Lucio Battisti: la discografia bianca

Esperimenti cervellotici guidati dai testi assurdi di Pasquale Panella o coraggiose sperimentazioni senza condizionamenti?

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Per raccontare la storia dei “dischi bianchi” di Lucio Battisti si potrebbe partire benissimo con un incipit degno di una favola e più o meno suonerebbe così: c’era una volta il cantante più nazional-popolare mai avuto sul suolo italico che un bel giorno decise di sparire dalla scena pubblica, rompere un sodalizio pluridecennale con Mogol, a sua volta uno dei più famosi e importanti parolieri della musica di casa nostra, fatto di innumerevoli successi entrati per sempre nella memoria collettiva, per darsi a una nuova produzione musicale tanto suggestiva quanto indecifrabile, ostica e anomala. E i fan NON vissero tutti felici e contenti. Ma procediamo con ordine.

1982-1986: da E già al Don Giovanni passando per Adriano Pappalardo

Dal 1980 la storica coppia Mogol-Battisti non esiste più. Il binomio che pareva indissolubile e che riempì il juke box della musica italiana di classici intramontabili si congeda con il sottovalutato Una giornata uggiosa, un album che contenteva nell’ultima traccia, la famosissima Con il nastro rosa, due versi cui era impossibile prevedere una risposta: «Chissà che sarà di noi? / Lo scopriremo solo vivendo».

Adriano Pappalardo Oh! Era Ora

Dopo la parantesi del primo album post Mogol E già del 1982 dove i testi sono scritti da Grazia Letizia Veronese, la moglie di Battisti  (anche se c’è chi pensa che fu Lucio stesso l’autore), galeotto fu il disco di Adriano Pappalardo, un personaggio che a pensarla oggi, viste le sue frequentazioni con la TV spazzatura nel suo recente passato, si fatica a immaginare accanto a un patrimonio nazionale come Battisti.

Amiconi di lunga data legati dalla passione per il windsurf i due lavorano a Oh! Era ora, il sorprendente album elettronico di Pappalardo del 1983 per il quale Lucio oltre a curare la produzione suonò la chitarra e il sintetizzatore. Fu proprio in quel contesto che il cantante di Poggio Bustone ebbe modo di provare di prima mano l’autore dei testi dei brani: il poeta Pasquale Panella che per quell’occasione utilizzerà lo pseudonimo di Vanera.

Ma chi era Pasquale Panella? Da una parte un poeta noto per le sue liriche ermetiche, costruite su giochi di parole, doppi sensi e immagini surreali, già collaboratore del giovane Enzo Carella che diventerà paroliere non solo di Battisti ma anche d’innumerevoli big della canzone pop italiana (Zucchero, Mina, Mango, Anna Oxa e tanti altri), dall’altro è il responsabile del ritornello di Vattene amore, nefasto duetto tra Amedeo Minghi e Mietta con quel terribile «trottolino amoroso / du du, da da da».

La nuova coppia sforna il primo album nel 1986 con il titolo di Don Giovanni, probabilmente uno dei più bei dischi in assoluto di Battisti, ma allo stesso modo un disco di transizione: da un lato muscalmente ancora legato al “vecchio Battisti” in cui Panella inserisce le parole sulle melodie già scritte dal cantante, dall’altro i testi instillano nell’ascoltatore un senso d’estraniamento marcando indelebilmente il confine del “nuovo Battisti”.

Nonostante la singolarità dell’opera il pubblico l’apprezzò e le vendite garantirono un terzo posto nella classifica dei dischi più venduti di quell’anno chiudendo di fatto il periodo del successo commerciale di Lucio Battisti. Con i successivi quattro “dischi bianchi” (per via delle copertine spoglie e minimali) ci sarà un progressivo e inesorabile crollo delle vendite sia per la mancanza assoluta di promozione, sia per la proposta artistica avulsa dalla musicalità del repertorio precedente dell’autore non ché della musica contemporanea tutta. Veri e propri oggetti alieni, presentati alle case discografiche a scatola chiusa, di cui solo negli ultimi anni si sta scoprendo l’effettivo valore e che testimoniano tutto il coraggio di Lucio Battisti nel voler perseguire una propria scelta di ricerca musicale a prescindere dai gusti del pubblico.

L’apparenza (1988)

lucio battisti discografia bianca

Negli anni’80 Lucio era così distante dall’artista che era stato più di dieci anni prima e nel 1988 l’uscita de L’apparenza mise subito in chiaro le cose, ovvero che il suo nuovo percorso non era nato per dare vita ad un unica opera e che i fan potevano mettersi l’anima in pace: i tempi delle melodie e dei ritornelli da cantare a squarciagola erano più che finiti.

Con questo disco il modus operandi della lavorazione viene completamente invertito e le musiche vengono adattate a testi precedentemente concepiti. Ed è proprio questo cambio di schema lavorativo che rende il lavoro il meno riuscito del lotto proprio perché, pur sfoggiando le stesse caratteristiche dei dischi che verranno e la stessa ottima realizzazione, risulta il meno memorabile.

Durante l’ascolto sembra quasi che lo stesso Lucio debba prendere confidenza con questa nuova strada compositiva e quei pochi accenni di melodia che compaiono qua e là non sono accattivanti come nel disco precedente. Specchi opposti, Dalle prime battute o A portata di mano emergono rispetto alle altre composizioni per più di un tocco di bellezza ma si tratta di una bellezza di caratura minore.

C’è da segnalare, inoltre, un punto d’arrivo e uno finale: il primo riguarda la copertina per la prima volta totalmente bianca e raffigurante il disegno di una semplicissima credenza scarabocchiata (d’ora in avanti le copertine saranno realizzate dal cantante stesso), il secondo vede per l’ultima volta la presenza degli archi come parte integrante degli arrangiamenti.

La sposa occidentale (1990)

lucio battisti discografia bianca

La sposa occidentale raggiunge ancora una volta le alte vette della classifica ma fu solo un fuoco di paglia fomentato dalla speranza, malcelata, dei fan di ritrovare le canzoni del Battisti che fu. Risulterà essere solo il 17° più venduto dell’anno, segno di una crescente perplessità da parte del pubblico ma anche della critica. Tuttavia Lucio Battisti non solo non cederà mai di un passo rispetto alla sua concezione della musica, convinto che sia il pubblico a dover andare incontro all’artista e non viceversa, ma affinerà certe caratteristiche già apparse ne L’apparenza, quali un totale utilizzo di strumenti elettronici e un’abbondante presenza di certe sonorità dal sapore quasi dance.

Il risultato finale di questa ricerca vede la luce nel 1990 non più pubblicato con la sua Numero Uno ma dalla CBS e sfoggia in copertina questa volta un quadro stilizzato. Alla produzione troviamo per la seconda volta il produttore inglese Greg Walsh (già produttore e batterista per Don Giovanni), collaboratore di Battisti come tecnico del suono ai tempi dell’album Una donna per amico, che fu il primo disco che venne registrato a Londra così come tutti quelli seguenti.

Il secondo disco bianco è un gradino superiore del suo predecessore, confermando e migliorando le solite caratteristiche stranianti della nuova produzione che ricordiamo essere musica volutamente fredda con testi cervellotici e complessi. Eppure questa volta fa capolino più d’una intuizione melodica: i brani risultano meno ostili all’ascolto e su tutti vale l’esempio della splendida title track che ebbe addirittura l’onore di essere trasmessa frequentemente in radio e ricordata per certi passaggi del testo spiazzanti e geniali quali:

Vuoi prendere un treno di notte pieno di paralumi e di damasco per dormire
se no a che serve un treno?

L’atmosfera generale risulta essere totalmente immersa in un’algida matrice elettronica per certi versi straniante (se accostata alla voce di Battisti) alle orecchie di chi ancora non è abituato a concepirlo come un artista d’avanguardia, ma in generale il disco funziona e tra i suoi brani migliori spiccano Campati in aria e Potrebbe essere sera. Tutte canzoni che non potranno mai e poi rivaleggiare con il suo passato musicale in termini di popolarità ma che proprio per questo motivo risultano affascinanti, per via di quest’aura misteriosa che li rende ancora oggi indecifrabili e quasi immanenti.

Cosa succederà alla ragazza (1992)

lucio battisti discografia bianca

Passano altri due anni e la vena prolifica della coppia Battisti-Panella non solo non si placa ma non vede alcun calo di tono. I due proseguono imperterriti nonostante le vendite siano un pallido ricordo dei fasti di un tempo e il pubblico inizi a rimpiangere il vecchio compagno d’avventure Mogol, tanto che alle voci di una possibile riconciliazione tra quest’ultimo e il cantante reatino tutti sperano nella futura uscita di un lavoro che ricalchi i successi del passato con le sue atmosfere semplici e cantabili. Questo non accadrà mai e l’uscita di Cosa succederà alla ragazza nel 1992 afferma invece che il sodalizio con il nuovo paroliere è saldo e dà frutti sempre migliori.

Prodotto stavolta da Andy Duncan (ha lavorato tra gli altri con Wham!, Robbie Williams e Pet Shop Boys tanto per citarne qualcuno) e con in copertina le semplici iniziali C.S.A.R. scarabocchiate a mano, il disco vira ancora in maniera più estrema su sonorità che spaziano dall’elettronica quasi ballabile della title track al dub di Però il rinoceronte e Ecco i negozi (che vede anche alcuni punti di solo parlato), fino a echi di quasi-rap in Cosa farà di nuovo.

Il tutto però stavolta giostrato con melodie più orecchiabili del solito e strutture che riportano a una costruzione più ordinaria dei brani. Fra tutti spicca La metro eccetera, forse il brano più tradizionale di tutti quelli contenuti nei dischi bianchi con il suo bel testo più comprensibile del solito che parla dei viaggiatori di un vagone della metropolitana e della loro solitudine con versi come:

La metro, i seduti di fronte
sono semplicemente gli avanzati
dal viaggio precedente
che andava dove vanno
tutti i presentimenti, eccetera

Curiosamente, di questo brano ne farà una cover raccolta in un tributo a Battisti Max Pezzali (unica canzone su due CD del periodo “panelliano”).

Hegel (1994)

lucio battisti discografia bianca

Nel 1994 questo lungo “viaggio bianco” vede la fine e sono molte le persone che in quella semplice “E” maiuscola posta sulla copertina del disco ci leggono la parola “end”, fine appunto. Dopo la parentesi della CBS prima e della Columbia poi, Lucio Battisti ritorna là dove tutto era iniziato, all’etichetta Numero Uno, e qui chiude in modo definitivo la sua ultraventennale carriera artistica con un lavoro, l’unico della sua carriera a essere uscito inizialmente solo su CD, il cui titolo è tutto un affascinante programma: Hegel.

Sono molti i richiami alla vita e al pensiero del filosofo tedesco che si possono riscontrare tra i versi dei vari brani, dove la coppia Battisti e Panella si mostra come siano diventati degli abili artigiani nel far convivere perfettamente melodia e ostilità. È il caso della title track come di Estetica, Tubinga (il nome della città dove Hegel visse e insegnò) e La bellezza riunita, La moda del respiro o La voce del viso che fanno di questo album una vera perla. Canzoni strabordanti di ritmiche incisive, pulsioni elettroniche, computer, suoni freddi e testi ancor più che mai complessi e suggestivi. Quei testi che, per tutta la durata della loro collaborazione, Lucio leggeva e giudicava perfetti solo se non ci capiva niente.

Hegel ha il compito di chiudere il cerchio sulla sua straordinaria carriera artistica. Già subito dopo la pubblicazione Panella dichiarò che sarebbe stata la sua ultima collaborazione con il cantante. Seguirono quattro anni di silenzio totale conditi da voci di alcuni inediti scartati dalle pubblicazioni dei dischi precedenti, una nuova collaborazione con Mogol e addirittura la presunta esistenza di un disco mai pubblicato e conosciuto tra i fan e gli addetti ai lavori con il nome di Postumo.

Purtroppo Lucio Battisti scomparve il 9 settembre 1998 e anche la sua morte rimase avvolta nello stesso silenzio che aveva accompagnato la sua vita negli ultimi 18 anni, lontano dalle luci del palcoscenico, dai media e dal pubblico. Un silenzio che ancora oggi avvolge la sua figura in quanto la famiglia, proprietaria delle edizioni musicali, è restia a cedere autorizzazioni e approvazioni a qualunque iniziativa riguardante la commemorazione della sua musica, siano esse cover dei suoi brani, festival, pubblicazione del catalogo musicale su internet.

La sua musica tuttavia oggi è ancora più viva e celebrata che mai. Ovviamente è il periodo con Mogol quello che fa più incetta di ricordi, celebrazioni nostalgiche tanto care a Carlo Conti o prodotti copia carbone come gli Audio 2 che ci hanno costruito sopra una carriera, mentre “il periodo bianco” spesso o non viene capito oppure viene liquidato frettolosamente come cervellotico. In realtà questi album rivelano tutto il coraggio di un artista (sicuramente privilegiato da ricchezza, fama e forza contrattuale) che rinunciò alla visibilità, alle classifiche e alle alte vendite per poter semplicemente fare quello che desiderava: sperimentare, scoprire nuove soluzioni musicali ed essere coerente con se stesso, senza condizionamenti da quel mondo esterno da cui era faticosamente fuggito.

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  1. Gli “album bianchi” (che sono 5 e non 4) sono talmente avanti che comprenderli è per pochi. Chi ha scritto l’articolo, evidentemente, non è tra questi

  2. Io metterei anche “Don Giovanni” ( 1986 ) tra i BIANCHI perchè composto con Pasquale PANELLA.
    Quindi, il periodo dei BIANCHI va dal 1986 al 1994.

  3. I “bianchi” sono semplicemente AVANGUARDIA musicale. Pochi li hanno già compresi, gli altri ci metteranno qualche altro anno ancora. Da portare sulla luna.

    1. L’apparenza, a mio giudizio, e’ il disco piu’ bello realizzato da Battisti. Una vera sinfonia, con testi coinvolgenti e quanto mai suggestivi. Le melodie, poi, sono uniche!

  4. “Le cose che pensano” una delle canzoni più belle che esistano, una poesia, una musicalità indescrivibile. Dopo più di 30 anni mi emoziona ancora adesso.

  5. Comunque e perunque il più bel brano del Lucio è, e resterà sempre, l’ inedito GABBIANONE.
    (E non accetto critiche e/o commenti contro! ahahaha)

    Andatevelo ad ascoltare e (ri)scoprirete il vero Battisti.

    (E se qualcuno ne possiede una versione “pulita e di alta qualità” me lo notifichi…quella sul tubo è abbastanza penosa…)

    1. ECCELLENTE, il periodo bianco (c.d.), vuol significare, quanto, di meglio non possa esserci, (altresì:”de jure condendo,ossia in:prospettiva futura), con’anticipazione, di eccellenti diagnosi, per cure prodromiche, rispetto all’avanguardia di risultati futuri ancora, purtroppo, non raggiunti da chicchessia!

  6. Dopo E Già e Dongiovanni, Lucio non voleva più un confronto con Mogol e capovolse tutto. Oltre all’ermetismo non sense volle capovolgere il modo di comporre le sue canzoni adattando cioè melodie ele ritmiche ai testi ossia esattamente l’opposto di quello che aveva sempre fatto fino ad allora e nel modo meno sdolcinato possibile. Tutto diventa metrica e la timbrica è esattamente dosata, con risultati ineccepibili e senza alcuna sbavatura. Solo ascoltando le canzoni di oggi lo si può davvero apprezzare.

  7. La prima volta che ascoltai Battisti fu nei primi mesi del 2019. Dopo un lungo periodo passato ad ascoltare tantissimi artisti e gruppi del genere progressive rock, mi sono buttato a capofitto sul cantautorato italiano partendo da De Andrè. Cominciai ad avere qualche apprezzamento sulla musica di Battisti quando ascoltai per la prima volta il suo primo disco concept e sperimentale ovvero “Amore e non amore” quello che viene considerato, sia quando è uscito che oggi, uno dei suoi lavori meno importanti. Proseguì con altri album dalle impronte pop/folk/progressive/disco/synth pop – “Il Mio Canto Libero”, “Umanamente Uomo: Il Sogno”, “La Batteria, il Contrabbasso, Eccetera”, “Una Donna Per Amico”, “Io Tu Noi Tutti” – arrivando ad ascoltare quello che considero il miglior disco del periodo Mogol, “Anima Latina”, un mix di quasi tutti i generi già citati che rispecchia la verve più sperimentale, fatto fino ad allora, dell’artista.
    Il periodo post-Mogol, evitando “E già” è di sicuro la rinascita spirituale battistiana. I testi di Panella, poeta a cui mi sono ispirato durante la realizzazione di poesie, hanno totalmente cambiato la visione di un Battisti noto come il simpatico ragazzo di quartiere che cantava la canzonetta. E non solo cambiano i testi, ma anche la musicalità: ogni album risulta essere un’evoluzione sia testuale che musicale, cosa che a malapena si affrontava durante il periodo Mogol (da un disco prog/folk si passava ad un disco pop). “Don Giovanni” è in assoluto il massimo che Battisti abbia mai realizzato durante la sua carriera, forse anche meglio di “Anima Latina” per via di un’opinione personale che vado ad esporre. Spesso e volentieri gli album post-Mogol vengono considerati sperimentali sia per quanto riguarda i testi, sia per quanto riguarda la musica ma, erroneamente a quanto si dice, l’unico a voler cercare l’avanguardia musicale era ovviamente Battisti. Un “Don Giovanni” presenta un incrocio tra musica sinfonica e synth pop mentre un “C.S.A.R.”, album uscito otto anni dopo, ricorda molto una forte impronta elettronica surclassata dalla techno e con un accenno di hip hop. “Hegel”, invece, racchiude il pensiero dell’ultimo Battisti, quello legato appunto alla figura e alla filosofia di Hegel, quale si rispecchia in tutto l’album. Qui Battisti cerca di mantenere un forte contrasto melodico, accompagnato da vocalizzi che avrebbero fatto mettere le mani fra i capelli ai giornalisti che, negli anni ’60, lo reputavano un cantante dalla scarsa voce: un esempio in particolare è “La Voce Del Viso”, ultimo brano del disco, sicuramente uno dei migliori che egli abbia mai realizzato.
    In conclusione: sono sicuro senza ombra di dubbio di poter tranquillamente considerare Battisti come il miglior cantante e sperimentatore musicale mai esistito in Italia. Spero soltanto che gli stranieri non lo vedano solo come colui che ha segnato un epoca durante gli anni 60-70, anzi, soltanto sarebbe più carino riconoscere il valore dell’ultimo periodo Battistiano, tutt’oggi considerato meno valente dal pubblico abituato ai testi di Mogol.

  8. Il secondo Battisti sarà ascoltato anche tra 400 anni, è musica assoluta, potrebbero ascoltarla anche i marziani.. .Il primo Battisti, seppur meraviglioso, è comunque incatenato ad una storia passata..
    potrebbessereseraaaaaa!!!!!!!

  9. CREDO, SEMPLICEMENTE, FANTASTICO QUANTO IL DUO: PANELLA-BATTISTI, SIA STATO IN GRADO DI PROPORRE AL PUBBLICO POST-MOGOLLIANO, CHE, COMUNQUE, NON INTENDO, AFFATTO, DI DOVER RINNEGARE, ANZI…PERALTRO L’ EVOLUZIONE DEL “NOSTRO”, È TALE, A MIO AVVISO, DI COMPRENDERNE, IN MANIERA ASSOLUTA, L’EFFETTO, CHE PERCIÒ, NE CONSEGUE, NATURALMENTE, NELLA GENIALITÀ DI ENTRAMBI! ECCO REALIZZATA LA “LIRICA” DELLA c.d. “CANZONETTA “. CON LE PIÙ VIVE CORDIALITÀ DA CLAUDIO PAGIPSSS DI CASALMORANO(CR) – AD MAJOR !

  10. Menomale che c’è il secondo Battisti. Altrimenti il primo sarebbe stato un onesto canzonettaro qualunquista. Il bello è l’odio viscerale o l’amore sacrale che il duo battisti-panella sa suscitare. Segno evidente che banale non era il loro connubio e soprattutto onestamente lontano da qualsiasi adescamento pubblcitario. Dal punto di vista estetico i cinque dischi bianchi sono un semplice capolavoro. Chi dice che sono senza melodia si sbaglia. Sono pieni di melodia. E in più riescono ad essere evocativi come poche volte è succeso in passato.

  11. I Bianchi altissimi purissimi bellissimi, hanno dato molta gioia alla mia vita. Grandezza di Lucio

    1. “convinto che siano i gusti del pubblico a dover andare incontro va quelli dell’artista”
      Si ma anche no visto che il pubblico caccia i soldi per comprare il disco.E poi,prima fai soldi a carrettate con rime come “ho bisogno di un amore puro,puro come il tuo amor”e poi diventi un anticommerciale integralista? perché questi discorsi non li ha fatti a inizio carriera? semplicemente perché da sconosciuto non avresti avuto il credito e i mezzi per fare quello che ti pareva.Battisti non è stato certo l’unico a fare dischi che capivano in quattro perché era abbastanza ricco e famoso per poterlo fare e abbastanza scoglionato da volerlo fare.Io personalmente questi atteggiamenti non li ho mai troppo amati,per usare un eufemismo

      1. Bravo. Pensa a chi pochi anni prima aveva fatto di quel modo i pensare la propria cifra stilistica mettendo una pietra miliare con la musica demenziale. Gli skiantos. Quello era coraggio, non fare quello che ti pare che tanto hai le spalle coperte dai diritti della roba che ti ha reso famoso.

  12. No Panella é un genio, ed i suoi testi sono pregni di significato filosofico almeno nella misura in cui la vita si prende gioco di noi , in tutte le innumerevoli manifestazioni dell’ ” ESSERE”.

  13. Secondo me Panella è un poeta da strapazzo, inutile, disonesto e stupido.

    A Battisti era funzionale perché gli serviva solo un testo incomprensibile da cantare, ove la sua voce è intesa come strumento musicale della canzone.

    1. quando uscirono i bianchi provai un grande senso di delusione,oggi li adoro, hanno rilanciato quanto prodotto con il grande Mogol,che però considero opera completa dunque finita,sono d’accordo con la Tua considerazione sull’utilizzo della voce come strumento,ricordiamo le critiche alla sua voce all’inizio di carriera….come per tutti i geni ci vuole il tempo,e stavolta ancora di più perche’ il passo in avanti è stato grande, Lucio unico

      1. La delusione l’ho provata anch’io….staccarsi dal periodo Mogol non è facile, e oggi anche io adoro i bianchi.

    2. Creo que tu opinion es de lo mas inteligente que he leido. Tienes RAZON.Panella es forzosa y fingidamente artificial, para con su oscuridad, procurarse un aura de cultismo intelectual.
      Y los que aman al Battisti de los Albumes Blancos es porque primero amaron a Battisti de Mogol. Si no existiera el primero,el dulce romantico melancolico que enamoró al Mundo, jamás nadie hubiera tomado la molestia de esforzarse para ser seducido por los Bianchi…

      ….no obstante, es verdad que los Bianchi de Lucio subyugan…subyuga la voluntad de Lucio de seguir cantando lo que él creia que debia cantar,genera atracción su empeño en tofos los que le hemos amado…ycompartimos su empeño en descubrir cosas buenas en sus albumes post Mogol como un enamorado se empeña en resaltar las virtudes de su amada y aferrarse a ellas.

  14. Ragazzi , oggi venti anni dalla scomparsa di Lucio : Una preghiera per chi è credente , un pensiero di gratitudine per chi non lo é.
    Per tutti l’immensa gioia di ascoltare i frammenti di genialità che ci ha donato.

  15. Caro amico battistiano Lello , approvo parola per parola quanto da te riferito . Non ho capito , peró ,perché sei andato “invano” a Poggio Bustone , infatti anch’io vorrei andarci prima che arrivi l’inverno. Un caro saluto

  16. Battisti bianco raggiunge vette altissime!!!
    L’apparenza compie 30 anni… quanto eri avanti Lucio!

    1. Non ho ancora ascoltato i dischi bianchi di Battisti,lo farò quando troverò il tempo.
      Ho ascoltato e riletto a parte il testo de La Sposa Occidentale e qui ho notato un filo conduttore che unisce Panella a Mogol,entrambi sembrano critici nei confronti del rapporto di coppia.Entrambi mettono in discussione l’amore e sulla graticola la figura femminile,di cui alcuni testi se ne prendono gioco.Tornando a La Sposa Occidentale,i versi che parlano di una impastatrice che sciorina crema per le scale e di un treno coi paralumi di Damasco,invocano sensazioni di aria fritta e di fatuo.Riguardo il duo Battisti-Mogol,credo che un rapido cambiamento di rotta di Battisti sia stato meglio di un rovinoso logoramento.La magia del duo Battisti-Mogol è rinata poi nella collaborazione di Mogol con e con Celentano.

  17. ciao a tutti.
    Sono napoletano ma vivo a rieti: quando mi sono trasferito ed ho saputo che lucio era nato qui vicino sono andato in pellegrinaggio a poggio bustone, invano, ma ho capito che era un segno del destino, che mi ha avvicinato al MIGLIORE per me. Canto da semiprofessionista di tutto: jazz, gospel, musica sacra, musica lirica, sinfonica, pop, rock e persino il gregoriano. lucio non si discute, va oltre ogni etichetta, immenso compositore ma anche strumentista , dalla chitarra a tre quarti con le corde in metallo ai sintetizzatori.
    l’ altro sera sono stato ad un concerto a baia domizia (CE) di una cover di battisti con mogol ospite che cantava…stonatissimo… entusiasta tutte le canzoni perchè aveva trovato un pubblico entusiasta: meraviglioso!! (da notare che mogol ha ricordato il magnifico “anima latina” confermando che lui non aveva partecipato ai testi). Mogol é grande ma permettetemi di dire che la sua vena poetica si è espressa al meglio con lucio e credo che già negli ultimi disci dei due si stesse affievolendo: avevo circa diciotto anni, mi piaceva la disco e gli arrangiamenti dei loro dischi ma un poco mi sentivo tradito. Poi dopo un “e già” un poco urticante ho cominciato a seguire le sue seconde nozze artistiche, con panella: SUBLIME!!!! E’ COME UN GRANDE PITTORE FUTURISTA: SE CONOSCI BENE LE SUE OPERE CLASSICHE GIOVANILI RESTI SENZA FIATO OGNI VOLTA CHE ESCE UN NUOVO CAPOLAVORO .
    Permettetemi di ricordare il singolo “l arcobaleno” che mi fa venire la pelle d’oca solo a scriverlo: mogol ha sofferto la scomparsa di lucio moltissimo, il testo è stupendo (anche la musica di g. bella) ed il mio mitico celentano la canta in modo ispirato.
    Che dire: il destino ce lo ha tolto troppo presto, non so se mai dovessero uscire degli inediti: lo spero vivamente; vediamo cosa tirano fuori per il ventennale della scomparsa.
    Saluti,
    Lelio

  18. Io in molti dei testi panelliani ci trovo manco tanto nascoste metafore sessuali

    Per esempio Il Diluvio su don giovanni secondo me parla di una bella gangbang

    Sono serio

    1. Sono perfettamente d’accordo , basta ascoltare ” tutte le pompe” , vi é un’esplicito riferimento a quell’atto sessuale , ma sempre in chiave surreale….

      1. Mica tanto surreale , il testo di
        “tutte le pompe” é certamente esplicito in tal senso , ed eleva l’atto sessuale ad elemento dirimente dell’esistenza umana

    2. La discografia di Panella ne è piena zeppa, “cali il tuo sipario di capelli sopra l’armamentario voluttuario”, “Saranno queste cose un poco oziose a tradirti: sarà un prurito quando non esiste, e invece ti soccorri con quell’unghia fatta apposta per essere un bisturi che in mano a te diventa decorosa.”

      Consiglio la lettura del libro di Alexandre Ciarla per approfondire!
      https://www.amazon.it/Battisti-Panella-Don-Giovanni-Hegel/dp/1516972694

  19. La grande capacità di costruzione musicale e l’armoniosità delle melodie del periodo “mogol” di Lucio trovano grandi abiti nel surrealismo panelliano , adattandosi in una ricerca continua ” all’inverso ” , ” c’eravamo capiti , capiti all’inverso “……..
    Il succo è tutto qui

  20. Non posso ancora esprimermi bene sulla musica perché ho cominciato da pochi giorni ad ascoltare questa parte della discografia di Battisti (curioso infatti trovare per caso quest’articolo).
    In casa c’era Hegel e nessuno lo ascoltava mai, mia madre andava matta per il periodo Mogol. Finora ho sentito solo E già, con ogni evidenza un disco di transizione, a mio parere rozzo e con molte imperfezioni (strano, da parte di uno come Battisti), in particolare parti cantate inadatte alla voce alta e leggermente stonata del cantante.
    Ad ogni modo, non posso non provare rispetto per un cantante di successo che poteva continuare a cantare canzoni facili da vendere ed invece decide d’inseguire l’arte che ama senza alcun compromesso, in silenzio, lontano dalla tv-spazzarura e da ogni lusinga. Ammirevole.

  21. Gli album bianchi alternano momenti eccellenti ad alti mediocri.
    Ma li trovo assolutamente affascinanti.Certo,qui non abbiamo Mogol che ci tiene la mano e accompagna su sentieri artisticamente sicuri.Panella è da decifrare,i dischi sono da ascoltare e riascoltare ma quando capisci che non hai bisogno di essere tenuto per mano e correre libero scopri capolavori assoluti come “allontanando” e “alcune non curanze” dei rispettivi album l’apparenza (Che album!!!) e la sposa occidentale.
    Battisti era veramente avanti musicalmente.

  22. Dischi stupendi e geniali. Essendo di Rieti non posso non amare tutta la produzione del più grande genio musicale del 900. Una correzione: oltre alla cover di Max Pezzali del brano la metro eccetera esiste una versione di Le cose che pensano da Don Giovanni eseguita da Ron. Quindi i pezzi presenti su due cd del periodo Panella sono due.

  23. Questi poeti ci imbrogliano. Mettono insieme frasi storiche e ridono di noi. Campano di questo.

    Mi viene in mente un tale che si chiamava Carmine Maisto. Vendeva giornali in Piazza Gramsci negli anni 70. E vendeva di contrabbando poesie a rima baciata. “Mamma che nel cielo andasti / perchè con te non mi portasti?” Capito il genere? Eppure quei novenari elementari e involontari… Vendeva poesie ai ragazzi delle medie che le regalavano alle fidanzatine in cambio della promessa di un bacio. Quelle rime baciate che avrebbero fatto inorridire il più benevole dei critici erano infine il senso della poesia… quella che, come dirà in fin di vita Troisi, non è di chi la scrive ma di chi gli serve… La poesia che serve… la poesia come strumento… sembra un orrore, eppure…

    Nessuna antologia conterrà mai i versi di Carmine Maisto, di Vicenzo Palma e di tutti i poeti innocenti che la vita ha consumato come i chicchi di caffè nel macinino del Belli. Non cercateli in internet o nelle biblioteche paludate. Lì non c’è traccia di loro. Non esistono. Esistono solo nel ricordo di pochi distratti abitanti del paese in cui vissero. Di loro non resta niente. Restano invece le sacre sponde, gli aquiloni, l’amore che brucia la vita e i libri galeotti.

    In verità c’è poesia dappertutto. Basta uno stato d’animo e sembra poesia la frase infantile di un poeta di quinta elementare o le lacrime represse di un vecchio che ricorda i pochi giorni felici della sua vita. Basta inclinare un poco lo sguardo, come per mettere a fuoco il dettaglio di un dipinto, o mettersi in piedi sul banco come il professor Keating o in terra come il Benigni di un altro professore felliniano. Basta un poco e si scopre la poesia: nelle rime baciate del venditore di Piazza Gramsci, nei cieli sghembi di Vincenzo Palma, nei tramonti che da un milione di anni soprendono gli uomini, nelle lettere dei soldati, nelle penombre dei graffiti paleolitici…

    La poesia… questo mistero ingordo che ruba i sorrisi e tracima le menti di melanconie sottili… questa leggerezza che supera i limiti delle parole, avvolge i suoni, s’insinua tra le foglie morte come venticelli calunniosi, si nasconde nei ritmi delle canzoni… C’è poesia dapperutto… il compito è di scoprirla…

  24. Sono semplicemente degli album splendidi, non ci si stanca mai di ascoltarli. Battisti poi al di là delle sue capacità musicali, le variazioni melodiche in ogni pezzo sono davvero belle, si è confermato inarrivabile come cantante e resa interpretativa: per dire, fatele cantare a qualsivoglia altro cantante italiano e vedrete i risultati. Canzoni dove c’è della sostanza, dove lo sfondo della melodia persiste come uno scenario in perfetto equilibrio fra neutralità e intensità facendo risaltare i testi ricercati, filosofici, sempre profondi e ironici di Panella. Battisti/Panella è stato un abbinamento azzeccatissimo, il primo ha trovato modo di esprimere la sua genialità musicale in maniera nuova, il secondo qualcuno che finalmente dava vita ai suoi testi.

  25. a volte sembra che vi sia bisogno di sbrodolarci sopra per forza sui dischi “panelliani”, tanto per distinguersi, tanto per essere superiori al popolo bue che preferisce una donna per amico. io li ho comprati a 4 euro l’uno, usati, ma praticamente nuovi – chissà perché… intellettualmente posso tirarmi tutte le pippe del caso – l’avanguardia, il coraggio, il genio di panella etc – però a casa mia stanno a prendere della gran polvere. ogni tanto ci provo a riascoltarli, tipo l’altra sera con la sposa occidentale. non vedevo l’ora che la puntina arrivasse alla fine del lato A. spero che chi li apprezza sulla carta (o sul web) se li ascolti pure con gioia.
    ciao sauro

    1. No c’è un bisogno di sbrodolamenti pseudo-intelletuali forzati per apprezzare i Bianchi. Bisogna semplicemente staccarsi dal periodo Mogoliano e pensare che Battisti voleva esplorare vie diverse da quelle commerciali (l’antipasto l’aveva dato con Anima Latina, primo album in cui si sente che Battisti si è lasciato andare a ciò che voleva fare) e si trovano in quel periodo dei brani veramente belli (Ecco i negozi, Che vita ha fatto, Cosa farà di nuovo, Equivoci amici e non posso citarli tutti).
      I Bianchi rivelano, a mio parere tutto quel che Battisti voleva scrivere in quel periodo, ha voluto essere libero fuori dai schemi musicali e commerciali.
      Perchè questa sera scrivo qui…semplicemente perchè mi sono scaricato una playlist per poterla ascolatarla in auto o sul cellulare. Non c’è pericolo che la polvere venga a posarsi sopra. Il periodo Bianco di Battisti è stato un periodo della sua evoluzione musicale, sono convinto che se fosse ancora tra di noi, avrebbe iniziato un altro periodo ancora diverso. E questo il bello di un artista.

  26. anche questi sono dischi fondamentali e futuristi,gli inediti esistono.il padre rivelò prima di morire che ha lasciato 70 inediti dal 1965 al 1998,le sue versioni delle canzoni date ad altri,inediti di anima latina e il famoso postumo che era già pronto nel 1998,forse per il ventennale usciranno in edizione critica

  27. personalmente reputo i dischi bianchi tra le cose migliori che Battisti abbia fatto; certo ha avuto coraggio, era sicuramente consapevole che molti dei suoi fan si sarebbero persi per strada, disorientati da quelle sonorità elettroniche, fredde, apparentemente senz’anima, da quei testi criptici con parole e forzature grammaticali mai usate prima. Personalmente con quei brani, proprio per la loro incomprensibilità, riuscivo ad evadere totalmente dalla realtà, immaginando un mondo tutto nuovo dove si materializzavano le storie raccontate (la ragazza ricoperta di cioccolata, la sera alabastrina, il sipario di capelli, ti vorrei incontrare però non lo vorrei, gli occhi alessandrini in metropolitana). Avevo vent’anni e una mente elastica, questo sicuramente mi ha aiutato nell’apprezzare questi lavori. Io pure ho scoperto Lucio da adolescente coi pezzi meravigliosi di Mogol, ma non mi sono sentito “tradito”; semplicemente ho visto questi dischi come una voglia di cambiamento, che nella vita di un’artista con la A maiuscola qual era lui, ci poteva benissimo stare.

  28. Il punto più alto della musica italiana, inarrivabile, incomprensibile se non a sprazzi, con melodie e suoni bellissimi, una nuova luminosa strada indicata da Lucio e Pasquale e mai più battuta da nessuno.

    1. Concordo perfettamente con l’amico “battistiano” Claudio Tassitano , capolavori assoluti , che si sarebbero ancora evoluti e sviluppati se Lucio non ci avesse lasciati…..

  29. I capolavori erano ben altri (Anima latina e Il nostro caro angelo), questi erano e sono dischi antipatici, inascoltabili e incomprensibili; oltretutto poco “sinceri” tenendo conto della cultura musicale di Battisti, onnivoro della musica di alto livello.

    1. Ma no. I dischi bianchi sono solo troppo avanti. Per ora lasciamoli lì e ascoltiamoli tra vent’anni.

    2. se hai compreso anima latina perchè NON comprendi i 4 “dischi bianchi”……vanno di pari passo con l’evoluzione “stoppata” per via degli anni 70/80 che richiedevano gli italiani.

    3. Non sono d’accordo ma rispetto molto più la tua opinione di quella di tutti gli altri falsissimi retorici leccaulo che hanno commentato prima e dopo

  30. Credo che tutta l’opera Battisti/Panella sia un enorme dito medio alzato verso il pubblico che lo avrebbe voluto legato per sempre ai suoi primi lavori e a Mogol.L’assenza di orecchiabilita’, di testi sensati,di foto o disegni completi in copertina, di musicisti “reali”,di videoclip,addirittura del cantante stesso in carne e ossa (mai più’ fotografato dopo “E Già”) hanno in realtà’ una duplice funzione: creare mistero attorno ai dischi stessi e (ma e’ un parere personale) ridurre al minimo i costi per la realizzazione di tali lavori,cosicché’ le scarse vendite che sicuramente Battisti aveva messo in conto per il suo nuovo corso artistico non l’avrebbero messo troppo in difficoltà’. A me resterà’ sempre il rimpianto di sapere cosa avrebbe potuto combinare dopo “Hegel” se la sua scomparsa prematura non avesse interrotto il tutto (o compiuto il tutto,a seconda delle opinioni), e la curiosità’ di sapere quanti e quali inediti la sua famiglia custodisce gelosamente.

    1. Già. Stando al titolo Hegel subito viene in mente: tesi (battisti Mogol), antitesi (battisti Panella) … TESI che manca 🙁

  31. Dischi avanti anni luce. “Hegel” e “C.S.A.R.” restano i miei preferiti di tutta l’epopea ‘Battistiana’, assieme a quell’altro capolavoro di artigianato pop/psichedelico/prog/tropicale che fu “Anima latina” nel 1974. Altro disco poco compreso dall’italiota che da battisti voleva sempre e solo canzonette da intonare in spiaggia.

    1. Condivido il tuo commento, il periodo Mogoliano è stato quello dei successoni, delle canzoni che tutti cantano, la qualità e l’originalità musicale c’è sempre stata comunque, ed è venuta fuori con Anima Latina, puro capolavoro battistiano (qui le parole non hanno importanza e a volte sono anche sciocche). I Bianchi li ho scoperti più tardi. Vivendo all’estero non si vendevano (andava solo la musica da intonare in spiaggia) e non erano distribuiti (che peccato!),
      che sorpresa….ho trovato un Battisti che cercava nuove sonorità, nuove melodie….certamente di un ascolto meno immediato, ma di una bellezza intemporanea. Ancora oggi sembrano attuali. Battisti ha fatto parte della colonna sonora di una buona parte della mia vita, e ancora adesso continua. Grazie Lucio

  32. Paradossalmente, sono i primi album di Lucio Battisti che ho conosciuto.
    Quando ero bambino, mio padre li comprava a scatola chiusa, essendo fan di Battisti, e li ascoltava in loop in autoradio.
    Solo dopo, ho conosciuto la discografia di Battisti per la quale è celebre ma a questi dischi sarò sempre più affezionato rispetto a quelli più conosciuti.
    Mi incuriosivano da piccolo, da adulto li ho apprezzati ancora di più.
    Un articolo che mi ha emozionato.

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