Jem and the Holograms, il film del 2015 (molto) liberamente tratto dalla nota serie animata degli anni ’80 Jem è uno degli esempi più evidenti del cinismo e della superficialità con cui l’industria del cinema tratta i franchise da trasformare in film. Per fortuna è anche uno degli esempi in cui questo approccio fallisce completamente e altrettanto per fortuna il film è stato dimenticato all’istante e ricordato solo come uno dei più grandi flop nella storia del cinema.
Il motivo per cui Jem è diventata un live action deriva quasi certamente dal successo che hanno ottenuto i film di Transformers e G.I. Joe qualche anno prima. La rockstar dalla doppia vita condivide con loro l’origine: serie animate ricordate ancor oggi, co-prodotte dalla Hasbro (allo scopo di far vendere i giocattoli di cui sopra) assieme agli studi Sunbow e Marvel Productions. Squadra che vince non si cambia, giusto?
Tanto per andare sul sicuro, è stato piazzato in cabina di regia tale Jon M. Chu, che nel suo “prestigioso” curriculum aveva già G.I. Joe – La vendetta, tre film della serie Step Up (praticamente i film di Amici di Maria De Filippi), nonché due documentari sull’ascesa di Justin Bieber. Nella lista dei produttori figura tra gli altri anche Scooter Braun: uno dei produttori discografici e talent scout più potenti al mondo, nonché responsabile dell’esistenza come popstar del succitato Bieber. Che cosa potrà mai andare storto?
Tanto per cominciare, il film è stato realizzato senza consultare né tantomeno avvertire la creatrice della serie originaria, Christy Marx (che però appare in un cameo) e dati i nomi coinvolti, non è un caso che la storia di Jem, opportunamente traslata dagli anni ’80 agli anni ’10, su grande schermo ricalchi gli esordi proprio di Justin Bieber: una ragazza come tante si mette a strimpellare per diletto, a sua insaputa viene filmata e messa su YouTube, il video diventa virale per qualche ragione e i discografici iniziano a bussare alla sua porta. Tutto questo con l’aggiunta delle solite crisi di coscienza, messaggi del genere “sii te stesso” e una bizzarra sotto-trama con un robottino, che dovrebbe essere un rimando “plausibile” (si fa per dire) al super-computer Synergy, ma risulta solo demenziale e infilata a forza.



Del cartone animato originame non è rimasto praticamente nulla, se non i nomi che perdono completamente senso: perché infatti si chiamano The Holograms se non usano gli ologrammi per mutare il loro aspetto? Il personaggio di Jem è stato aggiornato come un incrocio tra Hannah Montana e (ovviamente) Justin Bieber, e anche il fatto che attrici e personaggi siano più giovani rispetto alle loro controparti animate è indicativo di quale fosse il vero target del film.
Anche a causa dello striminzito budget (circa 5 milioni di dollari, contro gli oltre 100 di G.I. Joe) tutto è reso al risparmio più assoluto, scordiamoci quindi l’orgia di colori fluo, i videoclip surreali e il glamour alla base della serie animata, tanto che appare assolutamente non credibile lo status di star planetarie della band (il “mega-concerto” in uno scantinato con suppergiù trecento persone è imbarazzante). Le canzoni sono passabili e la protagonista Aubrey Peeples perlomeno sa cantare, ma si tratta di un pop blando e riciclato, simbolo di un film che sceglie sempre le soluzioni più banali e innocue.



Per raggiungere il minutaggio minimo sindacale il film è intervallato da spezzoni in cui persone comuni e celebrità parlano di quanto amino Jem… Peccato che i produttori avessero chiesto ai fan della serie animata di mandare video in cui spiegassero cosa rappresentava questa per loro, e nel montaggio finale tentano goffamente di farli passare per appassionati della band del film! Il “meglio” però è riservato ai clip dei personaggi famosi, tagliati e rimontati brutalmente da qualche intervista, con un lavoro da Striscia la notizia.
Jem and the Holograms è un film è talmente povero, scialbo e inconsistente che non approfitta nemmeno della mania odierna per l’estetica degli anni ’80, né del messaggio quantomai attuale a favore del “girl power”, che il cartone riusciva comunque a veicolare nonostante la sua natura di spot promozionale per giocattoli. La pietra tombale però è l’inspiegabile assenza delle rivali storiche di Jem e della sua band, il complesso simil-punk delle Misfits, secondo alcuni il vero motivo per seguire lo show. Esse sono relegate in una breve scena piazzata durante i titoli di coda (forse la cosa migliore del film), di quelle che anticipano un sequel che nessuno vorrà mai fare e nessuno vorrà mai vedere, dati i catastrofici risultati al botteghino he in tutto il mondo sono arrivati a malapena alla metà del suo già minuscolo budget.
Quasi spiace per il coinvolgimento di Juliette Lewis, Molly Ringwald e per la semi-sconosciuta Aubrey Peeples, che sperava in qualcosa di meglio per lanciare la sua carriera. E per la cantante Kesha, che ha lottato per farsi assegnare il ruolo di Pizzazz, la leader delle Misfits, di cui è sempre stata grande fan. Ci auguriamo che dopo questo disastro i produttori capiscano che fare degli adattamenti limitati al nome dei franchise solo per sfruttare un brand noto è un suicidio annunciato.