Siamo ormai a pieno titolo nel periodo estivo, è quindi giunto il momento di parlare di un prodotto facile e spensierato come vuole la tradizione. Trattasi di “Girano Le Pale Compilation”, ovvero una raccolta di balli di gruppo, classici della goliardia e parodie di brani dance famosi, sapientemente dosati nella tracklist, con tanto di immancabile copertina low budget praticamente disegnata con Paint. Dietro all’intero progetto c’è lo zampino (o lo zampone?) di Gianni Drudi, che maschera da compilation un disco quasi interamente pensato e interpretato da lui stesso.
Si parte con la title track “Girano Le Pale”, interpretata da tale (o tali) Nepenta: classica canzone pseudo latino-americana con cassa dritta ammorbidita, il cui testo è tutto imperniato sul doppio senso delle “pale” che girano; a interpretare la canzone c’è una voce vagamente spagnoleggiante che canta in un italiano da moldavo appena arrivato in Italia. Già nel secondo brano è però il nostro Gianni Drudi ad incalzare, quasi a ricordarci che è lui il capo incontrastato della situazione ed eccolo sfornarci “Singamarashuda”, incomprensibile quanto geniale ballo di gruppo a sfondo sessual-fancazzistico.
Già accaldati, ma pronti per averne ancora, arriviamo alla prima vera perla del disco: “Capitone”, firmata dalla Dragoband, in altre parole la cover di “Dragostea Din Tei” di Haiducii cantata da Gianni Drudi insieme ad una finta rumena, naturalmente col testo riadattato per l’occasione; le citazioni degne di nota si sprecano: proverbiale lo scambio di battute tra il solito Drudi e la turista straniera (“adesso mi tiro giù le braghe / oh no, qui no, non c’è un’italia in miniatura / Però, però, non credevo che anche qui / grosso così si trovasse il capitone”), che esplode in un ritornello da capogiro:
Pesce freddo porto qui con me
prendilo anche te
assaggia il capitone
fa un gran caldo buttati con me
euro sexy barbie dance.
A questo punto per stemperare un po’ la tensione i saggi compilatori hanno pensato bene di cambiare registro, infilando una dopo l’altra una fedele cover de “La Banana (El Unico Fruto Del Amor)” e subito dopo il classico riempipista evergreen di Gianni Drudi, “Fiky Fiky”, del quale ci sembra superfluo parlare ora, ma visto e considerato che se non la conoscete probabilmente non capirete niente di questa recensione, vi conviene andarvela a recuperare e tornare sazi di cultura della riviera romagnola.
Tornando alla compilation, i produttori non volevano proprio farci mancare niente, non poteva dunque mancare la traccia baby-friendly, quindi ecco arrivare “Cucundero”, facilmente canticchiabile anche da un innocente bambino. “Vacanze Tropicali” della Tropic Band (ma sempre cantata da Gianni Drudi) solca ancora una volta il tracciato del latino-americano da pianobar, sempre a sfondo sessuale, ma con tinte meno forti, diciamo per famiglie.
Procedendo nell’ascolto, la versatilità del Maestro Drudi ci sorprende sempre più: Gianni ha addirittura rispolverato le Teste Sciroppate, che in questo caso si fanno chiamare Caveza Loca, proprio perché ci presentano una versione spagnola (e velocizzata) del loro classico “Senti Come Puzzi”, che qui diventa “Mira Como Apestas”, aggiungendo come ciliegina una manciata di suoni a caso; il risultato è praticamente una canzone della Rana Pazza.
Arriviamo quindi al reggaeton de “La Danza Del Culetto”, stavolta firmata Gianni Drudi, il quale si espone proprio nella canzone che suscita più scandalo, non tanto per il testo, classico ballo di gruppo, quanto per il fatto che la melodia è esattamente la stessa di “Singamarashuda”! Stesse note del riff, stessi accordi, stessa tonalità. Nemmeno i Bee-Hive erano stati capaci di tanto.
Si continua con “Estate Loca”, che stavolta Gianni firma solo col cognome Drudi (ma perché?), e che di diverso rispetto al resto della sua produzione ha solo un intro e un outro di chitarra flamenco. Seguono altri due classici drudiani come “Ma Che Cazzo Dici?” e “L’Estate Che Scocca” (praticamente un medley tra la sua “Fiky Fiky” e “Blue” degli Eiffel 65). Della traccia seguente “Il Pulmino Dell’Amore” ancora una volta cantata da Drudi ma firmata come Drubati, ci basterà citare la prima strofa e il ritornello:
Del pulmino dell’amore
sono io l’imperatore
e ci passo tante ore
nel pulmino dell’amore.
Nel pulmino dell’amore
faccio entrare le signore
che capiscon dall’odore
quel che poi si passa a fare
nel pulmino brum-brum
nel pulmino brum-brum.
Poche volte ci è capitato di sentire un disco così terribilmente brutto e nazional-popolare da risultare irresistibile. Mai avremmo pensato di trovarci ad ascoltare più di una volta un disco comprato a 2 Euro nei cestoni-offerta dell’Auchan.
Questa la magia di Gianni Drudi. Trasforma la goliardia sessista da riviera romagnola in un patrimonio artistico da conservare con gelosia e da rispolverare con religioso rispetto (ma con parsimonia) quando neanche “Rimini Rimini” riesce a risollevarti il morale.
È il potere ancestrale della musica degli autoscontri e delle sagre paesane. Buone vacanze a tutti.
Tracklist:
01. Nepenta – Girano Le Pale
02. Gianni Drudi – Singamarashuda
03. Models – La Filanda
04. Dragoband – Capitone (Dragostea Din Tei)
05. Banana Band – La Banana
06. Gianni Drudi – Fiky Fiky
07. Cucunderos – Cucundero
08. Tropic Band – Vacanze Tropicali
09. Caveza Loca – Mira Como Apestas
10. Nepenta – Girano Le Pale (Remix)
11. Gianni Drudi – La Danza Del Culetto
12. Drudi – Estate Loca
13. Gianni Drudi – Ma Che Cazzo Dici?
14. Gianni Drudi – L’Estate Che Scocca
15. Drubati – Il Pulmino Dell’Amore
16. Uomo Gatto – Uomo Gatto Rap