Judas Punk

Judas – Punk (1978 – LP)

Ultimo aggiornamento:

Judas PunkPur amando i Decibel non riusciamo proprio a considerarli un gruppo “punk”, non bastano certo capelli ossigenati e testi arrabbiati per farci cambiare idea nonostante quello che si legge in giro.

Pochi sanno che i Judas, loro compagni d’etichetta di quegli anni, erano quanto di più strano si potesse immaginare: un ex gruppo beat in decadenza che la casa discografica (la Spaghetti Records) voleva lanciare come gruppo punk. Vi suona come la solita truffa del rock’n’roll? Seguiteci in questo tuffo nel passato prima di trarre facili conclusioni.

Chi erano i Judas? Il nome della band è stato ideato “grazie” all’ex amico Beppe Maniglia (sì “quel” Beppe Maniglia, storico intrattenitore dei passanti in Piazza Maggiore a Bologna) che furioso appellò come “Giuda” Franco Carotta e Giancarlo “Martò” Martelli rei di aver abbandonato la sua band (i Compains) nel 1965 per divergenze stilistiche.

Come già detto i Judas non c’entrano assolutamente nulla con il punk anche solo per ragioni prettamente anagrafiche; i loro inizi sono nel segno della musica da balera per poi svoltare su cover di Beatles, Rolling Stones, Animals, Grateful Dead e Bob Dylan anche se rispetto alle band coeve i nostri avevano un suono più duro e pesante, uno stile di vita da “maudit” di provincia, con uno zoccolo duro di fans che li seguiva ovunque e che praticamente viveva con la band; inoltre potevano contare su un vero animale da palco come Martò, noto per il suo temperamento sanguigno.

Judas Punk
I Judas nel 1967

La band non riuscì mai ad andare oltre ad una serie di concerti al Piper di Roma tanto che nel 1967 Martò non ci pensò molto a lasciare la band con la prospettiva di rimpiazzare Augusto Daolio nei Nomadi, in procinto di partire per il servizio militare; alla fine Augusto non partì e non se ne fece nulla e quindi l’ormai ex frontman dei Judas intraprese una breve quanto sfortunata carriera solista, partecipando al Cantagiro con la “pessima” idea di portare una cover di “Hey Joe” con testo italiano scritto da Francesco Guccini: semplicemente il cantante sbagliato con la canzone sbagliata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Fu un’esperienza disastrosa.

Tornato a Bologna, Martò si riunisce alla band che, complice il declino del movimento beat, troverà sempre meno occasioni per suonare dal vivo.

https://www.youtube.com/playlist?list=PLZIuE-cc37xK1rl-YP7sc6FoPAQjf7HSa

La svolta arriva nel 1978 quando la Spaghetti Records, in cerca di band italiane da lanciare con l’etichetta di “punk”, offre loro un contratto discografico, probabilmente vedendo nei Judas una band turbolenta, dal suono potente e ancora sconosciuta ai più, oppure perché si trattava di una affare a basso costo visto che ormai nessuno avrebbe mai offerto loro un contratto.

Noi pensiamo che la verità stia nel mezzo, sicuramente dietro questa offerta si cela un piano commerciale palesato dal titolo del disco “casualmente” uguale al debut dei compagni di etichetta e, cosa ancora più scandalosa, la grafica della parola “punk” riciclata proprio dal disco dei Decibel.

L’album, prodotto da Jimmy Villotti (voce dei Meteors e futuro collaboratore di numerosi artisti pop e rock italiani) che ha anche collaborato alla stesura dei testi, nonostante sia puro esercizio di stile che cerca di ricalcare sia le tematiche che le sonorità del movimento punk, riesce comunque a convincere maggiormente rispetto al debutto della band di Ruggeri.

Sin dalle prime note della sleazy “Flash Down” si nota come i Judas suonino molto più compatti rispetto ai Decibel, mischiando il punk rock di Sex Pistols e Dead Boys, sonorità vicine ai primi Aerosmith più rock’n’roll, tetre ballate e testi forti con un vocabolario piuttosto spinto, utilizzando con disinvoltura parole come “cazzo”, “merda” o “figa” probabilmente più per il gusto di scandalizzare l’ascoltatore che per altro, ma che indubbimente si rivela una scelta coraggiosa per la musica italiana di allora.

Judas Punk
I Judas nel 1967

Il discorso viene portato avanti egregiamente dalla cupa “Cosmesi Per Un Suicidio”, dal grezzo r’n’r roll ad alto voltaggio di “Anastasia” inficiato però da un testo non all’altezza, e da “Metallo Sconosciuto” unico episodio definibile propriamente punk e forse il primo brano mai inciso in Italia che tal può definirsi, mentre “Aspirazione Compressione Scoppio e Scarico” si rifà un po’ troppo al gruppo di Johnny Rotten (parte della linea melodica ricorda fin troppo “Anarchy in UK”).

Uno degli episodi migliori è “Il Falco”, brano che inizia come una semi-ballata pianistica per sfociare in una potente cavalcata rock-wave che richiama alla mente i Litfiba di fine anni ’80.

A conti fatti i brani più deboli del lotto risultano le due ballate: la social “Corriere Della Sera 7/12/77”, troppo legata al contesto sociale di allora per poter risultare interessante, e il finale psichedelico di “Lore Lay”.

Come dicevamo all’inizio, il disco (oggi una rarità collezionistica), pur essendo frutto di un mero calcolo commerciale mostra come la band avesse da insegnare molto alle giovani generazioni rock, ma solo in fatto di attitudine, nonostante la pronuncia marcatamente emiliana di Martò e i testi alcune volte forzati e più spesso inadeguati.

Sfortunatamente i Judas non poterono promuovere il disco a causa della morte improvvisa il 16 novembre 1978 del loro carismatico singer in un incidente stradale. Vogliamo quindi strappare allo scorrere del tempo questo album schifato dai punk rockers e dimenticato dalla maggior parte di quelli che raccontano la storia del punk in Italia.

Tracklist:
01. Flash Down
02. Imbarco Mach 3
03. Cosmesi Per Un Suicidio
04. Corriere Della Sera 7/12/77
05. Anastasia
06. Aspirazione Compressione Scoppio e Scarico
07. La Menata
08. Il Falco
09. Metallo Sconosciuto
10. Lore Lay

Si ringrazia Sandro Beccari per le informazioni biografiche e le foto della band

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