Pur esistendo da diversi anni, i Freakout! hanno deciso di far parte di quel vuoto cosmico della musica italiana che parte dai Finley, passa per i dARI e finisce con Posi: il perfetto cibo per le orecchie della generazione del “digito ergo sum” tra cellulari, iPod e Facebook, impegnata a seguire Amici, il Grande Fratello e che non si perde una puntata di X-Factor, pensando che quella baraonda sia vera musica, magari idolatrando quel fallito di Morgan (musicalmente parlando, visto che a parte un paio di buoni dischi con i Bluvertigo non ha dimostrato nulla se non pettinature di dubbio gusto).
Ufficialmente i Freakout! hanno fatto di tutto per scrollarsi di dosso i paragoni con i dARI, ma sono partiti proprio dalla fanbase di questi ultimi per costruirsi un seguito che permettesse loro di uscire dall’underground.
Possiamo considerare il trio emiliano contemporaneamente meglio e peggio della band di “Wale (Tanto Wale)”: musicalmente sono qualche spanna più solidi, come influenze citano il “solito” Alberto Camerini (quello di “Rockmantico”, che farà anche qualche concerto con loro), ma anche Garbo, David Zed, Japan e la new wave britannica, David Bowie e l’eurodance tutta. Benissimo, ma non possiamo ignorare una marchetta come il singolo “Bambolina elettrica” che li ha resi popolari sul web; i tre calano le mutande e piazzano una quasi-cover dei dARI citando “Electric Barbarella” dei Duran Duran e “I’m in Love With My Computer” dei misconosciuti quanto geniali Andy Warhol Banana Technicolor: vera carta moschicida per tutte le bimbeminkia del web.
Sfogliando gli 11 brani di “Viaggio spaziale” ci si accorge del maggiore spessore rispetto all’electro-bubblegum-trash-pop-punk del gruppo di Aosta, non tanto per le grandi capacità di scrittura, ma più che altro per la qualità delle citazioni: “Manichini” è un aggiornamento del sound punk-wave di Jo Squillo Eletrix, “Vorrei essere un suono” mischia il dinamismo scontato del revival new wave britannico con il tunz tunz ignorante dell’eurodance, mentre in “In The Space Trip” e “I Fall In Love With My Robot” emergono echi dei Rockets, degli AIR più robotici di “10,000 Hz Legend” e addirittura dei Kraftwerk.



Purtroppo lacca e trucco non bastano a far diventare magicamente Bacco (voce e basso), Flinky (chitarra) e Gor (synth) dei novelli Nick Rhodes, Steve Strange e David Sylvian, ma soprattutto a risollevare un disco infarcito di synth a 8 bit (che dovrebbero essere banditi agli under 35), combattutto tra lo yin e yang di voler creare un proprio suono volutamente retrò e derivativo, ma non necessariamente banale e musica per feste da prima liceo, con testi senza spessore scritti con la Smemoranda in mano.
Ecco quindi che nasce “Limonata punk!”: brano dall’efficace doppio senso, capace d’infrangere i cuori delle bambine che giocano con l’eyeliner, grazie a un concentrato di citazioni/plagi/rimandi a cominciare dall’incipit di “My Sharona” dei Knack, continuando con Nada, Ramones e tanti altri.
Perché continuiamo a parlare del nulla? Bella domanda. Qualcuno direbbe “Sottovuoto generazionale”.
Tracklist:
01. Electroride
02. Bambolina Elettrica
03. Dandy Boy
04. In The Space Trip
05. Manichini
06. Corto Circuito
07. Benny e L’astronauta
08. Vorrei Essere Un Suono
09. Viaggio Spaziale
10. Limonata Punk!
11. I Fall In Love With My Robot