Si chiamano Baltimora, ma in realtà si tratta di Maurizio Bassi sotto mentite spoglie e con la città americana del Maryland non c’entra nulla.
Il progetto nacque a metà a anni ’80 in quel di Milano proprio all’apice del successo dell’italo disco. Qui un giovane Maurizio Bassi aveva già avuto modo di lavorare intensamente come autore, arrangiatore e session man per tantissimi artisti, tra cui i Passengers, Fausto Papetti, Pupo, Claudio Lolli, Mino Reitano, Bobby Solo e, non ultimi, i fratelli Tirelli post Triangolo.
Decisivo fu l’incontro con il nord-irlandese Jimmy McShane, un ragazzone dal look bizzarro che lavorava come paramedico ed aveva la passione del ballo che venne arruolato come frontman e uomo immagine. A completare il tutto Bassi mise insieme una vera e propria band tra cui spicca il nome di Giorgio Concilovo alla chitarra, apprezztissimo musicsta ed arrangiatore che successivamente collaborerà praticamente con tutti i maggiori interpreti della musica pop italiana.
Nel 1984 arriva così il primo singolo, l’arcinota “Tarzan Boy” una hit internazionale di proporzioni mostruose soprattutto negli Stati Uniti e che a distanza di tanti anni continua imperterrita ad essere una delle canzoni più gettonate di quel decennio e che avrete sentito almeno un milione di volte.
Messo da parte un cospicuo gruzzoletto e assicuratosi una buona pensione ecco che l’anno successivo arriva un intero album; “Living In The Background”, a sorpresa, non è una sterile raccolta di canzoni a cassa dritta sempliciotte e tamarre tanto per riempire il vinile, ma presenta anche un’anima più radiofonica e raffinata; un tentativo di cross-over verso il pop, esattamente come fecero i Righeira che però in questo caso non si realizzerà.



L’album è diviso equamente tra brani di spensierata italo disco come nel singolo “Woody Boogie” (davvero degna dei migliori Cartoons) o in “Running For Your Love” e ovviamente in “Tarzan Boy” che non poteva ovviamente mancare.
Quello che rimane sono fammenti di pop leggero come “Pull The Wires”, una ballata imbevuta di sonorità tipicamente eighties (e non poteva essere differente visto che eravamo nel 1985) che messa però come seconda canzone è piuttosto spiazzante, la piacevole title track (anch’essa pubblicata come singolo) e “Chinese Restaurant” invero piuttosto anonima. Esercizi di pop radiofonico dalle melodie facili, ma anche innocue.
L’album è imbevuto di stereotipi musicali anni ’80 e per gli amanti di questo “piccolo mondo antico” è un classico dimenticato assolutamente da recuperare, nonstante la durata fin troppo breve, ma almeno ci hanno risparmiato penose versioni mix allungate in maniera ossessiva o inutili brani strumentali giusto per alluingare il tutto.
La storia dei Baltimora potrebbe finire tranquillamente qui anche perché nessuno si interessò più di tanto a cosa accadde successivamente: una manciata di singoli dal successo via via sempre più tiepido, un album di remix e uno di inediti. Insomma merce per collezionisti dell’italo disco che fu.



Se di Jimmy McShane si persero le tracce fino alla notizia della sua morte dopo aver contratto AIDS nel 1995 a neanche 38 anni, Maurizio Bassi (che molto probabilmente era anche la voce non accreditata del gruppo) continuò ad avere una carriera molto intensa diventando collaboratore di fiducia di Eros Ramazzotti ed Enzo Jannacci, oltre che arrangiatore del progetto italo disco dei Meccano.
La storia di “Tarzan Boy” non fu da meno continuando ad essere non solo una presenza fissa in ogni compilation anni ’80, ma entrando prepotentemente nella cultura pop occidentale e riaffiorando di tanto in tanto come colonna sonora, prima nel terribile film Teenage Mutant Ninja Turtles III (1993), poi nella pubblicità della Coca-Cola (2007) e recentemente venendo citato nella pellicola di Seth MacFarlane A Million Ways to Die in the West (2014). Non male per un motivetto senza pretese.
Tracklist:
A1. Tarzan Boy
A2. Pull The Wires
A3. Living In The Background
B1. Woody Boogie
B2. Chinese Restaurant
B3. Running For Your Love