Se ad un cittadino del Bel Paese si chiedesse quale sia la nazione “nemica” per eccellenza dell’Italia, le risposte ricadrebbero quasi sicuramente su due Stati: Francia o Germania. Parlando di quest’ultima, i motivi per cui provare un atavico livore sono diversi, da rivalità sportive (soprattutto calcistiche) pluridecennali, a rivalità storiche nate oltre 2000 anni fa (la disfatta di Teutoburgo brucia tutt’ora, non prendiamoci in giro). A fronte di questo astio, però, bisogna dire che il legame tra il nostro Paese e la Germania resta saldo. Esempio emblematico di questo rispetto ed amore reciproco è sicuramente Johann Wolfgang von Goethe che scrisse, ad inizio 1800, una delle sue opere più famose, ovvero Italienische Reise (Viaggio in Italia), dove appunto raccontava di ciò che più aveva amato dello Stivale tutto.
Altro omaggio all’Italia, anche se magari meno emblematico di Goethe, è quello dei Blind Guardian, compagine nata nella regione Nordreno-Vestfalia negli anni ’80, nota principalmente per meriti musicali, ma anche per altri per motivi videoludici (in quanti ricordano la quest di Sacred 2 a loro dedicata?)
Per i profani, invece, parliamo di uno dei più importanti ed emblematici gruppi power metal della storia. I Bardi di Krefeld, dopo aver scritto ed eseguito concept album o canzoni ispirate ad opere letterarie di vario tipo (come nel caso del celebre Nightfall in Middle-Earth, album ispirato al Silmarillion di J.R.R. Tolkien), nel 2002 si cimentano in un progetto che divise, e divide tutt’ora, la critica: A Night at the Opera. Questo album fu un vero e proprio spartiacque, in quanto i Blind Guardian andarono a creare un disco molto più sinfonico ed orchestrale in un tripudio di archi e trombette e lasciando in secondo piano le chitarre, cosa che alcuni venne odiata, primo fra tutti l’allora batterista della band Thomen Stauch, che abbandonò il gruppo dopo qualche tempo a causa della deriva artistica del gruppo, da altri comunque apprezzata. Oltre allo stampo differente, l’album viene ricordato per la bonus track contenuta al suo interno (non però in tutte le edizioni): la ballata Harvest of Sorrow.
Il brano, però, viene ricordato per il fatto che venne localizzato per alcuni mercati in cui il disco venne distribuito. I Blind Guardian cantarono così Harvest of Sorrow in 5 diverse versioni: una in inglese (per il mrcato asiatico), una in francese (Moisson de peine), due in spagnolo (Mies del dolor per il mercato iberico, nordamericano ed est europeo e La cosecha del dolor per quello argentino, giusto per non scontentare nessuno) ed, attenzione attenzione, anche una in lingua italiana. Stranamente manca proprio la versione nella loro lingua madre, chissà come mai. Quindi, mentre nel 2002 a Osaka si ascoltava Harvest of Sorrow, a Cassano d’Adda si ascoltava Frutto del buio, con un Hansi Kürsch (cantante dei Blind Guardian) che si cimentava in un italiano stiracchiato, sofferto e zoppicante, che fa tanto Zuppa romana, ma che è da apprezzare se non altro per lo sforzo.
La scelta di fare una versione in lingua italica fu non presa certo per il mercato di riferimento, sicuramente con un bacino di utenza fedele ma molto ristretto, quanto per la musicalità della lingua, che bene si prestava alle melodie del pezzo.
Ancora una volta, quindi, l’Italia aveva conquistato i cuori dei cari tedeschi, ma questa volta niente opere letterarie, ma una ballad basata sulla storia di Túrin Turambar.