Quando si nominano Las Ketchup e nella stessa frase si usa un termine come “discografia” posso vedere le smorfie di disgusto che adornano le vostre belle faccine.
Per la legge dei grandi numeri molto probabilmente tra di voi oggi novelli snob del pentagramma c’è sicuramente qualcuno che all’epoca comprò il loro singolo o il loro primo album. Dai, non fate i timidoni. Siete in buona compagnia assieme ad altri 20 milioni di gonzi.
Non serve essere John Peel per capire che Las Ketchup sono il classico prodotto di marketing ben confezionato che in questo caso non nasconde affatto nomi e cognomi: Manuel “Queco” Ruiz, produttore di flamenco che per qualche ignota ragione ha visto del potenziale nelle tre sorelle Muñoz (Lola, Pilar e Lucía) nonostante non fossero né brave né belle; forse perché figlie dell’amico Rocío Muñoz, affermato musicista di flamenco meglio noto come El Tomate (ovvero il pomodoro).
Proprio questo innocuo soprannome fece sì che un ortaggio così inoffensivo ispirasse uno dei più pestilenziali tormentoni degli ultimi decenni.
Hijas del Tomate (2002 – CD)
Il motivetto inanella rapidissimamente una serie impressionante di numeri uno praticamente in ogni nazione dotata di apparecchi radiofonici. Anche il pubblico d’oltreoceano, nonostante all’epoca si rimpinzasse di melliflui artisti black o di becero nu metal da centro commerciale, cadde preda dell’ammorbante brano dai passi di danza incantatori (come se non ne avessimo avuto abbastanza della “Macarena” appena qualche anno addietro).
Seguì ovviamente un vero e proprio album intitolato con scarsa fantasia e opinabile senso dell’umorismo “Hijas Del Tomate” (figlie del pomodoro/di Pomodoro) che, oltre a tre versioni del singolo pigliatutto (in spagnolo, spanglish e in versione karaoke) contiene, a nostra sorpresa, ben otto altre canzoni di molesto pop latino, in bilico precario tra flamenco e allegri motivetti di musica leggera senza pretese.
Senza sorprese dunque il disco è artisticamente una Caporetto, si salvano solo la suadente “Sevillanas Pink” e l’estiva “Un De Vez en Cuando” non propriamente per meriti autonomi ma per l’inconsistenza degli altri brani.
Tracklist:
01. The Ketchup Song (Aserejé) (Spanglish Version)
02. Kusha Las Payas
03. Un De Vez En Cuando
04. Lánzame Los Trastos, Baby
05. Sevillanas Pink
06. The Ketchup Song (Aserejé) (Hippy Mix)
07. Krapuleo
08. Me Persigue Un Chulo
09. Tengo Un Novio Tántriko
10. The Ketchup Song (Aserejé) (Karaoke)
11. The Ketchup Song (Aserejé) (Spanish Version)
Un Blodymary (2006 – CD)
Quello che doveva essere un best seller annunciato si trasforma in un tonfo clamoroso trascinato nell’oblio dal flop in eurovisione del nuovo fiammante singolo “Un Blodymary”, title track dell’album. Il brano delle Las Ketchup doveva essere la punta di diamante della Spagna all’Eurovision del 2006, mentre racimolò un miserabile ventunesimo posto su ventiquattro brani finalisti, facendo affondare il disco e la carriera delle ragazze.
Per una volta il grande pubblico sembra averci azzeccato. Il secondo disco delle nostre suona più maturo, cantato meglio e senza momenti imbarazzanti, ma annega nel liquame del pop qualunquista dove non ci si ricorda una canzone, un ritornello, una nota. Insomma il vuoto spinto.
Nonostante i container di dischi invenduti sul groppone le figlie de El Tomate non possono lamentarsi perché volente o nolente hanno marchiato, o sarebbe meglio dire macchiato, una generazione che oggi come ieri pare non vergognarsi troppo a lanciarsi in pista quando qualche spericolato DJ rispolvera questa vecchia hit dall’imbarazzante balletto compulsivo.
Tracklist:
01. Un Blodymary
02. Doctora Láser
03. Paparazzi
04. Doble Bombo
05. Desafina Como Quieras
06. Se Me Escapó El Maromo
07. El Neceser De Mi Paco
08. La Comentarista
09. Alegrias De Mi Tanga
10. Imagina