Sappiamo bene che negli anni ’80 in Italia tutti, ma proprio tutti hanno inciso almeno una canzoncina: basta pescare un nome a caso nel cesto dei nomi dello spettacolo nazional-popolare ed ecco che spuntano Fabio Testi, Barbara Bouchet, Gigi e Andrea, Alessandra Mussolini, Gegia, Gerry Scotti, Wanna Marchi, il robot umano David Zed o il motociclista Marco Lucchinelli.
Da questo oceano di vinili dimenticati e dal prezzo direttamente proporzionale alla rarità del microsolco, oggi andiamo a recuperare un misconosciuto 45 giri inciso da Franco Lechner, meglio noto come Bombolo, indimenticabile e indimenticata spalla comica di Tomas Milian che fosse nelle vesti de Er Monnezza o del Commissario Girardi poco importa, ma anche tra gli altri, di Pippo Franco ed Enzo Cannavale in innumerevoli pellicole comiche e poliziottesche.
Per il suo debutto discografico datato 1986, Bombolo abbandona i territori della comicità fisica e spicciola che lo avevano reso un’icona del cinema d’intrattenimento, per cimentarsi con delle canzone per bambini, seguendo le orme proprio dell’amico Pippo Franco di cui però non possedeva né intonazione né senso della melodia, ma come volergli male?
Accompagnato da un misconosciuto bambino di nome Popi, Bombolo intona una Bello de papà che mette davvero alla prova il nostro amore per l’attore. Perché? Semplice: il tutto suona tremendamente sbagliato. Base fatiscente, melodia da marcetta, anonima come una lettera minatoria senza mittente e la voce di Bombolo piacevole come le unghie sulla lavagna. Con la complicità di un testo arrabattato alla bene e meglio il nostro, nelle vesti di un papà premuroso, promette al figlio di giocare con lui e con i suoi amichetti «se annamo a fa’ un bel giro co ‘a fantasia». Vabbè.
Dimenticata in fretta questa tenera zozzeria ci tuffiamo sul lato B che si preannuncia quanto meno più interessante a partire dal titolo auto referenziale. Super Bombolo è un’ipotetica canzone autobiografica nella quale si viene a sapere che il nostro fa la parte dello scemo che prende un sacco di schiaffoni («tutti pensano che sono un fesso e che c’ho la testa dura come il gesso»), ma si tratta solo di una copertura. Bombolo è in realtà una sorta di supereroe dalle origini aliene arrivato sulla terra per portare pace e amore a forza di girotondi “morettiani” ante litteram.
Anche qui l’interpretazione stranamente ingessata, tristemente incolore e palesemente stonata, rende piatto ogni passaggio (per tacere della scrausa base ritmica), quasi a far trasparire come Franco Lechner si sentisse davvero un pesce fuor d’acqua in sala d’incisione. Peccato perché il ritornello non è affatto male.
Nonostante le apparenze questo misconosciuto45 giri venne pubblicato per la gloriosa Durium, ma ciò non basta a toglierci dalle orecchie quel fastidioso retrogusto di operazione a bassissimo investimento che trasuda ancora oggi, con lo stesso attore che sembra il primo a non crederci per nulla.
Piuttosto che recuperare questo cimelio, per ricordare il grande Bombolo meglio farsi un bel piatto di spaghetti alla scoreggiona guardando per l’ennesima volta Delitto al ristorante cinese.