Prima di iniziare a parlare de Il suono in cui viviamo. Saggi sulla popular music è necessario chiarire che cos’è la popular music. Proprio su questo ruota la prima parte del libro di Franco Fabbri, voce e mente degli Stormy Six dalla fine degli anni ’60 all’inizio degli anni ’80 e successivamente noto musicologo.
Non si tratta di “musica popolare” intesa come folkloristica, piuttosto nel senso più mondano del termine, quindi incentrata sulla distribuzione di massa a un pubblico ampio (e non si intende solo il mainstream, ma anche il cosiddetto underground); pertanto non colta (musica concettuale, classica o avant-garde) né tradizionale (musica popolare o etnica).
Già nell’introduzione l’autore mette le mani avanti specificando come popular music resti un concetto ampio, talmente ampio che gli stessi esperti in materia non sempre riescono ad accordarsi sui propri limiti significativi, venendo esplicitata così una componente sociologica, ma soprattutto soggettiva e addirittura ideologica nel concepire e nell’etichettare la musica.
Lo stesso termine, intraducibile in italiano, viene mantenuto in inglese in quanto non si riferisce alla musica popolare, né alla cosiddetta musica leggera (uno dei termini più odiosi di tutta la teoria musicale, mi permetterei di aggiungere) e viene analizzato con cura guardando anche a un’interessante storia della musica di larga diffusione la quale ebbe la spinta definitiva dalla nascita di mezzi come il disco, la radio e la TV.
Non fatevi però ingannare da questa introduzione, il libro di Franco Fabbri è uno strumento assolutamente essenziale per chiunque voglia avere una conoscenza musicale approfondita, il tutto scritto in uno stile limpido e accessibile a chiunque, che si abbiano conoscenze specifiche o meno.
Il libro è costituito da numerosi saggi di veloce lettura e facile comprensione, oltre che molto divertenti per lo stile di Fabbri che riesce a raccontare in maniera vivace e discorsiva argomenti di ogni tipo. Ogni saggio si focalizza su una problematica in particolare della musica che spesso anche gli addetti ai lavori ignorano o bypassano senza remore, come ad esempio la sempre troppo sottovalutata importanza di classificare i generi musicali e tutto ciò che si nasconde dietro il singolo genere musicale a livello sociale, la loro importanza, ma allo stesso tempo la consapevolezza di porre una propria ideologia quando si definisce un certo tipo di musica.



Ci sono anche molti esempi di saggi su argomenti ben determinati e curiosi da non sottovalutare per capire la musica contemporanea come uno su riff e importanza della ripetizione nella musica o quello dal titolo provocatorio “Serve la noia nelle canzoni?”. Ne troviamo uno dedicato esclusivamente alle “Forme e modelli delle canzoni dei Beatles”, numi quasi onnipresenti in ogni saggio del libro di Fabbri, come dargli torto d’altronde vedendo la loro gigantesca importanza per la popular music? Viene così sviscerata con grandissima cura metodologica l’evoluzione musicale dei Fab Four nel passare degli anni e viceversa, come la società, almeno da un punto di vista musicale, assunse connotati ben precisi anche grazie a loro.
Estremamente importante anche osservare le evoluzioni dei gruppi americani tra gli anni 1960-1967, portando finalmente a una giusta rivalutazione di generi bistrattati come il surf rock strumentale, occasione per sperimentare nuove rivoluzionarie tecniche del suono e virtuosismi chitarristici, poi gradualmente scomparso proprio con l’arrivo dei Beatles e della British invasion in generale. Questi, pur essendo meno bravi tecnicamente di molti altri artisti oggi dimenticati, ebbero un impatto culturale travolgente per il pubblico di massa (soprattutto tra i più giovani); ciò fu un fattore importante per la nascita graduale di altri generi come ad esempio il progressive rock, molto più sperimentale e di nicchia, mostrandoci un continuum tra musica di massa e underground che spesso viene sottovalutato quando non del tutto negato (argomento ampiamente evidenziato in maniera assolutamente accurata portando diversi casi italiani nel saggio “De Andrè il progressivo”, mostrando gli intrecci con la musica cantautoriale).
Non bisogna dimenticare che le osservazioni musicali di Franco Fabbri esposte ne Il suono in cui viviamo nascono anche da un’esperienza di prima mano proprio con i suoi Stormy Six che, partiti come grupo R&B e beat, hanno mescolato la canzone politica con il rock progressivo.
Dalla sua originaria pubblicazione, nel 1996, il libro di Fabbri è divenuto una specie di Bibbia per musicisti e non, studiosi e semplici appassionati alle prime armi, arrivando pur nella sua semplicità ad essere anche un apprezzato testo universitario. Andato arricchendosi di nuovi saggi e precisazioni nel corso di un’ulteriore edizione nel 2002 e successivamente una terza nel 2008 in cui si dà il giusto spazio anche alle musiche del XI secolo e alla musica nell’epoca digitale. Segno inesauribile della voglia travolgente di Fabbri di dare uno sguardo a 360 gradi al suono in cui viviamo e che non possiamo assolutamente ignorare.