Lords of Chaos, il finto film-verità sulla scena black metal norvegese

Le vicende di un gruppo di ragazzi un po' romanzate e un po' no che partirono da un'umida cantina a Olso

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Per una serie di circostanze quasi casuali sono finito a trascorrere un tranquillo weekend di fine giugno nella paciosa Oslo. Sole, quasi 30 gradi, una piacevole brezza, mare e cielo blu, piatti di pesce fresco, gente che affollava qualsiasi ristorante o bar che avesse tavoli all’aperto e, visto il periodo, assenza di buio. Insomma non certo l’immagine grigia e algida che magari ci viene subito in mente quando pensiamo alla capitale norvegese.

Oltre a un giretto in mare tra le isolette e a una capatina in un paio di musei ho deciso di recarmi al 56 Schweigaards gate dove oggi si trova Noseblod Records, un negozietto di dischi più noto per essere definito una sorta di museo del black metal essendo i locali i medesimi del famigerato Helvete, luogo di nascita della seconda ondata del black metal sul finire degli anni ’80. Quella delle facce pitturate di bianco e nero, voce urlata e distorta, ritmiche con doppia cassa a velocità inumana e chitarre “a zanzara”. Un’occasione imperdibile per fare una capatina nelle sue cantine e fare una foto ricordo con la famigerata scritta “black metal” sul muro (un po’ rovinata ma ancora ben visibile). 

Gli interni del Noseblod Records

Per arrivarci bisogna fare una passeggiata un po’ fuori dalle zone turistiche e lo si trova tra un grazioso parco dove la gente prendeva il sole, un ristorante vegetariano alla moda e una trattoria-pizzeria italiana. Se il negozio è letteralmente un caotico labirinto con magliette, vinili, CD e cassette ammassati ovunque senza un ordine particolare, il cui fascino risiede proprio nell’aver ereditato parte degli arredi originali, è quando si scende la stretta scala a chiocciola che porta nel seminterrato e dopo aver attraversato la sezione “punk” e aperto la porta delle cantine che un brividino scorre lungo la schiena.  

Il seminterrato del Noseblod Records

Lasciate da parte i cimeli vari e l’armamentario da film horror casalingo (una bara, un trono in legno e un portacandele con il pentacolo) quello che rimane è una cazzo di cantina. Umida e poco accogliente. La reazione di mia moglie fu un semplice «questo posto mi sa che porta un po’ sfiga».

La famosa cantina del Noseblod Records

Il mito dell’epopea del Black Metal Inner Circle, la nascita di una galassia di band come Darkthrone, Mayhem, Emperor, Burzum, Enslaved, Immortal e Satyricon, le chiese bruciate e gli omicidi, tutto partì da una cazzo di cantina umidiccia appena fuori dal centro di Oslo, dove degli adolescenti, invece di pensare a rimorchiare giovani fanciulle, si riunivano per ascoltare i discorsi di un ragazzo esile e bassetto con qualche anno più di loro, ma dal grande carisma. Tutto questo non ha nulla di epico, ma fa riflettere come da quel buco di culo dei ragazzini disadattati riuscirono a conquistare il mondo. 

I fatti scabrosi della scena black metal norvegese erano un’occasione davvero troppo ghiotta per Hollywood, così nel 2018 usci finalmente la pellicola basata sulle vicende trattate in Lords of Chaos – La storia insanguinata del metal satanico, il famigerato (e controverso) libro-inchiesta del 1998 scritto dai giornalisti Michael Moynihan e Didrik Søderlind che fece conoscere a un pubblico non prettamente musicofilo le vicende musicali e criminose della scena dell’heavy metal estremo in Norvegia.

Il progetto lungo e travagliato iniziò già intorno al 2009, l’idea originale prevedeva addirittura il regista giapponese Sion Sono dietro la macchina da presa e senza dubbio è grande il rammarico per non aver potuto vedere che cosa avrebbe tirato fuori. Alla fine per vari vicissitudini la regia passò a Jonas Åkerlund, nome di grido del mondo dei videoclip (The Prodigy, Roxette, Rammstein, Madonna, Rolling Stones, Taylor Swift, Metallica, U2, Jamiroquai, Paul McCartney, Ozzy Osbourne, Coldplay, Lady Gaga e tanti altri) nonché primissimo batterista degli svedesi Bathory, padri fondatori a metà anni ’80 della prima ondata della scena black metal assieme a Venom, Hellhammer e Celtic Frost.

Curiosamente una piccola anticipazione della pellicola arrivò nel 2016 in occasione del videoclip promozionale di ManUNkind dei Metallica dove proprio Jonas Åkerlund porta i futuri Mayhem cinematografici a mimare la canzone senza un motivo preciso visto che in comune le due band hanno solo la generica definizione di heavy metal.

Se il libro lascia la musica sullo sfondo, focalizzandosi sugli eventi di cronaca ancora poco noti fuori dal proprio paese o dalla cerchia degli appassionati di heavy metal estremo, e sulle possibili origini di certi fenomeni criminosi e le eventuali derive sociali, religiose e politiche, il film si pone come una trattazione liberamente ispirata ai fatti della gelida Norvegia che per esigenze narrative non potevano non essere romanzati. Tutto questo senza tralasciare un interessante e originale sguardo su tutta la faccenda, che potrà far storcere il naso a qualcuno e non convincere tutti.

Così assistiamo alla nascita dei leggendari Mayhem, al suicidio del loro cantante a dir poco eccentrico Per “Pelle” Ohlin detto Dead (Jack Kilmer), passando per il famigerato Inner Circle che ruotava attorno all’Helvete di proprietà di Øystein Aarseth detto Euronymous (Rory Culkin, fratello di Macaulay, il bimbetto di Mamma, ho perso l’aereo), nonché chitarrista dei Mayhem, fino al suo omicidio per mano di Varg Vikernes ricordato anche con il nome del suo progetto musicale Burzum.

Inevitabili le inaccuratezze, ma il film non si pone certo né come documentario né come una ricostruzione fedele degli eventi («based on truth and lies» recita esplicitamente la locandina). Åkerlund dice la sua con abilità narrativa, riuscendo anche a evitare il grosso rischio di scadere in facili sensazionalismi fini a sé stessi e strafalcioni.

In fin dei conti Lords of Chaos è un filmetto godibile e di sicuro impatto da guardare comodamente a casa sul divano mangiando popcorn. Inevitabili e prevedibili le orde indignate di hater e di blackster che si aspettavano una diversa trattazione degli eventi, così come i commenti stizziti di alcuni protagonisti come Necrobutcher (bassista dei Mayhem) e di Varg Vikernes che, dopo aver scontato la pena per omicidio e trasferitosi nelle campagne francesi con moglie e figli, si lamenta di essere stato rappresentato negativamente.

In effetti il film non è certo esente da difetti. Non si dà il giusto spazio all’innovazione musicale, così come manca qualsiasi tipo di approfondimento sui motivi dell’insospettabile malessere sociale nella benestante e tranquilla Oslo della fine degli anni ’80/inizio ’90. Non ultima una certa estetica da teen movie americano che potrebbe sembrare talvolta involontariamente parodistica, poteva/doveva essere evitata, magari facendo interpretare le vicende da attori scandinavi.

Quello che rimane davvero apprezzabile è come sia stato ricostruito il lato umano dei protagonisti delle vicende narrate e il film funziona nell’ottica di smitizzazione di un fenomeno divenuto quasi di massa, mostrando come personaggi che abbiamo sempre letto essere dei mezzi criminali senza sentimenti e assolutamente malvagi, alla fine non erano altro che semplici ragazzi, talvolta musicalmente talentuosi, ma pur sempre semplici ragazzi, senza nulla di così demoniaco e antieroico del ritratto che è stato enfatizzato dalla stampa, i mass media e soprattutto loro stessi.

Vittorio “Vikk” Papa e Domenico Francesco Cirillo

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  1. Bisogna anche dire che all’epoca veniva preso tutto sul serio. Seguendo il genere e la scena dal 94, le emulazioni si sprecavano. E sul lato umano ricordo bene già i racconti di chi era stato ospite della vittima: un bravo ragazzo con la fissa della politica

  2. Quando si parla di questo argomento, purtroppo non riesco ad essere soggettivo. Il “trve norwegian black metal” è a mio modesto parere una delle peggiori disgrazie mai capitate nella storia della musica, alle mie orecchie una vera tortura sonora. Le band citate saranno anche nate da quelli che erano solo dei ragazzi, che però sono diventati famosi soltanto per le loro azioni efferate, che tanto colpivano l’immaginario dei ragazzini incazzati con il mondo dell’epoca, di certo non per il loro talento. Il fatto che il film fosse prodotto da Vice non è una cosa positiva, però se si tratta di smontare un vero e proprio “abbaglio” musicale, ben vengano film del genere.

      1. Disprezzare le origini del black metal non significa giudicare superficialmente un genere che, come tutti gli altri generi, non è inascoltabile a priori e ha i suoi lati positivi. Da un punto di vista sociale, è innegabile che il tnbm fosse una pantomima, una degenerazione dell’attitudine del death metal, che poi si è evoluta (nonostante la totale chiusura e fanatismo dei suoi creatori), sicuramente in meglio. Ad esempio mi piace molto il black metal melodico svedese, anche se in effetti è praticamente death melodico con qualche vaga sonorità black metal.

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