Ognuno di noi ha dei tormentoni che per qualche assurda ragione rimangono appiccicati al cervello come del chewing gum su un tappeto persiano. Io, tra i miei tanti deliri, sono solito canticchiare proprio Mangiamania (che magari ricordiamo erroneamente come Mangimania) unica opera canora della giornalista improvvisata-cantante Carla Urban, nonché sigla dell’omonimo programma culinario in onda su Rai Due nel 1983 (EDIT: nel 2021 l’abbiamo intervistata facendoci raccontare tutti i retroscena, puoi leggere l’articolo qui).
In realtà la nostra tecnicamente non canta neppure, diciamo che è più un proto-rap, ma stiamo parlando del 1983, anzi del 1983 in Italia quindi assai in anticipo sui tempi. Colpa o merito del mestro Flavio Carraresi che suggeri alla Urban di cercare di rappare visto che non se la sentiva di cantare.
Quello che affascina è sicuramente il testo folle e divertito ad opera della stessa giornalista, scritto utilizzando la tecnica delle associazioni casuali o molto più probabilmente dopo aver ingurgitato qualche fiasco di vino della casa.
Quello che ci affascina è che inizialmente la canzone sembra la solita squallida sigletta televisiva riversata inspiegabilmente su un 45 giri, dove Carla Urban riprende l’ascoltatore per le sue insane abitudini alimentari, per poi virare rapidamente su tematiche da “sesso in manicomio” con tanto di sospiri e gemiti strozzati tra le righe:
Mangi il vino e bevi il pane
mangi me con tutti gli occhi;
lasci il piatto raffreddare,
mangia dai… ho ancora fame.
Mangio prima ed anche poi,
già stracotti siamo noi.
Mangia me e la mia mania.
…
Mangio amore nelle mele,
mangia… assaggia… siamo noi!
Le mani? Le mangeremo poi!
Mangi bene?
Ti mangi le mani?
Ma poi mangi le mani,
dai rimani!
Carla Urban vuole chiaramente portarsi a letto il partner che, probabilmente accortosi dell’instabilità mentale della ragazza, sta inventando scuse su scuse pur di togliersela di mezzo.
A completamento una base musicale pazza e bellissima, con un groove talmente sghembo da assumere immediatamente senso, non a caso l’arrangiamento è del Maestro Carlo Maria Cordio. Il risultato dell’unione tra testo e musica è un piccolo gioiellino di camp music, una canzone talmente inquietante e gioiosa da volerla ascoltare almeno una volta a settimana.
Non possiamo non raccomandare questo piccolo capolavoro a tutti gli aficionados di musica diversamente bella.