Il lungo corso della storia sanremese è fatto anche di cantanti che proprio non volevano mettere piede sul palco dell’Ariston, a dispetto di stuoli di colleghi che avrebbero fatto qualunque cosa pur di partecipare: il Festival conta anche artisti illustri costretti a prendervi parte.
Questo con fortune alterne e anzicheno, sull’onda del dictat per lo più della casa discografica che, volente o meno era irrilevante, preparava essa stessa i bagagli e spediva il cantante in riviera, fosse affermato o disperato, poco importa.
Di qui la breve carrellata di 10 partecipazioni imposte, con brani così così o buoni, patacche e via discorrendo, nel migliore classico festivaliero che imbarca tutto e il contrario di tutto.
Anna Oxa – Storie (1997)
Dopo il rientro sotto le aspettative del 1996, Anna Oxa viene rispedita a Sanremo con una canzone che a lei proprio non piace, tanto che, dopo aver chinato la testa, farà di tutto per cercare di cambiarla portandone un’altra. L’interpretazione di Storie è quel che è (attenzione: quando Anna Oxa non è convinta di quel che canta, non si capisce nulla del testo; provare per credere), ma ci sono misteri imperscrutabili: la canzone non è granché e lei non ne fa mistero, però le giurie la premiano e arriva seconda, con sopresa anzitutto sua.
Antonella Ruggero – Di un amore (2001)
Anche alla grande Antonella Ruggiero, va da sè, è toccato sottostare ai voleri dall’alto e prender parte al Festival di Sanremo controvoglia. Dato che però ognuno è artista a suo modo e lei lo è sempre, benché la canzone Di un amore non sia di suo gradimento (solo recentemente riprenderà a cantarla) e del Festival proprio non abbia voglia, regala performance impeccabili, volando sul pentagramma con la solita padronanza. Tuttavia, benchè sopra di una spanna, resta gelida come un iceberg, sfoggiando tecnica e nessuna emozione.
Fabio Concato – Ciao Ninin (2001)
Al disastrato Sanremo targato Raffaella Carrà del 2001, arriva anche Fabio Concato che, siamo sinceri, non è semplicemente lontano ai deliri festivalieri, ma è proprio un alieno. Fisicamente costretto dalla casa discografica, lui, da sempre così schivo e delicato, si è sempre trovato a suo agio in altre situazioni più sobrie e più intime, faticando a concepirsi all’interno di un carrozzone del genere e si vede tutto: arriva in silenzio, canta quasi chiedendo scusa perché Ciao Ninin non è sfacciatamente ruffiana e fugge via dalla riviera in silenzio appena finito tutto.
Amedeo Minghi – Sarà una canzone (2003)
Tra gli obbligati figura anche il nobile Amedeo Minghi. Lontani i tempi in cui arrivava vincitore annunciato o autoannunciato (poco importa), tirandosela agli eccessi e spiattellando che di Sanremo non gliene fregava nulla. Nel 2003 gli tocca partecipare di buon grado con Sarà una canzone, una composizione delle sue che, però, adesso che sono cambiati i tempi e le mode, finisce inesorabilmente in fondo alla classifica. Lui, ovviamente, prenderà con stizza il risultato, ripromettendosi di non calcare più il palco dell’Ariston.
Iva Zanicchi – Ciao cara come stai (1974)
Negli anni in cui non voleva proprio andarci nessuno, la nostra Iva Zanicchi vien costretta al Festival di Sanremo con una canzone abbastanza bruttarella, che lei per prima cerca di evitare come la peste (oltre, più in generale, ad una partecipazione che proprio non digerisce). Del resto in quel periodo la stella della nostra amata aquila di Ligonchio brilla di luce propria e non ha certo bisogno di partecipare alla kermesse canora. Fatto sta che, spintonata e costretta, Iva strappa la vittoria anche con Ciao cara come stai, la sua terza: record (per una donna) ad oggi imbattuto.
Loredana Bertè – In questa città (1991)
Nel 1991 Loredana Bertè era ancora (per poco) la signora Borg e la casa discografica, che ne cerca il rilancio, la manda a Sanremo per sondare il terreno e capire che aria tira. Il pezzo In questa città firmato nientepopodimeno che da Pino Daniele è suggestivo e carico di atmosfere metropolitane, lei però è poco convinta: look dimesso e niente casini come le altre volte. In compenso canta malino e in un festival monopolizzato da altri mostri sacri (è l’anno di Riccardo Cocciante, Renato Zero, Pierangelo Bertoli con i Tazenda e della giovane promessa Marco Masini per intenderci) o semplicemente mostri (Siamo donne di Jo Squillo e Sabrina Salerno), praticamente non se la fila nessuno non appena si capisce che il marito tennista rimarrà in Svezia.
Patty Pravo – Il vento e le rose (2011)
I festival di Patty Pravo si dividono grosso modo in due categorie: quando lei è ispirata e quando no. In altri termini, se è nella parte e la canzone le piace, allora non ci sono molte storie e lei trionfa, al di là del risultato delle giurie… Ma se non le interessa nulla, diventa una clamorosa scheggia impazzita, capace di qualunque cosa. Un mix abbastanza alieno, con una storia sanremese fatta di tonfi e trionfi, svenimenti e ripensamenti, oppure come nel 2011, quando arriva totalmente estranea con Il vento e le rose, perché sembra non aver capito bene dove sia, stona per quasi tutto il brano e si fa mandare a casa. Divina anche quando non tiene la nota, siamo sinceri.
Milva – Uomini addosso (1993)
La pantera di Goro è una storica “costretta” al Festival, fin dai tempi lontani in cui la casa discografica le imponeva ogni anno una canzone da portare in gara (e infatti è suo il record di partecipazioni consecutive, ben nove): lei andava, inanellava anche il podio e poi tornava più o meno libera di far quel che più le piaceva, almeno fino a quando Milva diventerà Milva. Da allora, dal Festival resterà sempre distante, salvo una parentesi nel 1990 e una nel 1993, quando viene bellamente ricattata dagli autori del pezzo (Roby Facchinetti e Valerio Negrini), di cui lei si è letteralmente innamorata (e non a torto, perché è strepitoso): o porta Uomini addosso a Sanremo oppure la canzone la danno a qualcun’altro o la tengono nel cassetto. Milva cede, arriva poco entusiasta, durante le prove strappa applausi a scena aperta e, pur clamorosamente sbagliando l’attacco, sul palco recita Brecht incantando il pubblico, ma non le giurie, che la spediscono a casa dopo la prima sera.
Donatella Rettore – Amore stella (1986)
Donatella Rettore nel 1986 farà di tutto sia per evitare di partecipare alla kermesse sia per evitare la canzone, che proprio non le piace perché lontana dai suoi schemi. Messa alle strette china la testa (si fa per dire) e si mette a fare la bestia l’imbizzarrita durante l’intero Festival, litigando con chiunque e dandosele di santa ragione con le colleghe dietro le quinte per la gioia dei giornalisti, ma anche dichiarando di continuo e ai quattro venti che lei sarebbe rimasta a casa ben volentieri, come da intervista in cui litiga con Marcella Bella. Di quella partecipazione, rimane il vestito da Mazinga Z e un 13º posto, ma la canzone Amore stella (pure gradevole e originariamente destinata a Viola Valentino) verrà tolta dal repertorio… perché proprio non le piaceva.
Mia Martini – E la vita racconta (1994)
Nel 1994, di andare al Festival di Sanremo a Mia Martini non passa proprio per la testa, sarà perché ne ha fatti due di seguito (e nel 1993, in occasione del duetto con la sorella, manco aveva preso bene il flop) e cinque in sei anni, ma di finire etichettata come cantante sanremese, proprio no. In fondo, neppure faceva mistero che il brano E la vita racconta non la convincesse appieno. Secondo la leggenda, Mimì (che era un cavallo imbizzarrito, quando ci si mettevano le case discografiche) riuscì nell’impresa di inviare alla commissione selezionatrice un nastro smagnetizzato e questo proprio l’ultimo giorno utile: ergo, scaduti i termini, restò a casa.