Vi è mai capitato di ascoltare un pezzo disco Italiano pubblicato negli anni ‘70 o ‘80 per voi completamente sconosciuto e di rimanere sbalorditi quando ne scoprite l’autore o l’interprete? Il mio percorso da collezionista di vinili di musica disco Italiana è ricco di queste scoperte. Ogni volta le domande che mi faccio sono le stesse: com’è possibile che un brano così d’avanguardia possa far parte del repertorio musicale di un cantante che ha costruito un’immagine artistica completamente opposta? Voglia di sperimentazione e cambiamento? Gioco d’azzardo? Oppure dittatura discografica del mercato di quegli anni? Parte così la ricerca ossessiva e incontrollabile che ha come unico obiettivo la scoperta di questi tesori nascosti, che mi spinge ad ascoltare ogni vinile di musica italiana prodotto nel periodo ‘70-’80 alla ricerca della traccia inaspettatamente disco.
Nell’articolo precedente abbiamo visto che per gli artisti italiani la musica disco rappresentava un’opportunità per sperimentare, un veicolo per avvicinarsi alla cultura giovane, ribelle e underground. Molti la ripudiavano a priori, per l’utilizzo dei sintetizzatori che sostituivano gli strumenti acustici o per il mondo alternativo e trasgressivo dei night club che rappresentava. I più temerari sperimentavano il genere dedicandogli solamente il lato B di un 45 giri.
A parere dei discografici dell’epoca, questi B sides meno tradizionali non erano abbastanza forti da affrontare i palinsesti radiofonici e spesso non rappresentavano l’immagine dell’artista a cui il pubblico era abituato. Questa sfida del “lato B” mi ha sempre affascinato, perché riflette i volti di un’Italia divisa tra la tradizione e il cambiamento. Mi piace pensare che il lato A fosse dedicato alle creature del giorno, agli impiegati e alle casalinghe che sognavano amori unici ed eterni; mentre il lato B, più notturno, per quelli che popolavano le discoteche, che celebravano il sesso e le notti di fuoco.
In termini commerciali però il lato B poteva presentare un’opportunità di successo in più, per fare colpo sulle radio o nelle discoteche. Ci sono molti esempi in cui il B side è stato determinante per la carriera di un artista; tra gli esempi più clamorosi I Will Survive di Gloria Gaynor, Unchained Melody dei Righteous Brothers e We Will Rock You dei Queen. Il successo di questi b-sides dimostra che non esistono schemi o regole di mercato.
Prendiamo per esempio i Ricchi e Poveri, gruppo pop melodico sin dagli esordi nel 1970. Dopo le prime pubblicazioni con etichette discografiche come la Cetra e la Apollo Records, nel 1980 arriva la prima virata disco con i brani Somebody To Love (inserita come Lato B della stampa tedesca di E no e no) e Jungle Beat dall’album La stagione dell’amore per la Baby Records. Le sonorità dei brani sono quelle euro disco tipiche del momento, con il basso in levare e i sintetizzatori arpeggiati, elementi che non si erano mai sentiti prima in un loro lavoro. All’operazione discografica si associa anche il tentativo di cambio immagine per Angela Brambati e Marina Occhiena, che appaiono come regine della notte avvolte in lurex e paillettes in tutta la comunicazione visual dell’album. A firmare e arrangiare i pezzi è un giovanissimo Toto Cutugno, che all’epoca sperimentava vari generi musicali per poi arrivare alla canzoncina clichè “made in Italy” che l’ha reso famoso in tutto il mondo.
Ci sono invece artisti per i quali la musica disco è stata un punto di partenza da cui poi si sono dovuti allontanare, per conquistare un pubblico più ampio. È il caso di Giuni Russo, che nel 1976 pubblica il brano Che mi succede adesso come lato B del singolo Mai, cambiando temporaneamente lo spelling del suo nome in Junie. Anche Fiorella Mannoia, dopo aver lavorato nel cinema come controfigura di Monica Vitti, prova a lanciarsi nella funk/proto disco con Che sete ho lato B del singolo Piccolo del 1976, e con il meraviglioso 45 giri Scaldami del 1979 di cui abbiamo parlato ampiamente qui.
Nel 1980 Luca Sardella sorprende con una vera bomba disco funk dal titolo Fammi un po’ morire, lato B del singolo Mi rode mi scoppia, pubblicato dall’etichetta Alpharecord. Il brano è ricco di doppi sensi, con una struttura di arrangiamento fuori dagli schemi dell’epoca.
Anche Cristiano Malgioglio, dopo aver esordito con album e singoli strappalacrime in cui canta di amori non corrisposti e passioni incontenibili nei confronti di donne misteriose, finalmente inizia a concedersi alla disco music con l’album Sbucciami del 1979. In particolare con il lato B del singolo Ma va’… , dal titolo Io… la pantera pubblicato successivamente nel 1980 in cui canta «Ah, fossi io la pantera del cielo, lo tingerei tutto rosa davvero».
Molto interessante è il caso di Flavia Fortunato che qualche anno fa ha avuto un secondo exploit artistico grazie alla riscoperta del brano Se tu vuoi, B side del singolo Rincontrarsi del 1983. Il pezzo, che sembra suonato in “real time” senza l’aiuto di un metronomo o sequencer, ha contribuito al secondo avvento del fenomeno italo disco dal 2010 in poi, insieme ad Automaticamore (1981) e Musica spaziale (1982) di Patrizia Pellegrino, rispettivamente B-sides di Beng e Matta-ta.
Infine bisogna anche menzionare le scappatelle disco di quegli artisti rappresentativi del machismo rock/pop melodico italiano come Franco Califano con Balla ba… del 1977, brano ironico sulla cultura della discoteca di quegli anni, Adriano Pappalardo con Baby, lato B del singolo Voglio lei del 1978 che sfiora il mondo funk americano grazie alla sua voce graffiante e soul e Vasco Rossi con Amore… aiuto del 1982, tratto dall’album Vita spericolata, che insieme alla versione strumentale di Splendida giornata sono gli unici momenti disco della sua carriera.
Al di là della combinazione brano/interprete, la vera sorpresa è la sonorità attuale di queste produzioni forti e trainanti ancora oggi, a quasi 50 anni dalla loro pubblicazione; una nuova generazione di ‘evergreen’ scritti, registrati e prodotti in modo ingenuo e spontaneo, senza cedere alle tendenze di mercato dell’epoca. Immaginate un mondo analogico, senza streaming digitale e provate a pensare quanto questa mancanza potesse ispirare la creatività degli artisti che erano stimolati da qualsiasi input che vivano nelle loro giornate. A mio avviso questo slancio è uno degli elementi che manca a gran parte della musica di oggi, troppo impegnata nella corsa per il passaggio in radio o per i milioni di stream. È un giudizio personale, dato che alla fine la musica “bella” è quella che ci fa sognare, la colonna sonora dei nostri momenti speciali e che ci regala il brivido di una melodia che tocca le corde della nostra anima.