre Una Figlia Una Nonna