Gli anni ’80 non videro solo l’esplosione della new wave e del pop elettronico più patinato, ma anche dell’heavy metal che ebbe il suo picco nella prima metà del decennio prima di degenerare in arlecchinate di ogni sorta, melodie caramellose, pettinature discutibili e abiti da circo.
La svendita commerciale non frenò ugualmente le critiche delle frange più conservatrici americane (e non solo) che vedevano la musica rock come un catalizzatore di malvagità pura che avrebbe influenzato negativamente i ragazzi portandoli sulla via del male. Ecco quindi che Black Roses, esattamente come Trick or Treat (Morte a 33 giri) di un paio d’anni prima, gioca su questa insensata paura che viene estremizzata con inevitabili effetti comici (volontari o involontari).
Black Roses è uno dei titoli di punta del sottofilone di genere che coinvolge il mondo dell’heavy metal, diretto nel 1988 da John Fasano, lo stesso che solo l’anno precedente realizzò l’incredibile Rock & Roll Nightmare col rocker culturista Thor, uno dei film più assurdi di tutti i tempi, quindi chi già conoscesse quella pellicola saprà bene cosa (non) aspettarsi.
La storia pare narrare le vicende di Johnny, un ragazzino appassionato di heavy metal (interpretato da Frank Dietz, lo stesso attore-cane nella parte dell’irritante batterista in Rock & Roll Nightmare, il quale però mostra palesemente più di trent’anni), guarda caso, un po’ strambo, una sorta di Ragman in Morte a 33 giri ma ancora più disturbato.
Il nostro come i suoi compagni di classe è un grande fan della band dei Black Roses che, come ci racconta la pellicola, nonostante non abbiano mai suonato fuori dallo studio di registrazione (sebbene ci venga mostrata una loro esibizione prima dei titoli di testa), pare abbiano un seguito assai nutrito e sono in procinto di iniziare il primo tour della loro carriera proprio nella piccola cittadina di Johnny esibendosi per ben quattro giorni consecutivi (!).
Come da copione Johnny veste i panni del ragazzino che nutre una forte insofferenza verso gli adulti della sua minuscola comunità, i quali puntualmente si scagliano contro il rock satanico e il look immorale della band e che vogliono presenziare al primo concerto della temutissima band di capelloni. Quella sera però i Black Roses si presenteranno cantando una zuccherosa canzone d’amore, tanto che i genitori sollevati dalle loro aspettative affrettate abbandonano la sala del concerto, appena prima che la band si mostri nel vero look di rockettari satanisti dai vestiti vagamente sadomaso (ispirati liberamente ai Mötley Crüe di Girls, Girls, Girls uscito proprio l’anno prima).
Ovviamente non manca neppure la band fittizia dei Black Roses che tra le proprie fila virtuali vede Mark Free (voce), Mick Sweda (chitarra) e Carmine Appice (batteria) dei King Cobra coadiuvati dal virtuoso e italianissimo Alex Masi (chitarra), Chuck Wright (basso) ex Quiet Riot, ed Elliott Solomon (tastiere) produttore e tecnico del suono.
Tutti nomi che contribuiscono a creare un vero e proprio gioiellino antologico che fotografa l’ultima fase della golden age (commercialmente parlando) dell’heavy metal e che ha il merito di impreziosire questo piccolo grande delirante cult.
Tracce:
A1. Black Roses – Dance On Fire
A2. Black Roses/Masi – Soldiers Of The Night
A3. Bang Tango – I’m No Stranger
A4. Black Roses/Masi – Rock Invasion
A5. Black Roses – Paradise (We’re On Our Way) 5
B1. Lizzy Borden- Me Against The World
B2. King Kobra – Take It Off
B3. David Michael Phillips – King Of Cool
B4. Tempest – Streetlife Warrior
B5. Hallow’s Eve – D.I.E.