artisti con i peggiori fan

I 20 artisti con i peggiori fan

Essere fan va oltre la mera passione. I fan possiedono quel non so che di mistico che trascende la logica e s’infiltra nel subconscio facendo andare in corto circuito razionalità, logica e buon senso. In effetti la parola fan deriva dall’inglese “fanatic” e anche se oggi nel senso comune il termine non è assimilabile a “fanatico”, sotto sotto questo legame etimologico è ancora forte e vivo: basta accendere la televisione e assistere alla massa di persone che accorrono a liturgie collettive per la celebrazione dei propri idoli, che siano calciatori, piloti, divinità o musicisti non fa differenza.

Nel mondo della musica vi sono degli artisti che assai più di altri, per qualche ragione, trasformano i loro fan in una sorta di armata obnubilata dalla loro stessa passione che si scagia puntualmente in una guerra santa contro chiunque voglia fare anche solo una piccola riflessione sul dogma dei loro idoli o delle loro opere, strangolando sul nascere qualsiasi possibile critica o analisi.

Abbiamo quindi voluto stilare una nostra personale lista dei 20 artisti con i peggiori fan che non ha nulla a che vedere con i gusti individuali, ma è basata solo sulla nostra esperienza personale.

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Dream Theater

Dream Theater

I maestri incontrastati del progressive metal, indefessi masturbatori del pentagramma, abilissimi cecchini delle 7 note, inossidabili piastrellisti di suite in tempi dispari. Quando poi fai notare che si sono dimenticati – parecchi dischi fa – di come si scriva una canzone che non sia il solito patchwork di scale e assoli, ricomincia il solito adagio su come loro siano i Dream Theater e tu sia solo un povero stronzo che a malapena sa suonare il giro di Do.

Manuel Agnelli e Afterhours

afterhours

San Manuel Agnelli proteggici tu. A cui è concesso tutto e il contrario di tutto, come passare da santino del rock indipendente e indipendentista italiano che si erge eroicamente contro stanchi colossi pop(rock)ulisti, a diventare giudice di X-Factor al fianco di Fedez o timbrare il cartellino al Festival di Sanremo, non esattamente il Tora! Tora! Quando poi menzioni che i tanto vituperati Vasco e Ligabue non sono (per ora) mai andati a fare i giudici di un talent show il fan inizia un’improbabile arrampicata su un muro di vetro coperto di sciolina.

Gigi D’Alessio

Gigi D'Alessio

Vero e proprio profeta in patria e in ogni luogo del globo terracqueo in cui ci sia una “pizzeria da Ciro”. Melodramma neomelodico ammantato di pop facilone, romantico e iperglicemico che non ammette repliche, pena venire zittiti da voci chiassose che nell’ordine ti rinfacciano di essere contro il meridione (anche se tu magari sei siciliano) e ti spiegano che Gigi  D’Alessio non lo si ascolta, lo si vive. Difatti ascolta Gigi e poi muori.

Pooh

Pooh

50 anni di carriera sono un traguardo incredibile, ben più lungo di tanti matrimoni o di una condanna per omicidio. Il gruppo con il nome preso in prestito da Winnie the Pooh, il tenero orsetto amante del miele che piace a grandi e piccini, ben incornicia il loro rock romantico sopravvissuto a tante primavere. Musica ben suonata e professionale, ma trasgressiva come delle bolle di sapone. Ottimo sottofondo da balera, ma spacciare i Pooh come il miglior gruppo rock italiano di sempre (come se gli Area non fose mai esistiti, giusto per citare i primi a caso) pare un po’ eccessivo. In tutta risposta vengono tirati in ballo i dischi proto-progressive dei primi anni ’70 come se bastassero a giustificare ben 30 album di rock alla camomilla e il fatto che Stefano D’Orazio sfoggiasse una gigantesca batteria con doppia cassa degna di un gruppo death metal per suonare Piccola Katy.

Marco Masini

Marco Masini

Nonostante le stronzate sulla sfiga e la popolarità incostante, la voce della malinconoia mantiene un’invidiabile zoccolo duro di fan che non lo hanno mai mollato (o quasi), neppure quando ha provato (fallendo) a fare il rocker per 5 minuti e che tutt’oggi giustificano le cose più incredibili con un piglio incazzoso come se avessero appena fatto una colonscopia. Non ci credete? Ebbene, solo loro sono riusciti a dare un senso a E chi se ne frega, l’assurda versione italiana di Nothing Else Matters.

Luciano Pavarotti

Luciano Pavarotti

Ci spiace per Domenico Modugno, Andrea Bocelli, Al Bano, Laura Pausini, Eros Ramazzotti e Toto Cutugno, ma Big Luciano è indubbiamente la voce più nota del bel canto italiano nel mondo. Essere una superstar dell’opera stava stretto al tenore di Modena come un abito taglia 46; tentò così di trasformarsi in una rockstar, invitando a banchettare con lui i nomi più famosi della musica pop-rock internazionale in quell’assurdo baccanale che fu il Pavarotti & Friends. Grazie allo scudo umano della beneficenza tutto era permesso, calpestando allegramente come un malefico schiacciasassi le regole base del buongusto e dei diritti della canzone. Impossibile far ragionare le masse che accorrevano a fiotte ad assistere a questi imbarazzanti duetti sempre seguitissimi anche in televisione, zittendo qualsiasi voce fuori dal coro con l’arma segreta dell’equazione «se c’e un tenore è sicuramente buona musica».

Jovanotti

Jovanotti

Lorenzo Cherubini, da marionetta di Claudio Cecchetto a instancabile intrattenitore delle masse, di strada indubbiamente ne ha fatta; saltellando tra i generi più disparati senza un continuum preciso, andando a braccio tra tanta confusione stilistica, un po’ Jovanotti un po’ Lorenzo a seconda di come tirava il vento, ma tenendo sempre l’orecchio teso alle nuove tendenze. Il suo cantautorato da intrattenimento misto a un sapiente uso dei nuovi media ha fatto sì che sia riuscito a rimanere sempre attuale e sulla cresta dell’onda, venendo incoronato come un artista a tutto tondo da un mare di fan cresciuti con lui, dai tempi in cui imperversava in TV con movenze spastiche, indossando il cappellino alla rovescia, raccontandoci come tutto era una «figata spaziale». Non so voi ma qualcuno potrebbe pensare che il suo qualunquismo musicale sia deprecabile.

Povia

Povia

Controverso e polarizzante come un incompreso messia, Giuseppe Povia è uno che ha combattutto il talento (o l’assenza di esso) con fastidiose onomatopee, posizioni astutamente scomode e contraddittorie e video deliranti pubblicati sui social network. I fan di Povia paiono non esistere perché anche loro stessi si vergognano di ammetterlo in pubblico, ma basta che cali la mezzanotte e come jihadisti-Gremlins della tastiera si scatenano contro qualsiasi persona, animale, cosa, nazione o religione che nomini il nome del loro profeta dal capello unto invano.

Immanuel Casto

Immanuel Casto

Immanuel Casto nasce come web-fenomeno dei primi anni 2000 quando pubblicava sulla sua pagina MySpace i suoi primi dischi caserecci: tappeti elettronici dozzinali registrati in cantina sui quali declamava liriche porno-gay divenute in poco tempo dei veri cult underground. Canzoni indubbiamente ridicole, senza appeal e cantate pure male, ma rese memorabili da quei testi improbabili che sopperivano all’assenza di talento, facendone un personaggio vero nella sua assurdità. Grazie al virale passaparola e ad una serie di singoli costruiti per cercare il tormentone ecco che da incatalogabile outsider diventa rapidamente un personaggio ripulito e plastificato di una major discografica, anche per merito di una foltissima e trasversale schiera di fan (uomini, donne, etero, non-etero, ragazzini e meno giovani) impermeabile a critica o riflessione sul loro idolo pena uno stizzito «non capisci il personaggio», «non lo conosci» o «non comprendi la sua profonda critica della società contemporanea».

Mina

Mina

Diva della musica italiana, controparte femminile di Lucio Battisti (per fama e improvvisa scomprsa dalla scena pubblica), punto di riferimento per ogni cantante femminile di casa nostra, nonché ineguagliata icona gay. Mina è allo stesso tempo sorta di slot machine del pop, con una produzione discografica vastissima ma con basso controllo di qualità, cover azzardate, duetti più o meno improbabili ed evitabilissimi vocalizzi pubblicitari. Qualsiasi cosa accada mai contraddire la superdiva e i suoi fan, forte di un culto transgenerazionale pronto a difendere come semicapolavoro qualsiasi cosa ruggisca il felino più famoso di Cremona.

Giovanni Allevi

Giovanni Allevi

Amato dalle masse e disprezzato dai colleghi. Giovanni Allevi, l’ex pupillo di Jovanotti, si è costruito un’immagine di snob stralunato, giocando col populismo di musica sempliciotta spacciata per nuovo classicismo. Tutto questo condito con l’immagine rassicurante di eterno ragazzone tontolone, studioso e che la Domenica va sempre in chiesa; rapidamente ciò lo ha trasformato in un perfetto simbolo della creatività italiana ad uso e consumo dei mass media. Che piaccia o non piaccia l’importante è non criticarlo per non rischiare di farsi recapitare un prioettile a casa come segno di pacifico avvertimento da parte dei suoi sostenitori.

The Beatles

Beatles

Nel pantheon religioso mondiale di fianco a Dio (Geova, Allah, Gesù Cristo, Odino, Zeus o chi vi pare) ci sono quattro ragazzi di Liverpool che in meno di dieci anni di carriera riuscirono a influenzare non solo la musica ma la società a livello globale. Una carrellata irripetibile di album e singoli snocciolati con irritante facilità (chiedetelo a Brain Wilson) che li trasformarono in inattaccabili divinità (quantomeno fino a che rimasero insieme). Il tempo non ha affatto scalfito questa loro aura di perfezione iperuranica; pena la fustigazione nella pubblica piazza.

Lucio Battisti

Lucio Battisti

Cercare di criticare Lucio Battisti risulta blasfemo quanto organizzare una porchettata a Teheran. Innovatore, visionario, artista puro al di fuori delle dinamiche di mercato. Nessun “ma”, nessun “se”, nessun “però”. Battisti fu e sempre ci sarà. Siamo noi che non capiamo, che critichiamo solo per il gusto di farlo oppure siamo solo degli esterofili coglioni che non hanno nient’altro di meglio da fare.

Dhamm

Dhamm

Per una band-meteora come i Dhamm (un paio di zuccherosissime ballate, la sigla di Street Fighter e qualche zompettata al Festivalbar come fosse il carnevale di Viareggio), è ammirevole la passione dei loro fan, perché, ebbene sì, ancora oggi i Dhamm hanno ancora dei fan. Passionali e agguerriti difendono a spada tratta i loro idoli in una sorta di ristrettissima setta.

Steve Rogers Band

Steve Rogers Band

Steve Rogers Band = Massimo Riva = Vasco Rossi. La backing band della superstar di Zocca per tutti gli anni ’80, con cui condivise palchi, successo ed eccessi, tenta una carriera indipendente guidata da un non lucidissimo Massimo Riva con ben quattro album di cui ricordiamo solo il mezzo tormentone Alzati la gonna e non certo per i suoi incredibili fraseggi di chitarra, l’interpretazione trascinante o i sopraffini arrangiamenti, quanto piuttosto per il testo che incitava la donna a “darla”. In effetti la possiamo collocare un gradino sopra Faccia da pirla di Charlie. Non osate criticarli, oppure orde scatenate di troll inferociti vi si scaglieranno contro capeggiate da Maurizo Solieri in persona che prese anche la briga di scriverci personalmente per insultarci. Rock’n’roll!

Pink Floyd

Pink Floyd

Per ogni appassionato di musica rock ci sono dei punti fermi che è impossibile evitare tra cui i Pink Floyd. Tappa obbligatoria in un percorso di formazione che non ammette diritto di replica, pena la scomunica ed essere bollati come dei nuovi sapientelli spocchiosi alla Piero Scaruffi, quando, in realtà, magari abbiamo le nostre ragioni per sbadigliare sul lunghissimo Ummagumma o non sobbalzare sulla sedia ascoltanodo The Dark Side of the Moon e soprattutto chiederci che cosa diavolo ci abbia mai fatto Nick Mason con quella doppia grancassa se non decorare il palco.

Queen & Freddie Mercury

Queen

Non si parla male dei santi e dei morti (ma perché non si dovrebbe?). I Queen e la loro primadonna rientrano a pieno titolo in entrambe le categorie. Freddie Mercury e compagnia suonante siedono alla destra del Padre per la loro presunta infallibiltà: qualsiasi vero fan della band vi dirà che ogni disco, ogni canzone, ogni nota, ogni scoreggina incisa dalla band inglese sia da tramandare ai posteri come esempio di perfetto classicismo rock, anche la raccapricciante colonna sonora di Flash.

Elio e le Storie Tese

Elio e le Storie Tese

Il simpatico complessino milanese si è accaparrato la licenza di far ridere e prendere per il culo il prossimo, ma tale ironia e senso critico non la possiedono i fan degli Elio e le Storie Tese che, anche alla luce di un netto appannamento di idee e di una indubbia commercializzazione del gruppo e del suo leader, si avventano su chiuque non incensi qualsiasi genialata partorita dalla band: «sono tecnicamente mostruosi», «possono fare quello che gli pare», «sono maturati», «vi hanno preso per il culo» o semplicemente «geni».

Vasco Rossi

Vasco Rossi

L’unica vera supermegaultrastar della musica italiana è stata Vasco Rossi. Magnetico catalizzatore di generazioni che puntualmente si trovano a celebrare l’estasi mistica della comunione con la propria divinità in concerti-evento negli stadi di tutta Italia. Vasco non lo si ascolta, lo si vive. Vasco è la vita, la luce, la verità. il resto sono solo rosiconi che meritano il martirio pubblico.

One Direction

One Direction

Ce ne sono state di boy band in passato tutte con una fanbase fatta di folli ragazzine con gli ormoni fuori controllo, ma mai abbiamo assistito a scene di follia collettiva come nel caso dei One Direction, venerati al pari di divinità scese tra gli uomini. Come non ricordare la veglia collettiva alla notizia dell’abbandono del gruppo da parte di Zayn, gli scontri con i supporter di altre teen band ma soprattutto contro le beliebers (le fan di Justin Bieber), la creazione di veri e propri altari votivi con tanto di candele e reliquie di ogni genere (bottigliette d’acqua usate dai One Directions, aria respirata e additirittura vomito), minacce di morte alle ex fidanzate della band e infine mettersi l’apparecchio ortodontico solo per imitare il biondo Niall.

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  1. E il buon Tiziano Ferro? Guai a mettere in dubbio la profondità’ dei suoi testi, pena l’asso di picche dalle schiere di sbarbe idolatranti.

  2. Ho conosciuto fan sfegatati dei Pink Floyd litigare impetuosamente con gli amanti del progressive rock o del jazz fusion, professandosi degli intellettuali intenditori di musica (sapete quelli nel salottino con l’impiantino fiko), insomma per primi metterei Pink Floyd e Dream Teather come esempio di fan in competizione che difenderebbero a spada tratta i propri idoli, altri contrasti avvengono fra fan Dire Straits vs Genesis, Yngwie Malmsteen vs Ricky Portera (chitarrista di Lucio Dalla) il quale in un negozio di strumenti musicali è stato a mio avviso criticato e sminuito da fan del metal… un vero peccato che un artista si prodighi a condividere le sue esperienze e venga bistrattato in quel modo, solamente perché fra le citazioni di grandi chitarristi mancava quella del talentuoso e virtuoso Malmsteen. Posso capire che un musicista possa non piacere, ma il disprezzo e lo svilimento secondo me non è ammissibile nel campo musicale, se lo fai non sei un artista.

  3. Aggiungerei anche i fan di Cristina D’Avena (esistono davvero! Basta leggere le lettere online di 10-15 anni fa sul sito di “Tv sorrisi e canzoni” per rendersene conto!)

  4. Laura Pausini e Ligabue. Forse peggio di Vasco. Elio e le storie tese troppo vero. Imbarazzanti da anni e i fan tutti a dirti che non li capisci.

  5. Io ci aggiungerei:
    -i fan di Laura Pausini
    -i/le fan di Claudio Baglioni
    -i fan di quasi tutti quei cantanti/gruppi musicali pseudo-alternativi osannati dalla critica

  6. I Tokio Hotel, ragazzi. I Tokio Hotel.
    Come avete potuto non aggiungerli? Mi sono ritrovato, meno di un anno fa (quindi molto, molto tempo dopo i loro “fasti” [tra molte più virgolette, ça va sans dire]), a dovermi proteggere dagli strali violentissimi e -diciamolo- fuori tempo massimo dello zoccolo duro delle loro fan che volevano spellarmi e cospargermi di sale per far piacere al Signore (il signor Kaulitz, immagino) solo perché ho espresso il mio stupore al fatto che esistessero ancora.
    E non vi dico gli insulti quando dico che il frontman all’epoca mi sembrava una decente ragazza emo.

  7. Dimentichiamo gli Ac/Dc, i cui fan difendono a spada tratta tutti e 16 gli album contraddistinti dal TUM-PA ad irritante cadenza regolare, urla da pestoni sul piede e riff eternamente identici. Guai a criticarli, vi darebbero dell’incompetente anche se foste turnista dei Tool.

  8. E’ una classifica molto parziale, nel senso che quasi tutti i fan di qualche cantante o gruppo sono fanatici. Gli idoli non si possono toccare a quasi nessuno, non solo ai cultori di questi dieci.
    La divinizzazione incondizionata dei Beatles non è poi così vera; proprio noi beatlesiani siamo i primi a riconoscere la pochezza di “Yellow Submarine”, “The Continuing Story of Bungalow Bill”, “O-bla-di O-bla-da”, “Act Naturally”, “Revolution #9” e qualche altra.

  9. Penso che anni fa i primi sarebbero stati Duran Duran o Take That o le dive disco o i divi glam anni 70… Cioè gente che è al top nel periodo di stilo della classifica. Concordo con chi scrive, di chiunque alla fine si salva solo qualche disco/canzone e il resto è commercio o buone intenzioni andate male! 🙂 X concludere; siete liberi di essere fan di chi vi pare ma nn rompete LE BALLE a chi nn apprezza o nn capisce o nn interessa il ‘genio’ del vostro idolo. Salut! 😉

  10. Ok, forse in questi giorni di resurrezione televisiva suona davvero banale, ma lo confesso: ero sicura di trovare anche De André.
    Fatico a credere all’esistenza dei fan dei Dhamm, qui e ora. Ma davvero esistono?

    1. Come estimatore della musica di De Andrè, devo ammettere, per spirito d’autocritica, che anch’io mi sarei aspettato una menzione. FORSE come fan siamo meno fastidiosi di quelli di Battisti ma abbiamo anche noi una certa tendenza a considerare De Andrè intoccabile, pur con le sue pecche.

  11. Vasco primo tutta la vita.
    Dico solo: bandana annodata attorno ai poggiatesta e sciarpa “VASCO” sul lunotto. Opzionale l’adesivo “Io c’ero – Modena park” sul baule.

  12. Scusate ma da “Defender” mi tocca far notare che in questa classifica è stata esclusa la unica e vera Band mai stata e che mai sarà, con la sua schiera di fedeli votati al vero metallo:

    ManOwaR

    The other bands play… ManOwaR kills.

  13. Alla lista, aggiungerei anche i Manowar. Un gruppo che mi piace moltissimo, però la loro fanbase… per avere un assaggino, vi basta cercare delle recensioni online negative o pseudo-tali dei loro ultimi album: quando le trovate, date un’occhiata ai commenti in calce alla recensione. E ditemi se non sentite puzza di metal-jihad incombente.

  14. Vasco Rossi doveva essere indiscusso primo, rendendo chiaro che la sua musica è un castigo di dio per un paese che non vuole a nessun costo abbandonare la sua profonda provincialità.

  15. E vi consiglio di tenere d’occhio anche i fan di quell’indie scadente che va ora in Italia, tipo Calcutta o Baustelle. Ascoltano roba piena di riferimenti culturali completamente random e trattano il prossimo come uno scemo che può comprendere solo i talent

  16. È il rossi cantante? Cantante, si fa per dire. Ovviamente. Il tale che non ha nulla da dire e in effetti non dice assolutamente NULLA.

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