benito urgu trilogia di fonni

Benito Urgu: la trilogia di Fonni

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Benito Urgu La Trilogia di FonniBenito Urgu è un mito per la Sardegna, tutti gli isolani lo conoscono e ne apprezzano la comicità da pastore sardo mista alla sottile ironia da cabarettista contemporaneo.

Gran parte del suo successo, dopo l’esperienza beat negli anni ’60 con il complesso I Barritas, è dovuta ai tre singoli usciti sul finire degli anni ’70 (Sexy Fonni, Mon cheri Fonni e Filodiffusione) che compongono una ideale “trilogia di Fonni”, un paese in provincia di Nuoro noto per essere il più alto della Sardegna.

In questa amena località Urgu ambienta le vicende di cui parla nelle sue canzoni, ovviamente a sfondo soft-erotico e altrettanto ovviamente ispirate alle sonorità di Serge Gainsbourg e della sua Je t’aime… Moi non plus; Urgu non è il primo a copiare la pietra miliare della orgasmo-music e non è certo l’ultimo (basti pensare ad Andrea e Nicole e alla loro La prima volta, ad Andrea Giordana & Marisa con L’estasi o alla misteriosa Brigitte con Ti amo… Io di più, che più che un fake è una cover), ma i suoi brani hanno sempre una marcia in più rispetto alle altre imitazioni.

Benito Urgu La Trilogia di FonniTanto per cominciare, Sexy Fonni parla di una improbabile storia tra un pastore sardo (interpretato da Urgu appunto) e una turista francese in visita sull’isola; ovviamente il brano è imperniato sui continui comicissimi misunderstanding di comunicazione tra la francesina eccitata e il greve pastore (rimane memorabile lo scambio di battute «Je t’aime – Non temere, non c’è niente da temere!»), il tutto condito in salsa piccante, con il classico crescendo di archi e di cori che culminano al raggiungimento dell’orgasmo.

Ma la storia continua: nel 1978, un anno dopo Sexy Fonni, esce il seguito dal titolo Mon cheri Fonni, in cui Benito Urgu ci racconta in prima persona che la love story tra il pastore e la francesina tuttopepe continua nonostante la distanza che li separa, e in questo rapporto epistolare il nostro irsuto sardo non può fare altro che consolarsi con una sfortunata pecorella che «mi ricorda tanto i tuoi occhi, i tuoi occhi celesti», trasformando il pezzo in un indimenticabile tripudio di gemiti e belati.

Benito Urgu La Trilogia di FonniCome tutti gli artisti di spessore, anche Benito  Urgu raggiunto il successo non si fossilizza sulla formula della “squadra che vince non si cambia”, così nel 1979 pubblica il suo terzo e ultimo singolo dal titolo Filodiffusione che segna una svolta nella sua produzione, quantomeno perché non si parla più di Fonni e di spigliate ragazze francesi; ciononostante la mela non cade tanto distante dall’albero, e dopo la relazione con la turista e quella con la pecora, non poteva che esserci l’affaire “col vizietto”: ovviamente si tratta solo di un malizioso qui-pro-quo, in cui un dolorante Urgu si fa visitare da un dentista gay, ma prima di capire che quest’ultimo è effettivamente un dottore si susseguono diversi doppi sensi («Guarda, hai visto che roba? Hai visto che grossa? Guarda che grossa e che lunga! E che carie!»).

Anche le B-side dei singoli sono molto gradevoli per quanto simili tra di loro e non all’altezza dei lati A: nei primi due 7” Benito Urgu riprende a modo suo i tradizionali Il gallo è morto e La porsea, mentre in Sardinia Little America continua il discorso dell’incomunicabilità tra Sardegna e resto del mondo, regalandoci una ballata dal sapore country per metà in sardo e per metà in americano maccheronico.

Nel complesso la trilogia di Fonni potrebbe sembrare solo una squallida parodia a sfondo erotico, ma la realtà è che l’arguzia e la genuina comicità di Urgu riescono a trasformare un potenziale capolavoro del pessimo gusto (qualcuno si ricorda di Ivan e del suo Io ti chiamo… Bene?) in un gustoso divertissement dai toni leggeri, con una buona dose di raffinatezza e volendo anche con un pizzico di auto-critica della cultura sarda, che nell’immaginario collettivo viene considerata chiusa e poco ironica.

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