883 hanno ucciso l'uomo ragno 1992

Hanno ucciso l’uomo ragno: il magnifico esordio degli 883

Ultimo aggiornamento:

883 hanno ucciso l'uomo ragno 1992Tutti, ma proprio tutti conoscete “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”. Quante volte l’avete ascoltato la cassettina? 10, 100, 1000 volte?

Non fate quella faccia schizzinosa da chi oggi ascolta solo post-kraut-rock-sticazzi o progressive-symphonic-mecojoni-metal, tanto lo so che conoscete a memoria i testi di tutte le canzoni di questo disco che, senza timore di smentita, incoroniamo come manifesto sonoro di certi anni ‘90 italiani (ovvero di chi nel 1992 aveva tra gli 11 e i 16 anni) …che vi piaccia o meno!

Rompiamo subito gli indugi dicendovi che “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” è un gran bel dischetto. Nonostante sia frutto della produzione di Claudio Cecchetto (noto non esattamente per essere il John Peel italiano) è assai meno commerciale di quanto oggi non si voglia riconoscere: questi erano i veri 883, Max Pezzali e Mauro Repetto, diretti e schietti con il portafoglio ancora vuoto e la faccia come il culo che non badavano molto alle classifiche perché per loro, in fondo due sfigati di provincia, arrivare a incidere un album era già un gran successo e tanto bastava per bullarsi con gli amici del bar e rimorchiare (finalmente) qualche tipa.

Già nel successivo “Nord Sud Ovest Est” mancherà quell’ingenuità primordiale che fece del debutto un piccolo gioiello discografico nostrano, mostrando già preoccupanti segnali di come gli 883 si sarebbero involuti con l’abbandono di Mauro Repetto.

Dimenticate sonorità ruffiane, canzoni melense o tamarrate da discoteca; qui ci sono solo Max e Mauro che raccontano con schiettezza esperienze e momenti che tutti hanno vissuto con la loro innata capacita di dipingere un micrpcpsmo collettivo.

https://youtu.be/rpTpa5Us4Dw

L’apertura è programmatica con “Non me la menare”, un miscuglio di rock e scorie hip hop un po’ naïf se vogliamo, ma efficacissimo con quel ritornello «non me la menare, non capisco cosa vuoi, tanto lo sapevi che non ero come voi»; si prosegue a ruota con l’adrenalinica “S’inkazza (Questa casa non è un albergo)” e questa volta il tema è il difficile rapporto tra genitori e figli (chi non ha mai sentito rinfacciarsi questa frase dal poprio padre?). La seguente accoppiata giovanilistica, “6/1/sfigato” e “Te la tiri” strizza ancora l’occhio all’hip hop, mentre i testi se la prendono con i wannabe di provincia che facevano bella mostra del loro telefono cellulare (all’epoca vero e proprio status symbol come pippare cocaina), e le gnocche di paese che non degnavano di uno sguardo i ragazzi del bar, ma che si facevano raggirare facilmente con una bella macchina e un portafogli gonfio (un po’ come oggi a dire il vero).

La title track, nonostante l’enorme successo nazional-popolare, non possiamo annoverarla tra i pezzi migliori del disco: il testo fumettistico e completamente slegato dal contesto microsociale dell’album non convince, a meno che non ci vogliate leggere per forza tra le righe la fine della spensieratezza giovanile con la scomparsa del supereroe; «Hanno ucciso l’Uomo Ragno non si sa neanche il perché, avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè» …suvvia, solo i Tretriti hanno saputo fare di peggio con il loro improbabile sequel. Non a caso nel corso degli anni questa e diventata una canzone per bambini ed e la fine che si merita. Piccola curiosità: nell’introduzione il brano riprende (cita?/plagia?) la sigla di Devilman (sia il tuono iniziale che il giro di basso sono identici, ascoltate con le vostre orecchie).

Fortunatamente segue la splendida “Con un deca”, sicuramente la miglior canzone di sempre uscita dalle penne di Pezzali e Repetto, perfetta sinergia di musica, testo e arrangiamento; l’inizio lento con chitarra acustica sfocia in un piacevole rock energico ma melanconico, con una base ritmica assolutamente non scontata e piacevoli melodie di sax dal sapore molto anni ‘80 che calzano a pennello su quel «con deca non si può andar via, non ci basta neanche in pizzeria».

Si ritorna a rockeggiare con “Jolly Blue” e ancora una volta il testo ricorda i momenti di spensieratezza passati con gli amici, ma ormai svaniti, tra sale giochi, compagnie, motorini truccati, primi approcci con il sesso e le domeniche in discoteca a prendere il due di picche regolare. L’ultima vera canzone dell’album è “Lasciati toccare” dalle ritmiche sfacciatamente hip hop, ma interpretata come un pezzo rock; in realtà è solo l’innocuo racconto di una tipica serata in discoteca, dal punto di vista di chi va puntualmente in bianco e rimane al bancone del bar a osservare la “fauna” femminile intorno a lui. A ruota un’inutile versione pseudo gospel di “Non me la menare” inserita, chiaramente, solo per aumentare il minutaggio e chiudere ufficialmente i giochi.

Nel 2000 il disco è stato ristampato con la dicitura “Edizione Straordinaria”, regalandoci diverse bonus track che vanno dall’inutile al molesto: su tutte il remix di “S’inkazza” che puzza di U2 e di cui non capiamo il motivo, il brutto e scontato provino inedito de “Il problema” e l’oscena versione dance di “Con un deca” ad opera di Fargetta. Unica eccezione è “Lasciala stare”, altro brano inedito tra il surreale e il demenziale involontario, da assurgere a piccolo capolavoro nascosto, con il nostro Max che minaccia di morte, nei modi più efferati, nonché improbabili, un ragazzo che ronza intorno alla sua femmina.

“Hanno ucciso l’Uomo Ragno” è un disco che oggi in tanti snobbano con malcelata superiorità, liquidandolo come fenomeno da classifica/di costume con le sue 600.000 copie vendute, e seppellito dalla mole di hit facilone e populiste inanellate da Max Pezzali negli anni successivi, con testi che, dall’abbandono dell’altra metà della band, hanno più volte superato la soglia del ridicolo per la loro mancanza totale di contenuti.

Più che canzonette, questo è un pezzo di storia, una Polaroid del ragazzo medio italiano di provincia. Un microcosmo sociale che nessuno ha saputo raccontare con tale efficiacia.

Tracklist
01. Non Me la Menare
02. S’Inkazza (Questa Casa Non è un Albergo)
03. 6/1/Sfigato
04. Te la Tiri
05. Hanno Ucciso l’Uomo Ragno
06. Con un Deca
07. Jolly Blue
08. Lasciati Toccare
09. Non Me la Menare (gospel)

Bonus track *
10. Il Problema (demo version)
11. Lasciala Stare (demo version)
12. S’Inkazza (Pierpa e Didde remix)
13. Hanno Ucciso l’Uomo Ragno (Fargetta remix)
14. Con un Deca (Fargetta remix)
15. Non Me la Menare (Shout remix)

* Presenti solo nella ristampa “Edizione Straordinaria”

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  1. Ho consumato la cassetta,comprata nell’estate del 92,e quando a Natale mi regalarono il primo stereo a cd mi feci il compact.Avevo 17 anni e una tendenza gia spiccata alla nostalgia dei bei tempi che furono,che per me non sono in realtà mai arrivati,ma tant’è,mentre intorno a me impazzava tangentopoli e la democrazia in Italia traballava paurosamente io mi strafacevo di 883,Vasco Rossi, GNR e Non è la Rai in un universo parallelo tutto mio.Bei tempi…
    P.S. ho amato moltissimo quest’album,in particolar modo Te la tiri e Lasciati toccare,ma il successivo Nord Sud Ovest Est secondo me è “Il Disco”. Weekend e Rotta x casa di Dio mi danno sempre i brividi e mi fanno rivivere le sensazioni di quegli anni come se fossero appena accadute.Dopo allora,beh,come dice giustamente chi mi ha preceduto si è pubblicato quel che Mauro ha lasciato nei cassetti riuscendo a salvare nel complesso La donna…,poi su quel che ha fatto Pezzali da solista o simil tale non mi pronuncio.

  2. Troppo sottovalutato. Un ritratto dell’Italia fine anni 80/inizio 90.
    Tante speranze, tante prospettive e fumo negli occhi.
    Il fallimento e la presa di coscienza di una vita mediocre.
    Senza Repetto finì l’età dell’innocenza, iniziò la sterile banalità di Pezzali.
    Si andò avanti ancora con qualche avanzo del buon Mauro (negli album “La donna il sogno…” e “La dura legge del gol” quest’ultimo oggettivamente bruttino) e poi si eclissò il mondo 883 che diventò il mondo Pezzali. Un mondo triste, banale e insulso come pochi.

  3. la recensione di vikkat è perfetta: sono d’accordo su tutto e poi “con un deca” è davvero un capolavoro. dopo anni la riascolto e mi ci riconosco ancora (all’epoca avevo 12 anni,ora ne ho 27…). riuscivano ad essere, con questo primo album, disillusi e spensierati allo stesso tempo. purtroppo, non sentiremo mai + nulla di simile

  4. Io di anni ne avevo nove, ma lo so a memoria lo stesso. La canzone l’uomo ragno la ricordo soprattutto perché la strametà delle parole non le capivo, il brus degli strons, le facce di bog, uischi e margherite, ma il resto del disco è davvero un capolavoro da salvare. La lirica “ma poi ti guardi in faccia e dici dov’è/che vuoi che andiamo con ste’ facce io e te” [sic] è una delle righe più sincere della musica italiana. E poi non c’erano ancora quelle stupide xxxx a coprire le parolacce nei buclets. E invece c’era la figa e il seno, c’era il gin tonic come fosse una bella storia dai, c’era berlusconi, c’erano tutti.
    Poi max pezzali ha fatto vedere la sua faccia in giro e da quel momento è stata una vertiginosa spirale verso il basso.

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