Presentato in pompa magna al Festival di Sanremo e arrivato nelle sale il 20 febbraio 2020, La mia banda suona il pop, prodotto da Luca Barbareschi e diretto da Fausto Brizzi, è stato presto spazzato via dalle chiusure dovute al Covid-19. Ed è un peccato, perché al netto di una sceneggiatura non sempre all’altezza il film qualche motivo di interesse ce l’ha.
Innanzitutto l’idea di partenza: un gruppo di successo degli anni ’80 che si riunisce dopo 30 anni per suonare alla festa di compleanno di un oligarca russo. Impossibile non pensare a tutti quelli che negli ultimi anni l’hanno fatto realmente, dai Ricchi e Poveri fotografati con tanto di colbacco a Riccardo Fogli, da Pupo ad Al Bano immortalato addirittura mentre brinda con Putin e Orban. Senza dimenticare Toto Cutugno che nel 2008, al Dopofestival, rinfacciò a Mario Luzzato Fegiz le numerose volte in cui il giornalista gli aveva chiesto di portarlo in Russia con lui.
La molla scatenante del film come si diceva è la celebrazione del compleanno di Vladimir Ivanov, ricco oligarca russo che è un mix fra Putin e Roman Abramovich (è infatti anche il proprietario di due squadre di calcio) che è il fan più sfegatato al mondo (forse l’unico rimasto) dei Popcorn, storico gruppo pop italiano degli anni ’80. Ivanov è disposto a sborsare una cifra esagerata per avere al proprio compleanno la reunion della band. Il compito di rimettere insieme il gruppo è affidato al loro vecchio agente interpretato da Diego Abatantuono, per l’occasione con inspiegabili occhi chiari. Veniamo così proiettati nelle vite disastrate di Tony, Lucky, Micky e Jerry. Tony (Christian de Sica), costretto a suonare a matrimoni e battesimi, diventa un concorrente de L’Isola delle meteore, come spiega lui «er reality di quelli che non si incula più nessuno». Non andrà a finire bene, verrà squalificato subito per aver bestemmiato. Lucky (Massimo Ghini) lavora in un negozio di ferramenta. Micky (Angela Finocchiaro) è un’alcolizzata che conduce un programma di cucina su una minuscola emittente televisiva, almeno fino a quando non mutila uno chef. Infine c’è Jerry (Paolo Rossi) che sbarca il lunario suonando per strada e servendo ai tavoli di una pizzeria.
Inizialmente la reunion è snobbata da tutti i componenti della band, ma le loro situazioni disperate li portano in fretta a rivedere la loro decisione. Così i Popcorn sono di nuovo in pista. Il gruppo aveva raggiunto il successo negli anni ’80 con la hit Semplicemente complicata, canzone tratta dall’album Frantumami di baci, alla quale aveva fatto però seguito un rapido declino e l’inevitabile dimenticatoio.
A proposito del pezzo va detto che come tutte le musiche del film sono state scritte dal maestro Bruno Zambrini, già autore di numerosi brani (La bambola di Patty Pravo, In ginocchio da te di Gianni Morandi e Vedendo la foto di Bob Dylan di Pippo Franco giusto per citarne tre) e di altrettanto numerose colonne sonore (dai decamerotici degli anni ’70 ai cinepanettoni del 2000). La colonna sonora di La mia banda suona il pop è divisa in due momenti ben distinti: le quattro canzoni dei Popcorn (oltre alla già citata Semplicemente complicata di cui nel film è presente una versione in russo ci sono anche Tremendamente tu, Cose infinite e L’universo sotto la pelle) e una parte strumentale legata alla trama spy del film (sì, c’è anche una trama spy). Ad essere maggiormente interessante è ovviamente la prima parte, quella con il gruppo che canta.
Le canzoni sono scritte con il preciso intento di risvegliare i ricordi legati a gruppi e cantanti degli anni ‘80. Ci si risentono facilmente i Ricchi e Poveri (ispirazione principale del gruppo), Gianni Togni, Umberto Tozzi, Viola Valentino, Pupo e chi più ne ha più ne metta. Ma vista l’intera operazione del film non è affatto un problema. Certo, siamo in presenza di suoni filologicamente non perfetti e forse un po’ troppo stereotipati, ma per una pellicola del genere destinata nelle intenzioni a un pubblico di massa credo che servisse proprio questo. Il «tu turù turù» del ritornello di Semplicemente complicata si stampa in testa ed è difficile farcelo uscire, mentre è credibile immaginarselo come un vero successo di 35 anni fa. Lo stesso discorso vale per Tremendamente tu, che ai riferimenti citati in precedenza aggiunge anche un tocco di Righeira. Impossibile non pensare al fatto che se gli stessi brani invece che la firma di Bruno Zambrini avessero portato quella di Tommaso Paradiso sicuramente avrebbero fatto milioni di streaming (la profondità dei testi è quella).
Tornando al film La mia banda suona il pop, dopo aver deciso di riformare la band i quattro membri e il loro agente partono alla volta della Russia dove, tra un litigio e l’altro, iniziano a prepararsi per il loro attesissimo ritorno sulle scene. E qui s’innesta la sottotrama spionistica a cui accennavo prima e che ci accompagnerà fino alla fine della pellicola. Trama che però non funziona molto bene perché il genere, seppur interpretato in chiave di commedia, non è proprio nelle corde di Brizzi. Basti guardare l’inseguimento con le moto d’acqua pieno di inutili acrobazie. Allora meglio concentrarsi sugli aspetti positivi di La mia banda suona il pop. Uno è senza ombra di dubbio un Christian de Sica in forma smagliante (non fisica eh); sboccato, volgare e nella maggior parte dei casi assolutamente gratuito. Insomma, il De Sica che ci si aspetta e che personalmente trovo sempre molto divertente.
L’altro aspetto che merita una menzione è sicuramente il citazionismo pop. Basti pensare al fatto che i Popcorn sono palesemente un riferimento ai Ricchi e Poveri, col personaggio di Angela Finocchiaro che ricalca Marina Occhiena; la Finocchiaro, ex moglie di Paolo Rossi nel film, si è scopata gli altri due membri del gruppo, il manager e persino Umberto Tozzi; Marina Occhiena si limitò a portarsi a letto il marito della brunetta.
Sentiamo poi De Sica apostrofare così Paolo Rossi: «Tu pensi di essere Mick Jagger e invece sei Mauro Repetto degli 883». Nel garage di Abatantuono (che all’inizio del film ammette di essere caduto in disgrazia ed essersi arrabattato «portando in giro gente come Umberto Smaila e Jerry Calà» e che poi dirà di aver fatto da manager anche ai Jalisse e a Scialpi) ci sono scatoloni pieni che contengono cimeli di Al Bano e Romina, Matia Bazar, Gazebo, Righeira, Alan Sorrenti e Sandy Marton («che adesso sta ad Ibiza»). E ancora: durante la conferenza stampa in Russia un giornalista italiano definisce i Popcorn il punto più basso della musica italiana al cui confronto Pupo è Mozart (unico guizzo di Paolo Rossi nell’intero film, la risposta al giornalista: «Il paragone non calza perché Mozart purtroppo è morto mentre Pupo purtroppo…»). In puro stile Putin l’oligarca lo fa trascinare via dai suoi sgherri armati.
Alla Finocchiaro che cerca di scaldarsi la voce De Sica chiede quale voce debba scaldarsi visto che «rispetto a te Romina è Al Bano» e per tutta risposta lei gli fa notare che «negli anni ’80 andava molto la voce che sembra che non ce l’hai». Da citare anche Massimo Ghini che, in procinto di essere sbranato da una tigre, riesce solo a pensare che il titolone sui giornali del giorno dopo farà rodere il culo ai New Trolls. Al loro arrivo in Russia Abatantuono per galvanizzare la band esclama «Ragazzi, voi qui siete come Elvis Presley, Frank Sinatra, Bob Marley» e la Finocchiaro ribatte: «Morti?»
Inoltre Ivanov, fissato con gli anni ’80, ha un museo in cui tra le altre cose custodisce il costume che Pamela Anderson indossava in Baywatch, il giubbotto di pelle di Fonzie, un vestito di Raffaella Carrà e una Delorean (anzi, LA Delorean originale del film). Proprio la macchina di Ritorno al futuro è al centro di una scena che se fosse stata fatta in Stranger Things (giusto per dire un titolo che pesca a piene mani dal cinema di quegli anni) avrebbe fatto esultare il web per giorni.
Restando in termini di citazioni cinematografiche, il nome d’arte di Christian De Sica è Tony Brando, lo stesso del personaggio che interpretava in Compagni di scuola di Carlo Verdone. E anche in quel caso era un cantante dimenticato da tutti dopo il successo della sua Collant collant.
Non sfugge al gioco di rimandi nemmeno la televisione. A condurre L’isola delle meteore in cui De Sica bestemmia è Tiberio Timperi, che nel 2014 fu coinvolto in un caso analogo.
Dunque che dire di La mia banda suona il pop? Al netto di una sceneggiatura non sempre brillante e di qualche attore fuori fuoco (Paolo Rossi) dal mio punto di vista il film ha comunque più di un motivo che ne giustifica la visione. Non è certamente un capolavoro e difficilmente qualcuno lo sosterrà, ma è un guilty pleasure che mantiene quel che promette: musica anni ’80, nostalgia e qualche battuta pecoreccia che non guasta mai.